Siria, perché il ritiro delle truppe dà a Putin le redini delle trattative
![Siria, perché il ritiro delle truppe dà a Putin le redini delle trattative](https://primabergamo.it/media/2014/12/putin-420x252.jpg)
Putin ancora una volta stupisce tutti. Proprio al culmine dei successi militari dell’aviazione russa a supporto dell’esercito siriano, il Cremlino ha deciso il parziale e progressivo ritiro delle truppe russe dalla Siria. Parziale perché Mosca manterrà la base navale di Tartus, unico sbocco sul Mediterraneo, e la base aerea di Latakia, che da quando sono cominciati i raid a supporto dell’esercito regolare di Assad ha rappresentato uno dei principali punti di addestramento per i soldati siriani. Ma intanto i primi aerei hanno già lasciato la Siria, velivoli non casuali ossia i Tu-154 e i bombardieri multifunzione Su-34, considerati i leader dei raid che in questi mesi hanno bombardato le postazioni dei jihadisti neri del Califfato.
La telefonata con Obama. Putin ha comunicato telefonicamente la decisione al presidente americano Barack Obama: «Gli obiettivi sono stati raggiunti», avrebbe detto Putin, e ora il processo si sposta su un piano politico. Con la Casa Bianca Putin ha anche discusso dei «prossimi passi necessari» per mettere la parola fine a una guerra che ha cambiato molti degli equilibri mediorientali, e che ha provocato un numero altissimo di morti e sfollati. Dal canto suo Obama, pur apprezzando la decisione di ritirare gli aerei russi, ha chiesto che il regime di Assad non ostacoli la consegna degli aiuti umanitari. Pare tuttavia che nel corso della telefonata non si sia parlato del futuro del presidente Assad.
Monito all’Occidente. Parallelamente Putin ha informato anche Assad della sua scelta, tranquillizzandolo sul fatto che il Cremlino continuerà a mantenere un centro di controllo aereo in Siria per monitorare la tregua, e i militari russi che resteranno in Siria vigileranno sulla tenuta del cessate il fuoco. La mossa di Putin sembra essere anche un monito alla Nato e al suo principale alleato, la Turchia, che pare voler combattere i curdi più che i jihadisti del Califfo. E poi il ritiro sembra voler evitare la guerra infinita che sarebbe derivata dal tanto sbandierato intervento da parte dei sauditi.
I negoziati di Ginevra. In agenda ci sono i negoziati di Ginevra, fermi in una situazione di stallo ormai da settimane, e il ritiro delle truppe russe potrebbe spingere la loro ripartenza. Perché Assad si è detto pronto a cominciare il processo politico in Siria, e spera che le trattative possano produrre «effetti concreti». Qualche passo avanti è stato fatto, dato che l’inviato dell’Onu Staffan de Mistura ha incontrato una delegazione governativa di Damasco: l’incontro è stato «positivo e costruttivo» visto che un nuovo colloquio ci sarà domani, dopo che l’inviato dell'Onu si sarà incontrato con la delegazione dell'opposizione.
Mossa a sorpresa. Quella di Putin è stata una mossa che ha sorpreso tutti e che è stata accolta in modo positivo dall’opposizione siriana ad Assad, anche se la cautela nei confronti delle dichiarazioni è ancora alta: «Dobbiamo verificare la natura di questa decisione e il suo significato» ha commentato Salem al Meslet, il portavoce della delegazione dell’Alto comitato per i negoziati (Hcn), di cui fanno parte i gruppi dell’opposizione siriana occupati nei negoziati di pace mediati dalle Nazioni Unite.
Quale significato? In effetti è ancora un po’ ambiguo il significato che sta dietro questa decisione, che in ogni caso è una dichiarazione di vittoria da parte di Putin: l’Isis in Siria è indietreggiato notevolmente, e ha perso un ingente numero di uomini e mezzi, basti pensare a Palmira e ad Aleppo. C’è chi sostiene che il ritiro sia un bluff, e che tutto rientri in un piano segreto architettato in accordo con Washington per alleggerire o annullare le sanzioni a Mosca per la guerra in Ucraina. Ma si fa riferimento anche alle difficoltà economiche della Russia che renderebbero difficile la prosecuzione di un simile impegno militare. E c'è pure chi ipotizza il timore dei russi di avere un “nuovo Afghanistan”, dopo 5 mesi di guerra. E chi infine nota che l’impegno russo abbia contribuito non solo alla disfatta parziale dell’isis ma soprattutto alla ricostruzione della flotta aerea siriana e a una ristrutturazione delle forze governative. Quel che è certo è che Putin ha messo a segno un’altra vittoria, dettando l’agenda del Medio Oriente e obbligando l’Occidente a fare i conti con le sue decisioni.