È stato l'Isis? C'entra l'arresto di Salah?

Bruxelles, domande e risposte sui terroristi e i loro obbiettivi

Bruxelles, domande e risposte sui terroristi e i loro obbiettivi
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I giorni dopo sono sempre quelli più difficili. Nel “durante” non si può ragionare a mente fredda, è impossibile. È il “dopo” il momento in cui, nella testa, si fanno spazio interrogativi e ansie, rabbia e amarezza. Prima il cuore, poi la testa. È così sempre, a maggior ragione dopo il terribile 22 marzo 2016. Gli attentati a Bruxelles sono l’ennesimo attacco all’Europa. Dal 2004 a oggi, sono oltre 400 le vittime civili europee di attentati terroristici avvenuti in alcune delle principali metropoli: Madrid, Londra, Parigi, ora Bruxelles. Se non è una guerra, poco ci manca. Per questo, ancora una volta, ci tocca porci delle domande e provare a dare delle risposte. Anche se, a volte, è impossibile.

 

Cosa è successo?

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La mattina del 22 marzo 2016, Bruxelles è stata scossa da una tripla esplosione: prima all’aeroporto di Zaventem, poi alla stazione della metropolitana di Maelbeek. Il tutto tra le 8 e le 9 di mattina, uno degli orari di punta in ogni città. Al principale scalo della capitale belga, secondo la ricostruzione effettuata fino ad ora dagli inquirenti, c’è stato un attacco suicida e una successiva esplosione causata da una bomba. Un terzo ordigno, inesploso, è stato trovato nei successivi rilevamenti degli artificieri, che lo hanno fatto brillare. Prima i testimoni hanno raccontato di aver sentito scariche di mitra e urla in arabo. Nell’attacco a Zaventem sono morte almeno 10 persone, oltre 50 i feriti.

Meno di un’ora dopo, Bruxelles è stata scossa da una seconda esplosione, questa volta proprio nel cuore della città, alla stazione della metropolitana di Maelbeek. Nessun attacco kamikaze, bensì una bomba. Il bilancio è ancora più tragico: almeno 20 vittime e oltre 200 feriti.

 

Perché Bruxelles?

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I motivi per cui gli attentati sono stati realizzati nella capitale belga potrebbero essere diversi. In primis: Bruxelles è il cuore delle istituzioni politiche e militari europee. Lì c’è il centro operativo della Ue e quello della Nato, lì ogni giorno migliaia di tecnici e amministratori guidano l’Europa. Non è un caso che il secondo attacco sia andato in scena alla stazione di Maelbeek: si tratta della fermata della metropolitana più vicina alle sedi istituzionali dell’Unione. Ogni giorno da lì transitano la maggior parte di coloro che lavorano negli uffici Ue. Consiglio, Commissione, Parlamento, Nato: il più alto establishment europeo trova a Bruxelles casa. Ciò che Washington DC è per gli Stati Uniti è, almeno in termini iconici, Bruxelles per l’Europa.

Ma non solo. Bruxelles è oramai da anni una sorta di roccaforte islamica nel cuore del Vecchio Continente. Sin dai giorni successivi ai terribili attentati di Parigi, andati in scena la notte del 13 novembre 2015, la capitale belga è stata al centro di indagini di polizia. Da lì erano partiti gli attentatori di Parigi e lì erano tornate le menti degli attacchi. Negli ultimi 5 mesi, a Bruxelles ben 130 persone sono state indagate o arrestate con l’accusa di essere affiliate all’Isis. È ormai assodato che la capitale belga è diventata la città fantasma dell’estremismo islamico nel cuore del Vecchio Continente. Un emblema di tutto questo è Molenbeek, vero quartiere ghetto musulmano di Bruxelles e di cui abbiamo già scritto QUI.

 

È stato l’Isis?

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Pare oramai assodato che gli attentati di Bruxelles siano stati organizzati dall’Isis, o comunque da un commando stabilmente insidiatosi in Europa ma collegato al Califfato. La rivendicazione degli attacchi è arrivata nel primo pomeriggio del 22 marzo, quando l’agenzia di stampa Amaq, che fa capo al gruppo terroristico, tramite il social network Telegram ha diffuso una nota in cui si afferma che gli jihadisti si sono presi la responsabilità della serie di attentati. Nel testo del comunicato si legge: «Combattenti dello Stato islamico hanno condotto martedì una serie di attacchi con cinture esplosive e bombe mirati agli aeroporti e alle principali stazioni nella città di Bruxelles, Belgio, come ritorsione alla partecipazione agli attacchi della coalizione internazionale contro centri dello Stato islamico. I combattenti hanno aperto il fuoco all’interno dell’aeroporto Zaventem prima di far esplodere numerose cinture esplosive, mentre un combattente suicida ha fatto detonare la sua cintura esplosiva alla stazione del metrò Malbec. Gli attacchi hanno ucciso e ferito più 230 persone». Il messaggio si chiudeva con la promessa di ulteriori futuri attentati in altre città europee. Poco dopo la diffusione della rivendicazione, il Site, la società americana diretta dall’analista israeliana Rita Katz e che si occupa di controllare l’attività nel web dei terroristi islamici, ha confermato l’autenticità del documento.

 

Ci sono vittime italiane?

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Il 22 marzo la Farnesina aveva parlato di tre italiani probabilmente feriti negli attacchi di Bruxelles, notizia confermata poco dopo dall’ambasciatore italiano in Belgio, Vincenzo Grassi, che in un’apposita conferenza stampa aveva però precisato che nessuno di loro pareva in gravi condizioni. Il quadro è decisamente cambiato il 23 marzo, quando la stessa Farnesina ha reso noto che tra le vittime ci sarebbe anche un’italiana. Le verifiche sono ancora in corso. Si tratterebbe di Patricia Rizzo, impiegata presso un’agenzia della Commissione Ue e di cui non si hanno più notizie dalla mattina degli attacchi. I familiari della donna sono all’ambasciata italiana a Bruxelles per effettuare le operazioni di riconoscimento, rese complicate dalle condizioni in cui si trovano i corpi delle vittime degli attentati.

 

C’entra qualcosa l’arresto di Salah Abdeslam?

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Il 22 marzo gli attentati a Bruxelles, il 18 marzo l’arresto, sempre nella capitale belga, di Salah Abdeslam, ovvero l’unico tra gli attentatori di Parigi rimasto in vita da quel tragico 13 novembre e ricercato in tutto il mondo da diversi mesi. Difficile non domandarsi se le due notizie siano collegate. Conferme sul collegamento tra i due fatti sono arrivate nel pomeriggio del 22 marzo, quando l’Ansa ha riportato che fonti dell’intelligence irachena hanno reso noto che gli attentati «sono stati pianificati due mesi fa a Raqqa, in Siria» e che in un primo momento Bruxelles non era fra gli obiettivi indicati, ma è diventata il primo bersaglio scelto «a causa dell’arresto di Salah Abdeslam». Il sito d’informazione europea Politico.eu, invece, riporta addirittura le dichiarazioni di un funzionario belga di alto rango (che ha preferito rimanere anonimo) secondo cui Salah avrebbe dovuto partecipare alle azioni del 22 marzo se non fosse stato arrestato venerdì 18. I dubbi restano, però. In particolare uno: com’è possibile che in appena 3 giorni (ovvero dall’arresto di Salah), il commando jihadista sia stato in grado di mettere in piedi l'attentato a Bruxelles se, da diversi mesi, ne stava preparando uno in un’altra città? Fino ad oggi le cellule dell’Isis in Europa si sono sempre dimostrate organizzatissime e anche gli attentati di Bruxelles sono parsi ben studiati, non un piano messo in piedi in poche ore. Un’ulteriori ipotesi, invece, spiega che sarebbe stato tutto calcolato: meno di 24 ore prima dell’attentato, infatti, Salah aveva fatto sapere attraverso il suo avvocato che avrebbe collaborato con le forze dell’ordine. Secondo qualcuno, quello è stato un messaggio ai suoi “compagni”: entrate in azione. Di certo c’è che gli attentati di Parigi e quelli di Bruxelles sono collegati tra loro.

 

Si sa l’identità degli attentatori?

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Nelle ore immediatamente successive alla duplice esplosione all’aeroporto di Zaventem, sui media belgi ha iniziato a circolare un fermo immagine delle telecamere di sorveglianza dello scalo. Ritratti nella fotografia tre uomini: due vestiti di nero e uno vestito di bianco. I primi due indossavano un solo guanto sulla mano destra. I media hanno subito riportato che, molto probabilmente, quelli erano i volti dei terroristi entrati in azione all’aeroporto. La Polizia, poco dopo, ha soltanto affermato che l’uomo vestito di bianco nella foto era ricercato. Così, dopo due giorni di ipotesi, arresti e smentite, si è arrivati alla certezza che l'uomo al centro sarebbe Ibrahim El Bakraoui, giovane musulmano ricercato da tempo: era stato lui ad affittare l'appartamento di Charleroi usato come covo dai terroristi in azione a Parigi. Il fratello di Ibrahim, Khalid, in un primo momento era stato indicato come l'uomo a sinistra nella foto, ma poi in realtà si è scoperto essere stato il kamikaze in azione alla metropolitana di Maelbeek. Con lui le telecamere avrebbero ripreso un altro jihadista ancora, che trasportava una valigia pesante dentro i convogli del metrò: non è ancora dato sapere se sia morto pure lui nell'esplosione o se invece sia fuggito. Quanto a Najim Laachraoui, considerato l'artificiere degli attacchi di Parigi, non sarebbe l'uomo con il cappello della foto in aeroporto, bensì l'altro vestito di nero, a sinistra: sarebbe morto anche lui nelle esplosioni a Zavantem. Rimane così un mistero l'identità dell'attentatore con la giacca bianca, ancora in fuga.

 

Che legami esistono tra questi uomini e le stragi di Parigi?

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Al di là dei dubbi e delle versioni contrastanti sulla foto, i tre nomi erano già emersi nel corso delle indagini sui fatti di Parigi, e nelle successive ricerche fatte in Belgio. Nello specifico, i fratelli El Bakraoui erano ricercati dal blitz di Forest di una settimana fa, dove fu arrestato Salah: uno dei due aveva affittato un appartamento di Charleroi, usato poi come covo per i terroristi entrati in azione il 13 novembre. Anche l’appartamento nel quartiere bruxellese di Schaerbeek sarebbe stato affittato da loro. Perquisito martedì sera, al suo interno è stato trovato un arsenale per confezionare ordigni esplosivi. Il materiale è lo stesso utilizzato negli attentati di Parigi. Le impronte di Laachraoui, invece, 24enne d’origine turca, erano state ritrovate in tutte le abitazioni collegate allo Stato Islamico in Belgio, oltre che sulle cinture esplose a Parigi. Per questo è sempre stato indicato come l’artificiere del gruppo, nonché uno dei coordinatori: l’ipotesi è che a novembre, la sera del Bataclan, fosse proprio nella capitale francese con Mohamed Belkaid, l’algerino che è morto una settimana fa a Bruxelles, nel conflitto a fuoco con la polizia.

I kamikaze volevano colpire una centrale nucleare

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È uno degli aspetti che dà ulteriore inquietudine a questa vicenda. Secondo il giornale Dernière Heure, l’arresto di Salah e il blitz di una settimana fa a Forest ha costretto la cellula terroristica a cambiare i propri piani, accelerandoli bruscamente. A dicembre, nel corso dell’arresto di un altro terrorista, era stato trovato un video di 10 ore ripreso da una telecamera nascosta davanti alla casa del direttore di un programma di ricerca nucleare. La polizia, scrive la stampa belga, è abbastanza certa che a mettere la telecamera siano stati i due fratelli el Bakraoui. Forse, col precipitare della situazione si sono sentiti sotto pressione, e hanno scelto all’ultimo di cambiare obbiettivi. Anche perché da febbraio 140 militari presidiano la centrale nucleare belga di Liegi.

 

Il taxi

Bruxelles: lanciato piano catastrofi. Media,terrorismo

Con questo mezzo gli attentatori sono giunti all’aeroporto di Zavantem. È stato lo stesso taxista a rivelarlo: dopo aver visto i volti comparsi alla televisione ha riconosciuto i clienti che aveva caricato quella mattina. La sua testimonianza è stata fondamentale per risalire all’abitazione da dove i tre erano partiti. Il tassista, per altro, ha raccontato che i tre avevano in realtà chiamato un minivan, poiché provvisti di più valigie, quando poi si sono accorti che invece era stata mandata loro un auto normale si sono arrabbiati, costretti a lasciare a casa alcuni bagagli (dentro ai quali, poi, sono stati trovati altri esplosivi). L’uomo racconta anche che i tre non volevano che lui toccasse le loro borse, e che all’interno dell’auto ha sentito fin da subito forte odore di ammoniaca. Due uomini del commando non hanno proferito parola durante il viaggio, mentre il terzo sì, e continuava a parlare male degli americani e degli Stati Uniti.

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