Ci fu anche un Mosè bergamasco

Storie e leggende delle nostre valli Il fiume Brembo e i suoi tanti segreti

Storie e leggende delle nostre valli Il fiume Brembo e i suoi tanti segreti
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«Terra bergamasca, che il Serio bagna e il Brembo inonda...»: cosi' Torquato Tasso descriveva, intorno al 1570, la nostra terra. Orgoglio della Val Brembana (che da lui prende il nome), il generoso fiume bergamasco nasce e muore in terra Orobica dopo 75 km di percorso. Sappiamo, da buoni bergamaschi, che prende vita alle pendici del Pizzo del Diavolo di Tenda, e che nel suo percorso tocca valli, comuni e paesi fino a gettarsi nell’Adda, all’altezza di Crespi. Quante leggende avrà raccolto questo fiume in migliaia di anni? Noi ne abbiamo riscoperte alcune.

 

 

Un po' di storia. La fama di questo fiume è da sempre legata al suo "carattere" impetuoso e irascibile, a quegli scoppi d'ira improvvisi che, sopratutto nelle stagioni estive, portavano devastazione lungo il suo percorso. Tra gli ultimi catastrofici eventi si ricorda l’alluvione del 18 luglio del 1987. La più disastrosa fu quella del 30 agosto 1493 che distrusse ben 24 ponti, lasciando solo quello di Sedrina, allora chiamato ponte di Zogno. Ma il Brembo, naturalmente, non è stato solo questo. Lungo le rive sue e dei suoi affluenti per secoli hanno funzionato segherie, mulini e fucine, dando prestigio alla valle e alle sue genti. Nel ‘500 una mappa di Leonardo da Vinci ne rappresentò per prima il suo corso.

La leggenda del nome. La storia del nostro fiume è legata al famoso “Sacco di Roma”, avvenuto nel 390 a.C. da parte dei Galli Senoni guidati dal terribile Brenno. Il feroce condottiero portò le sue truppe attraverso l’Etruria, mettendola a ferro e fuoco, fino a raggiungere e assediare Roma. Dopo giorni di saccheggi, per mettere fine all’invasione, Brenno propose ai magistrati romani di riscattare la città attraverso un versamento di mille libbre d’oro. I romani dapprima accettarono, poi protestarono quando si accorsero che le bilance utilizzate per la pesa del riscatto erano truccate. Si dice che Brenno gettò sul piatto la propria spada, pronunciando la famosa frase «Vae victis!» (guai ai vinti). La tradizione romana tramanda che il condottiero Marco Furio Camillo, saputo dell’episodio, tornò velocemente in città per affrontarlo. E anche lui gettò la sua spada sulle bilance: «Non auro, sed ferro, recuperanda est Patria» (la Patria si restaura con il ferro, non con l’oro). A questo punto la storia si mischia con la leggenda. I Galli, ottenuto il loro tesoro, iniziarono a spostarsi verso nord inseguiti dall’ira dei romani, desiderosi di recuperare il bottino e decisi a vendicare l’onore della loro città. Brenno giunse a Bergamo e, capita l’importanza strategica del luogo, chiese alla città di sottomettersi, mettendola poi a ferro e fuoco. Fu il console romano Tito Manlio a mettere fine alla gloria dei Galli. Anziché ingaggiare battaglia, raggiunta Bergamo decise di sfidare il nemico a singolar tenzone per salvare i rispettivi eserciti. Alla fine ebbe la meglio il console, e Brenno, per il disonore di essere stato risparmiato, si suicidò gettandosi davanti ai suoi uomini nel fiume e lasciandosi affogare. Da allora il corso d’acqua ha preso il nome di Brembo.

1 - Il Brembo all'altezza di Crespi d'Adda
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2 - Scorci a Osio Sopra
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3 - A Clanezzo
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5 - Il Brembo a San Pellegrino
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9 - La Conca del Rifugio Calvi, dove nasce il Brembo
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Le altre leggende. Che un drago infestasse le acque del nostro fiume è cosa... nota. Conosciamo già la storia del drago Tarantasio e del suo osso, che riposa custodito nel Santuario di Sombreno. Stessa cosa ad Almenno San Salvatore, dove presso la chiesa di San Giorgio è conservato da tempo immemore un “osso di drago”. Tra le tante leggende ne troviamo una alquanto pittoresca ma a lieto fine e legata all’alluvione del 1493. Si racconta che tra tronchi e macerie, trascinata dall’impeto della corrente ci fosse anche una culla con all’interno un bambino. Una sorta di piccolo Mosè bergamasco che, per qualche motivo, era rimasto in balia della corrente dopo la piena del fiume Brembo. La fantasia popolare (o dei cantastorie dell’epoca) vuole che alla guida di questa strana imbarcazione ci fosse un gallo, che saltando da una parte all’altra evitava che la culla si ribaltasse. L'improvvisato nocchiere e la culla, dopo imprecisati chilometri di navigazione, vennero avvistati in un paese posto sulla riva del fiume e tratti così miracolosamente in salvo.

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