Tre i kamikaze, due sono fratelli «Non andrò mai in cella con Salah»
Da Parigi a Bruxelles. Se serviva qualche ulteriore conferma, le prime indagini su quanto accaduto martedì in Belgio hanno messo in luce i legami strettissimi che intercorrono con gli attacchi alla capitale parigina dello scorso 13 novembre. Le ricostruzioni partono da tre volti, quelli dei giovani ripresi dalle telecamere dell’aeroporto di Zavantem, due dei quali, secondo la polizia, sarebbero stati i kamikaze in azione nello scalo: il primo (quello a sinistra nella foto) non è ancora stato identificato, il secondo è Ibrahim El Bakraoui e il terzo Najim Laachraoui. I primi due sono quelli che, nei frame dei video pubblicati da tutti i giornali, indossano un unico guanto (dove terrebbero nascosto l’innesto dell’esplosivo, metodo usato pure a Parigi). In un primo tempo si pensava che fossero i due fratelli El Bakraoui, Ibrahim e Khalid, ma nelle ultime ore la polizia ha dato credito all'ipotesi che ad entrare in azione nello scalo sia stato Ibrahim, insieme a un altro sconosciuto, mentre Khalid sarebbe il kamikaze entrato in azione un'ora dopo a Maelbeek. La polizia non è nemmeno più così certa che il terzo uomo, quello vestito di bianco, sia Najim Laachraoui, comunque ricercato. Nella mattinata di mercoledì 23 marzo, si era diffusa la notizia che l'uomo era stato fermato a Anderlecht, zona della capitale. La notizia però è stata poi smentita: ad essere fermato è stato un altro sospetto ancora.
I legami con Parigi. Al di là dei dubbi e delle versioni contrastanti sulla foto, i tre nomi erano già emersi nel corso delle indagini sui fatti di Parigi, e nelle successive ricerche fatte in Belgio. Nello specifico, i fratelli El Bakraoui erano ricercati dal blitz di Forest di una settimana fa, dove fu arrestato Salah: uno dei due aveva affittato un appartamento di Charleroi, usato poi come covo per i terroristi entrati in azione il 13 novembre. Anche l’appartamento nel quartiere bruxellese di Schaerbeek sarebbe stato affittato da loro. Perquisito ieri sera, al suo iinterno è stato trovato un arsenale per confezionare ordigni esplosivi. Il materiale è lo stesso utilizzato negli attentati di Parigi. Le impronte di Laachraoui, invece, 24enne d’origine turca, erano state ritrovate in tutte le abitazioni collegate allo Stato Islamico in Belgio, oltre che sulle cinture esplose a Parigi. Per questo è sempre stato indicato come l’artificiere del gruppo, nonché uno dei coordinatori: l’ipotesi è che a novembre, la sera del Bataclan, fosse proprio nella capitale francese con Mohamed Belkaid, l’algerino che è morto una settimana fa a Bruxelles, nel conflitto a fuoco con la polizia.
Il taxista. Per arrivare a identificare i tre uomini è risultata importante anche la testimonianza di un taxista, che ha accompagnato in aeroporto due dei tre kamikaze. Nel vedere le immagini dei tre ricercati in tv l’uomo ha riconosciuto i clienti caricati al mattino, e ha raccontato alla polizia l’indirizzo dove sarebbe andato a prenderli. Il taxista si sarebbe sorpreso della gran mole di bagagli che i tre dovevano portarsi in viaggio, tanto da costringere i due uomini a lasciarne alcuni a casa: «Non volevano che toccassi le loro valigie», ha spiegato. Da lì si sarebbe risaliti quindi all’abitazione dei tre, a Schaerbeek (perquisita tutta la notte, ieri), dove è stato trovato un ordigno esplosivo con dei chiodi dentro, prodotti chimici e una bandiera nera dello Stato Islamico. In un computer buttato la polizia ha trovato un appunto scritto da Ibrahim El Bakraoui, che scriveva «Non voglio finire in cella con Salah». All’aeroporto di Bruxelles, invece, è stato trovato altro esplosivo ancora. Rimane invece ancora un mistero l’identità del secondo uomo che si è fatto esplodere in aeroporto.