Il mausoleo-gioiello

I segreti della Cappella Colleoni

I segreti della Cappella Colleoni
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Il pinnacolo che è caduto dalla facciata forse è una tardiva vendetta dei rettori di Santa Maria Maggiore, che 544 anni fa avevano invano pregato Bartolomeo Colleoni di risparmiare la loro antica sagrestia. «Eum rogabant ne destrueret», lo implorarono che non la distruggesse, dice un'antica cronaca. Ma lui non era tipo da ascoltare preghiere, abituato com'era alla spregiudicatezza del capitano di ventura: pronto a scendere in campo con le sue truppe per il miglior offerente. Colleoni aveva deciso di costruirsi in vita la propria tomba anche per manifestare la propria magnificenza a quella che era la sua città. Ma i bergamaschi conoscono il gioiello che lasciò loro questo concittadino dotato certamente di un bel superego?

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Un monumento in vita. In realtà Bartolomeo si mosse anche per il desiderio di trovare una giusta sepoltura per l'adorata figlia Medea, morta a 14 anni nel 1470, che provvisoriamente aveva posato nella chiesa di Urgnano. Fatto sta che proprio intorno al 1470 iniziarono i lavori per l'ambiziosa cappella, dedicata ai santi Marco, Bartolomeo e Giovanni Battista. Aveva bisogno di adeguato spazio in quello che era il vero scrigno della sua città: così impose di distruggere la vecchia sacristia addossata alla facciata cieca di Santa Maria Maggiore. Chiamò il suo architetto di fiducia, il migliore su piazza allora in Lombardia, quel Giovanni Antonio Amadeo, che era impegnato a costruire un altro ben più impegnativo mausoleo, quello dei Visconti alla Certosa di Pavia.

Una facciata ricchissima. Colleoni voleva qualcosa che si notasse, così Amadeo decise di far avanzare la facciata, quasi nascondendo il magnifico portale trecentesco che introduceva a Santa Maria Maggiore. Per farsi ancor più notare immaginò una facciata ricchissima di elementi e di trovate architettoniche, contro l'essenzialità della porta costruita a fianco dai Maestri Campionesi. Quindi ecco le losanghe a marmi bianche e rosa, ecco finestre con colonnine, le bifore, addirittura i due rosoni, uno al centro della facciata, l'altro sul tamburo che sostiene la cupola. E tra i tanti elementi messi a grappolo dall'Amadeo c'erano anche i due pinnacoli, di cui uno caduto in occasione di un temporale estivo lo scorso luglio (ma la notizia è trapelata solo in questi giorni).

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Condottiero sempre e comunque. Strano monumento mezzo cristiano e mezzo pagano, visto che, ai fianchi del rosone centrali, sbucano i busti di Cesare e Traiano che proprio cristiani non furono. Ma Bartolomeo aveva la professione di militare nel sangue, e così le colonne delle finestre hanno la vaga forma di fusti di cannone, mentre sopra il rosone è stato messo a fa la guardia non un santo ma un soldato. E meno male che San Carlo Borromeo, quando venne in visita pastorale nel 1575, aveva ordinato di togliere altri cimeli militari che erano appesi un po' ovunque.

La tomba e il mistero della salma. Dentro ovviamente c'è la sua tomba, che non è da meno per megalomania: infatti è costituita da due sepolcri, uno in alto che sostiene la sua statua equestre in legno dorato e uno più in basso che contiene i suoi resti. Per secoli non si seppe se davvero le sue spoglie fossero lì dentro, perché le ricerche non avevano dato mai esito. Le cronache ricordano l'imbarazzo di fronte alla visita di Vittorio Emanuele III che nel 1922 venne in visita e nessuno gli seppe dire dove fosse effettivamente il corpo del Colleoni.

 

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Sino a che nel 1968 si procedette a un'analisi seria e nel secondo sepolcro furono effettivamente trovati i resti, con il condottiero vestito esattamente come avevano descritto i documenti. Mancava solo la spada. Ma a un controllo più preciso spuntò fuori anche quella. Era finita sotto il corpo, quasi che Bartolomeo temesse di farsela portar via. Sul sepolcro ovviamente prevalgono i bassorilievi con storie sacre, relative alla passione di Gesù. Anche se al centro domina lo stemma del capitano: sono tre testicoli, perché tutti sapessero con chi avevano a che fare. «Collio, collio, collio» era infatti il grido con cui lanciava i suoi sul campo da battaglia, giocando sul suo cognome.

Amore di padre. Naturalmente nel cappella oggi c'è posto anche per il suo sentimento di padre. Sulla sinistra c'è infatti la tomba di Medea, che arrivò qui però solo a fine Ottocento. E insieme a lei, sottovetro, in sacristia c'è l'uccellino, un passerotto impagliato che la ragazza tanto adorava e che il padre con tenerezza volle stesse sempre insieme con lei.

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