Un modello per la città

Piazza Pontida, esemplare rinascita

Piazza Pontida, esemplare rinascita
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Negli ultimi anni, quando abbiamo letto e sentito parlare del centro città, abbiamo soprattutto assistito a scambi di accuse e ipotesi di rilancio: si parlava di un posto morto, in crisi, rassegnato al passare degli anni. Ma Piazza Pontida no, ha reagito senza perdere tempo: nel giro di pochi anni ha cambiato volto ed è diventata un punto di riferimento anche per i giovani.

Il suo nome ha echi ottocenteschi: la strada per il Monastero di Pontida partiva, infatti, proprio da qui e delimitava il confine tra il Borgo medioevale di San Leonardo e quello di Sant’Alessandro. Peculiari i portici quattrocenteschi che corrono su tre lati e permettono di vivere la piazza anche quando il tempo fa i capricci.

Per semplicità, quando si parla di questa piazza, la si incorpora al confinante Largo Rezzara: sarà che i portici ne fanno un tutt'uno e danno l'idea della continuità, sarà che alcuni palazzi abbracciano entrambi gli spazi, sarà che alcuni negozi si sviluppano sia di qui che di là. Ormai è difficile distinguere le due zone.

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La piazza ospita due fontane, la prima è del 1933, opera dello scultore Remuzzi e dell’ingegner Angelini e dedicata dal Ducato di Piazza Pontida a Pietro Ruggero da Stabello, poeta vernacoliere della valle brembana.
L’altra, più recente, si porta appresso uno storia un po’ misteriosa e complessa. Al suo posto, nel Cinquecento, quando il borgo era luogo di commercio e di osterie, si poteva ammirare la fontana Fiascona (questo il nome che le avevano dato i cittadini). Resistette fino al 1883 quando il comune la rimosse perché le sue acque risultavano inquinate, e soprattutto perché la città stava cambiando: serviva spazio per il passaggio dei tram e delle carrozze. La Fiascona fu abbandonata in magazzini comunali fino alla fine degli anni ’90, quando si cercò di recuperarla per ridarla alla città. Ma risultò introvabile – qualcuno ipotizzò fosse stata messa ad abbellire qualche casa privata -. Fu comunque sostituita da una nuova fontana, quella che ancora oggi vediamo. E che il Ducato utilizzò come base per la statua di Arlecchino, poi spostata, nel 2011, davanti all’Urban Center.

Piazza Pontida ha una sua identità e autonomia, che vive anche nelle sue attività commerciali: sotti i portici si inseguono generi e stili disparati, capaci di accontentare gusti ed esigenze diversissimi: dalla prima necessità alla lettura, dal supermercato di vicinato al negozio fashion, dalla merceria alla banca on-line, dai locali dove aperitivare e cenare a negozi di telefonia, fino al mercato a chilometro zero del venerdì mattina. Tutto questo nonostante - come dice qualcuno - la ZTL che ha chiuso il traffico ai non residenti.

Piazza Pontida ha fatto squadra e ha superato gli anni difficili grazie anche all'attività del Ducato che, stagione dopo stagione, ha usato il luogo per rafforzare la comunità, organizzare eventi e animare la vita di una popolazione residente che, negli anni, è andata naturalmente invecchiando. Il Ducato di Piazza Pontida nacque nel 1923 quando, allo scoccare della mezzanotte, un corteo di persone decise di inaugurare la Torre dei Caduti per prendersi gioco delle autorità governative. Oggi, a distanza di un secolo, mantiene vive tradizioni, cultura, arte e folclore locali in tutto il territorio cittadino (una su tutte, l’organizzazione della sfilata di metà quaresima).

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Positiva, per il rilancio della piazza, la pacifica e propositiva convivenza tra chi ci vive e chi viene a svagarsi. Eccezion fatta per qualche avventore, che preferisce parcheggiare negli spazi dei residenti o in divieto di sosta, rendendo difficoltosa la già complicata viabilità nelle vie limitrofe, non si sono mai registrati episodi di fastidio o rottura. Non stupisce, dunque, che la moda dei dehors abbia preso piede fin da subito proprio qui, con l'istallazione di due strutture e poi con i tavolini in pianta stabile (e nulla lasciato al caso, colore, addirittura giardini in miniatura su tavolini del bar). D'altronde, agli inizi degli anni Ottanta proprio qui aveva aperto la paninoteca Burghy, catena italiana fast-food, che aveva fatto “scandalo” perché, complice i colori sgargianti del suo logo, giallo e rosso, aveva portato luci al neon sugli archi dei portici. A distanza di anni, potremmo definire quello uno dei primi contrasti generazionali tra modi diversi di intendere gli spazi della città.

Un ulteriore dato in controtendenza rispetto al resto di Bergamo: qui, nei mesi scorsi, ha aperto un supermercato di vicinato che sembra raccogliere i favori dei residenti, mentre altri, in città, devono arrendersi e abbassare la saracinesca (si pensi a quello in via Tiraboschi o a quello su Viale Vittorio Emanuele).

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