Vasco, il cinema e il sogno Sanremo «Felice per gli Stadio, ma li invidio»
Il 22, 23, 26 e 27 giugno, dal catino dello stadio Olimpico di Roma risuonerà soltanto un nome: Vasco Rossi. Quattro date uniche, in tutti sensi: uniche perché saranno le sole serate live italiane dell’estate 2016 del Blasco, ma uniche anche perché nessuno mai aveva inanellato quattro serate consecutive all'Olimpico. E Vasco ne è consapevole: «Quattro volte non l’ha fatto nessuno, neanche Vasco Rossi, e io voglio battere Vasco Rossi. Anche nel senso di picchiarlo». Nonostante i 64 anni compiuti da poco più di un mese, il rocker di Zocca è sempre lo stesso. Ironico, autoironico, sincero. Lo ha dimostrato una volta in più la sera del 14 marzo al cinema Odeon in pieno centro a Milano, quando si è presentato alla prima di Tutto in una notte/Live Kom 015, ovvero la trasposizione cinematografica del concerto del 3 luglio 2015 allo stadio San Paolo di Napoli. Un evento unico, con il film-concerto distribuito in 280 sale in tutta Italia per tre serate: 14, 15 e 16 marzo.
Il cinema, un ritorno. Nonostante le tante date dell’estate 2015, la scelta del Komandante è caduta su Napoli. Ha voluto che fosse quel concerto a finire al cinema prima e in un dvd poi. «Lo stadio San Paolo riapriva alla musica dopo 11 anni, e l’ultimo a esibirsi ero stato proprio io – ha raccontato Vasco in un’intervista a Repubblica –. Poi alla fine De Magistris si è accorto che non solo non succede mai niente di brutto ai concerti, ma che anzi facciamo pure le pulizie sia all’inizio che alla fine e che la musica va vissuta in spazi così. Anche perché non ne abbiamo altri in Italia». L’adattamento video del concerto è stato compiuto attraverso un lavoro certosino, con 11 telecamere puntate su palco, musicisti e pubblico. Unico “vezzo” cinematografico sono gli intermezzi danzanti di Valentina Moar in una suggestiva Napoli notturna, quasi a spezzare la violenza del rock di Vasco. A dirigere il tutto il regista campano Peppe Romano, che in passato aveva già lavorato con il rocker. Una scelta non casuale: «Ho sentito che in lui c’era del genio», spiega il cantante. Risultato: ennesimo record, con 195.228 euro incassati al botteghino nella sola serata di lunedì 14 marzo. Nulla di nuovo dopo il successo di LiveKom 011 e il rivoluzionario Fronte Palco del 1990, prima volta in cui la musica live veniva portata al cinema.
Il vero Vasco, senza filtri. Chi conosce Vasco (almeno musicalmente), sa benissimo che è in grado di arditi voli pindarici così come di esplosioni di dolcezza. Vasco è il rock più puro unito al romanticismo unico della tradizione melodica italiana. Il segreto del suo successo, probabilmente, sta proprio qui. Un successo che, però, lui ancora fatica a comprendere dopo tanti anni: «Quando sono nel camerino non sono io e quando sento fuori tutti che urlano il mio nome penso che stiano aspettando qualcun altro, e io sto tranquillo» ha spiegato a Repubblica. È questa semplicità che l’ha sempre tenuto lontano da mondi diversi da quelli della musica, come appunto il cinema: «Non ho mai voluto. Me l’hanno anche proposto, ma meglio fare una cosa e farla bene: io ho avuto la fortuna di fare musica». È questa profonda consapevolezza di essere stato fortunato nella vita a renderlo umano. Così umano da emozionarlo la notizia di vedere la propria vita artistica inserita in un monumento della cultura italiana come la Treccani: «Che meraviglia, il riconoscimento di quasi 40 anni di carriera, il segno di quel che ho saputo comunicare essendo sempre me stesso, senza filtri né autocensure. Io scarico il mio inconscio nella musica: è come se la chitarra mi possedesse e mi facesse dire cose che neppure io ammetto di pensare, e invece le penso e le dico. A volte mi sorprendo da solo».
«Pensavo di morire a 35 anni», gli amici Stadio e Sanremo. Certo, Vasco è anche una figura che divide. Se i suoi fan sono milioni, i suoi detrattori sono pochi meno. Ma dopo aver vissuto un periodo turbolento, legato anche al suo sbarco sui social, dove il rocker ammette «di essermi un po’ perso», oggi sembra molto più sereno, rilassato. Frutto forse di una nuova consapevolezza, umana e artistica. Arrivato ai 64 anni, Vasco non si nasconde dietro un dito e dichiara di essere sorpreso di ciò che è riuscito a fare nella sua vita. In particolare a sorprenderlo sono state «due cose. L’essere sopravvissuto ai miei 35 anni: mi ero tarato per morire a quell’età, invece il mio Dna robusto, di montagna, mi ha fatto arrivare fin qui e a questo punto non intendo mollare. E poi il riuscire a comunicare anche a gente che ha un quarto dei miei anni». Leggendo le sue interviste, inoltre, si ha spesso l’impressione che l’immagine di Vasco non vada di pari passo con l’uomo Vasco. Sul palco molti lo vedono come un rocker “maledetto”, in grado nonostante l’età di spogliare letteralmente con la sua musica tante ventenni («Tranquille, abbiamo provveduto a pixelare tutto!» scherza con le ragazze che incontra alla prima del film).
Un eterno Peter Pan del rock, che invece si dimostra più umano che mai a contatto con gli altri. Un esempio è quando s'illumina con un sorriso parlando di Gaetano Curreri e degli Stadio, freschi vincitori di Sanremo: «Che emozione vederli vincere! Sono una delle band più sottovalutate. Gaetano Curreri è tutto arrosto e niente fumo, forse in Italia questo non paga. E senza il suo aiuto non avrei mai cominciato». Una carriera, la loro, iniziata quasi insieme, negli anni ’70, e poi avanzata su binari diversi, ma uniti da una forte amicizia. Forse proprio per questo Vasco non ha problemi ad ammettere che «ora li invidio gli Stadio: a Sanremo erano arrivati ultimi due volte, come me, ma ora l’hanno vinto. Io no. E io amo Sanremo, non ho snobismi». Chissà se dopo le quattro date all’Olimpico e il ritorno a San Siro nel 2017 (lo ha promesso), la vera, grande e ultima sfida di Vasco nella musica non sia tornare sul palco dell’Ariston e trionfare. Sarebbe una storia bellissima. Da cinema.