Non che ci siano così tanti posti in giro che si prendono la briga di fare la pasta in casa per proporla nel loro menù. Spesso, anzi, non è proprio solo una questione di briga, spesso la pasta non sono proprio capaci di farla. E quando capita di trovarla, si festeggia l’evento custodendo il nuovo indirizzo scoperto gelosamente.
Casoncelli e ravioloni. Gli appassionati del genere si segnino quello della Staletta di Zogno, in via Campelme 20: un posto sicuro per una mangiata di casoncelli, che finalmente sono preparati a mano con un impasto spesso, tenace e povero di uova. Un casoncello che dà soddisfazione al morso, troppe volte, ahinoi, costretto ad addentare evanescenti paste sottilissime e trasparenti. E se vogliamo spingerci un poco più in là rispetto al piatto simbolo, non sono certo da meno i cappellacci di pasta scura riempiti con un farcitura di caprino, Branzi e funghi, delicatissimi nonostante l’uso del formaggio (tutto locale) e ingolositi da qualche porcino della zona trifolato e una manciata di lamelle di tartufo nero estivo. Anche solo per questi ravioloni vale la pena di fare la scampagnata.
Un luogo della tradizione… La Staletta è lì a Zogno dal 1973, da quando il nonno, cioè, ha sistemato la casa e al piano terra ci ha fatto un bel ristorante con parcheggio comodo e terrazza che guarda i monti verdeggianti della Val Brembana. Il classico luogo che ci si aspetta di trovare alle latitudini di Zogno, con i tavoli di legno, qualche pietra a vista alle pareti, un grande bancone bar all’ingresso del locale e i pioli di rame che pendono dal soffitto (ed è giusto che sia così), ma se vi aspettate di trovare le solite proposte una volta aperto il menù, le cose andranno uno poco diversamente. O meglio, la tradizione è sempre la colonna portante del locale, ma la vera sfida è stata trovare un modo diverso per parlare del territorio.
…e un modo nuovo di raccontarla. Ci ha pensato Claudio Rubis, figlio d’arte, che dentro la Staletta, tra pentole, mestoli e cucina casalinga, ci è praticamente nato. Anche lui cuoco, ne ha preso le redini cercando di trovare un nuovo modo di raccontare la cucina di famiglia, con l’unica imposizione di rimanere entro i canoni del ricettario tradizionale. Il risultato è un lavoro impegnativo e riuscito. Merito è sicuramente anche una buona dose di talento innato, che ha dato un nuovo sapore alle cose di sempre. Come si fa per esempio a rendere più buono un casoncello? Trovando gli ingredienti giusti, locali, andando a pescare tra gli artigiani della Valle, gli stessi da cui si rifornisce per il classico tagliere di antipasti composto da qualche fetta di salame nostrano fatto stagionare su misura e una porzione abbondante di formaggella di Dossena.
Il resto del menu. Lo stesso vale anche per la polenta, di farina mista, molto gustosa e saporita, che spesso sotto forma di crostone abbrustolito accompagna molte preparazioni del posto. Un esempio su tutti è il coniglio, ovviamente immancabile, che Claudio cucina in maniera semplicissima, alleggerita ma pur sempre di sostanza, rendendo croccante l’esterno della carne e lasciandolo tenero vicino all’osso. Ma c’è di più, sui questi tavoli c’è posto persino per qualche veloce preparazione di pesce (consigliata la piovra), riflesso del recente locale Numero Due, sempre a Zogno, sempre capitanato da Claudio, specializzato nella cucina di mare. Dulcis in fundo? Niente asciuttissime e stantie torte della nonna, ovviamente, bensì un fresco dolce senza nome fatto da tagliata di frutta, confettura di marroni, meringhe aromatizzate e qualche foglia di menta: semplice ma efficace.
Un bel posto. Un bel posto, con vecchi piatti che sono diventati lampade che pendono dal soffitto, qualche quartino di vino a fianco a interessanti etichette di rosso, la mamma e il papà che passano tra i tavoli sempre sorridenti, sempre con una buona battuta per gli ospiti, così come si dovrebbe fare sempre.