Equitalia, nuove cartelle esattoriali Cosa cambia e come difendersi
Equitalia si rifà il look. O meglio, rifà il look a uno dei suoi strumenti di lavoro più odiati dagli italiani: la cartella esattoriale. Attraverso il provvedimento n. 22585/2015 dell’Agenzia delle Entrate, infatti, è stato approvato il restyling della cartella esattoriale. Ora, teoricamente, sarà più facile leggere e capire il documento, che diventerà anche il modello adatto a tutti i tipi di atti per la riscossione coattiva. La speranza è di migliorare il rapporto tra la società e i cittadini, almeno per quanto riguarda la chiarezza del dialogo, in passato vero cruccio di tante persone che non riuscivano, dalla lettura del documento, a capire perché Equitalia chiedesse loro soldi.
Cos'è la cartella esattoriale e come cambia. La cartella esattoriale non è altro che un'ingiunzione di pagamento per debiti per i quali il contribuente risulta inadempiente. Viene emessa dall’Agenzia delle Entrate per il tramite di Equitalia, con l’obiettivo di attivare la procedura del recupero crediti. Il documento si compone di più pagine nelle quali il contribuente viene informato delle somme che è tenuto a versare e assolve, dal punto di vista legale, a più funzioni: comunicare al contribuente la sua posizione debitoria; intimare a provvedere ad effettuare il pagamento; titolo esecutivo, ossia esistenza di un diritto reale che può dare luogo ad esecuzione forzata. Le modifiche entrate ora in vigore riguardano sia il numero di pagine sia i contenuti delle cartelle, con l’obiettivo già detto di garantire maggior trasparenza e chiarezza al contribuente.
Come tutelarsi. Dal momento che (si spera) l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia faranno il loro rendendo più semplice la lettura della cartella esattoriale, è giusto che anche il contribuente faccia il suo, informandosi e cercando di capire quali sono i propri diritti e doveri. Ma soprattutto diritti, perché purtroppo, come spesso capita quando si ha a che fare con lo Stato, la posizione dominante è sempre quella di quest’ultimo e il contribuente si trova a dover fare i salti mortali per giustificare o spiegare una propria posizione o addirittura far valere un proprio diritto. Il superblog economico-politico Rischio Calcolato ha pubblicato un articolo teso proprio a informare i contribuenti, dunque tutti noi, su come sia possibile difendersi o comunque tutelarsi davanti all’arrivo di una cartella esattoriale. Una piccola raccomandazione prima: in questi casi, data la specificità e la delicatezza della materia, la cosa migliore da fare è sempre rivolgersi a un avvocato, affinché ci si possa confrontare sulle migliori strategie di difesa dei propri diritti.
La nullità
Innanzitutto bisogna sapere che la cartella esattoriale può essere nulla, e dunque priva di effetti dato che, se dichiarata tale, è proprio l’atto stesso ad essere cancellato, anche retroattivamente (con valore dunque sugli effetti già avvenuti in precedenza in seguito all’emanazione dell’atto). La nullità può essere causata da diversi vizi del documento. In primis quello di notifica: Rischio Calcolato spiega che varie sentenze hanno stabilito che la notifica per raccomandata postale non ha alcun valore essendo per legge abilitati alla notifica di atti solo pubblici ufficiali quali l’ufficiale giudiziario, il messo comunale e i vigili urbani che, al momento della consegna di atti nelle mani del debitore, redigono un rapporto (si parla in questi casi di relata di notifica). Il postino e gli incaricati di Equitalia non sono pubblici ufficiali e le loro notifiche valgono zero, a meno che non sia il contribuente stesso a impugnare quegli atti, attribuendo ad essi, di fatto, il valore legale che fino ad ora non avevano. Ci sono poi i vizi di forma: se, ad esempio, non risulta essere chiaro il modo in cui Equitalia abbia calcolato gli interessi sulle somme richieste, si potrebbe richiedere la nullità dell’atto. Chiaramente la riforma varata dall’Agenzia delle Entrate tende anche a risolvere questo problema.
La sospensione
Il contribuente può poi chiedere la sospensione degli effetti della cartella nei casi in cui si trovasse in condizioni di necessità o la cartella presentasse elementi di illiceità e ciò potesse essere causa di «danno irreparabile». La sospensione può essere richiesta attraverso un’istanza al giudice tributario, all’ente impositore o a Equitalia stessa. In favore della sospensione si è espressa anche la Presidenza Superiore della Magistratura tributaria, che ha invitato le Commissioni tributarie d’Italia a una maggiore elasticità in considerazione del fatto che un processo tributario può durare anni mentre l’esecuzione forzata di Equitalia avrebbe effetti immediati e negativi con molto anticipo rispetto alla sentenza che potrebbe dare ragione al ricorrente. Per questo, teoricamente, una dichiarazione realizzata ad hoc dal debitore con l’aiuto di un soggetto esperto del settore porta alla sospensione immediata di ogni azione da parte di Equitalia.
La decadenza
Se entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello della presentazione da parte del contribuente della dichiarazione dei redditi, Equitalia non avesse ancora provveduto alla notifica della cartella esattoriale, questa decadrebbe. Ciò significa che Equitalia non potrà esigere la riscossione tramite quella cartella esattoriale ma dovrà intentare una causa civile. In altre parole: se oggi Equitalia vi contestasse, con apposita cartella esattoriale, la dichiarazione dei redditi del 2012, voi potreste chiedere la decadenza dell’atto. Questo istituto a tutela del contribuente può essere molto utile in quanto, se debitamente sfruttato, potrebbe avvicinare i termini di prescrizione.
La prescrizione
È l’istituto giuridico che va a “cancellare” o estinguere ogni cosa. Trascorsi determinati termini (qui è bene informarsi di caso in caso perché i termini di prescrizione possono variare da tributo a tributo) senza che Equitalia abbia messo in atto le azioni di riscossione o senza che abbia interrotto i termini con ulteriori nuove notifiche, la cartella esattoriale va in prescrizione e con essa anche le somme richieste. In questo caso il debito si estingue, ovvero è come se non fosse mai esistito.
L’esdebitazione
Dal 2012 l’ordinamento italiano è dotato di una normativa che è stata significativamente ribattezzata “legge anti-suicidi”. Si tratta della legge 3/2012: in determinate situazioni, questa normativa consente al debitore di vedersi ridotte le richieste di Equitalia. Per avvalersene bisogna adire il giudice ordinario, il quale valuta la situazione e, con suo insindacabile giudizio, può acconsentire alla riduzione del debito. L’esdebitazione è un provvedimento che sgrava il debitore anche di tutti i gravami penali.
L’annullamento del debito
In precedenza abbiamo detto che, con un’apposita dichiarazione, è possibile chiedere la sospensione degli effetti della cartella esattoriale. Quella stessa dichiarazione, oltre a bloccare qualsiasi tipo di azione di riscossione, obbliga anche l’ente impositore, ovvero nel 99 percento dei casi l’Agenzia delle Entrate, a fornire al contribuente risposta scritta alla dichiarazione entro 220 giorni. E in tal caso le lungaggini della burocrazia italiana diventano un’arma in mano a noi contribuenti: il passaggio obbligatorio di questa dichiarazione da Equitalia all’Agenzia delle Entrate, la quale dovrà rispondere documentatamente al contribuente nell’arco di 220 giorni dalla data del suo invio, sfora infatti quasi sempre questo termine di tempo. E così, per effetto del silenzio assenso normativo, la cartella e il debito risultano annullati.