Intanto la Grecia chiede tempo

Perché l'accordo Ue sui migranti è definito «l'intesa della vergogna»

Perché l'accordo Ue sui migranti è definito «l'intesa della vergogna»
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Un accordo che già dai primi vagiti dell’entrata in vigore ha mostrato tutti i suoi limiti. È il controverso piano per il rimpatrio dei migranti sottoscritto tra Bruxelles e Ankara, che ha suscitato critiche e perplessità su molteplici fronti, in primis per la sua scarsa fattibilità. La Grecia infatti ha chiesto tempo, perché non avrebbe mezzi e personale a sufficienza per mettere in pratica la soluzione individuata dalla Ue. «Ci servono altre 24 ore», ha fatto sapere il portavoce del coordinatore del governo greco per le politiche migratorie, specificando che Atene si troverà a dover esaminare una media di 2mila domande di asilo ogni giorno, e nessuno ancora sa come questo potrà essere tradotto sul piano pratico. L’Ue ha promesso l’invio di 2300 tra esperti, mediatori, traduttori ecc., ma al momento la Grecia è ancora sola con i suoi scarsi mezzi.

Le basi dell’accordo. L’accordo tra Unione Europea e Turchia prevede, sostanzialmente, che Ankara e Atene si facciano carico della gestione dei flussi migratori, risparmiando all’Europa il compito dell’accoglienza. I migranti che sono sbarcati sulle coste dell'isola di Lesbo e delle altre isole greche del mar Egeo dovrebbero essere trasportati verso il porto ateniese del Pireo e da lì smistati verso i centri di accoglienza greci, dove, teoricamente, verranno espletate le procedure per valutare se possano o meno rientrare nel piano di ricollocamento Ue.

 

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Cosa farà la Turchia. La Turchia, per i suoi campi profughi, riceverà da Bruxelles in tutto 6 miliardi di dollari da qui alla fine del 2018, oltre a un’accelerazione dell’iter che dovrebbe portarla ad aderire all’Unione Europea. Inoltre l’Europa rispedirà ad Ankara tutti i siriani e gli illegali arrivati in Grecia. In cambio i 28 Paesi membri dell’Unione si impegnano ad accogliere e ridistribuire un siriano per ogni respinto, prendendolo dai campi profughi gestiti da Ankara. Nello specifico sarà la Grecia a decidere sui singoli visti, mentre i rimpatri saranno tutti diretti in Turchia, che in questo modo viene considerata un Paese sicuro. L’Europa inoltre respingerà tutti i migranti irregolari che proveranno a entrare in uno dei Paesi aderenti all’Ue e nessuno verrà accolto se in fuga dalla propria patria per miseria e carestia.

 

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La condanna delle associazioni umanitarie. È proprio questo ultimo punto che ha suscitato le perplessità e le critiche da parte delle organizzazioni umanitarie che giudicano l’accordo come un attacco ai diritti umani. E se i Paesi membri dell’Ue la ritengono una «intesa equilibrata», quanti si occupano di diritti umani lo chiamano «accordo della vergogna». Il testo, secondo quanti lo hanno sottoscritto, dovrebbe scoraggiare i viaggi della speranza attraverso l’Egeo, ma in realtà è accusato di nascondere una precisa volontà di mettere in atto espulsioni collettive. Inoltre il fatto che si sia scelta la Turchia come Paese in cui rimpatriare i migranti solleva il problema delle condizioni dei campi profughi. Anche perché i migranti sono per lo più in fuga dalla guerra in Siria e dall’Isis, due temi su cui Ankara ha dimostrato più volte di avere un atteggiamento ambiguo.

È un accordo legale? Quello che le organizzazioni umaniterie hanno evidenziato maggiormente è che l’accordo potrebbe essere illegale, dato che la Turchia non ha mai ratificato la convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, mentre le Grecia infrangerebbe il diritto internazionale rispedendo i migranti in un Paese che non rispetta la convenzione. Inoltre Ankara non riconosce ai siriani la possibilità di accedere allo status di rifugiato. Per questo, secondo Oxfam Italia, l'accordo «viola il diritto internazionale e quello dell'Unione, scambiando vite umane con concessioni politiche». Un’opinione condivisa anche dal Cir, il Consiglio Italiano per i Rifugiati, che definisce l’accordo come un «chiaro mercanteggiamento che si è concluso sulla testa e sulla pelle dei rifugiati».

 

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Perplessità sulla questione passaporti. A suscitare molte perplessità è poi la questione della nazionalità dei migranti. Perché ogni siriano irregolare respinto o rimpatriato dall’Europa in Turchia verrà sostituito con un altro siriano regolarmente in possesso di documenti che attestino la regolarità delle domande di asilo. Un punto, questo, che solleva il problema dei passaporti falsi sui cui l’Isis ha costruito un vero e proprio business. E che è destinato ad aumentare: inevitabilmente in molti, ora, desideranno avere un passaporto siriano. Esattamente il gioco dei trafficanti di uomini. Il sito Piccole Note osserva che «in questo modo si crea una “razza eletta” che ha dei diritti negati alle altre. Un vizio strutturale che ricorda un nefasto passato. Soprattutto se si considera che a spingere per chiudere l’accordo con Ankara è stata la Germania».

 

Denmark Migrants

 

No del Vaticano. Anche al Vaticano l’accordo non piace. A commentarlo è il segretario di Stato Pietro Parolin, il quale ha dichiarato che di fronte al «grave dramma di tanti nostri fratelli sofferenti» che «per necessità» giungono alle frontiere del continente europeo chiedendo accoglienza «dovremmo sentire umiliante dover chiudere le porte, quasi che il diritto umanitario, conquista faticosa della nostra Europa, non trovi più posto».

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