Mediaset, ecco i numeri di Premium No alla vendita, si cerca un socio
Martedì 22 marzo, Mediaset ha presentato i numeri del bilancio 2015, chiuso con un utile netto consolidato di gruppo pari a 4 milioni contro i 23,7 dell’anno prima, a fronte di ricavi complessivi passati da 3,4 a 3,52 miliardi. Gli occhi di tutti, però, erano naturalmente puntati sui dati relativi a Premium, la pay-tv del Biscione. Gli abbonati sono cresciuti, così come i ricavi, ma non abbastanza da coprire l’investimento monstre da circa 717 milioni di euro effettuato per aggiudicarsi l’esclusiva triennale della Champions League. Nel primo anno di trasmissione della competizione calcistica europea più importante, i ricavi sono stati pari a 558,8 milioni di euro, appena 20 milioni in più rispetto ai 538,4 dell’anno precedente. Da Cologno Monzese, ufficialmente, filtra ottimismo, anche perché l’obiettivo dei 2 milioni di abbonati a fine 2015 è stato centrato, dimenticandosi forse che l’obiettivo dei 2 milioni di abbonati era stato fissato soltanto a fine settembre, abbassando di almeno 500mila unità l’iniziale previsione dei vertici.
Premium e i ricavi su ogni singolo abbonato. Uno dei nodi più difficili da chiarire al momento è il margine di ricavo medio di Mediaset su ogni singolo abbonamento. Cologno Monzese parla di «una sensibile crescita», ma non entra nello specifico quantificando il reale ricavo medio ottenuto da ogni cliente di Premium. Sotto le festività natalizie, infatti, c’è stato un vero e proprio boom di nuovi abbonati (circa 180mila unità), che ha permesso di raggiungere i 2 milioni di utenti, e causato principalmente dalla super offerta Premium, con pacchetti da soli 19 euro al mese fino a maggio. Parallelamente, però, i vecchi iscritti si sono visti recapitare a casa una lettera in cui gli si comunicava che il prezzo del loro abbonamento, dall’1 gennaio 2016, sarebbe aumentato di 5 euro. Insomma, i clienti storici hanno dovuto ammortizzare gli sconti concessi ai nuovi clienti. Una politica che ha fatto storcere il naso a molti iscritti, ma che si è resa necessaria per permettere a Premium di raggiungere i 2 milioni di abbonati annunciati.
A fare due conti è stato Il Sole 24 Ore: lo scorso anno, con la Champions in esclusiva iniziata a settembre e l’effetto sui conti, dunque, limitato a soli 3 mesi, Premium ha fatturato 20 milioni in più come detto. Calcolatrice alla mano, e al lordo della pubblicità raccolta dal canale pay, vuol dire che ogni nuovo cliente ha speso 100 euro. «Poco o tanto – si chiede il quotidiano economico –? Se sono nuovi abbonati “solo” con la Champions farebbe 30 euro al mese, un ricavo medio per unità decisamente notevole. Se fosse, invece, spalmato tutto l’anno, sarebbero appena 9 euro al mese».
Un continuo ritocco al ribasso. In realtà Mediaset, circa la sua pay-tv, non è andata molto nello specifico. Ha semplicemente fornito i dati (in aumento) di abbonati e ricavi. Qualcosa di più, però, si può intuire dall’importante aumento di costi operativi e ammortamenti per l’acquisto di diritti, ovvero due voci sulle quali, secondo Il Fatto Quotidiano, incidono i 239 milioni annui pagati alla Uefa per la trasmissione della Champions, le spese per la produzione delle partite e l’accordo con le major cinematografiche che ha permesso di arricchire notevolmente l’offerta di film. Nella fattispecie, i costi operativi hanno fatto registrare un incremento pari a 111,2 milioni di euro e gli ammortamenti per i diritti sono passati da 724,9 a 792,3 milioni. Aumenti che, di conseguenza, hanno tirato verso il basso l’intero ricavo del gruppo. E sono investimenti realizzati per la pay-tv, non certo per la tv generalista. A Cologno Monzese, però, si dicono ottimisti e, rispetto all’andamento del mercato delle pay-tv, Mediaset valuta i suoi dati in «controtendenza» e fa notare come «i nuovi diritti esclusivi hanno generato nel secondo trimestre 2015 una crescita del fatturato dell’11 percento speculare all’analogo calo percentuale della concorrenza pay». Tutto vero, ma è una notizia positiva? In generale sì, ma in realtà il tiro alla fune tra Sky e Mediaset per spingere gli abbonati a cambiare operatore e ottenere nuovi clienti ha causato un continuo ritocco al ribasso delle offerte che assottigliano la redditività media dei contratti.
I primi, approssimativi, dati relativi al 2016 parlano di un trend «di crescita dei ricavi generati da Mediaset Premium che nella seconda parte del 2016 dovrebbe ulteriormente incrementare la base clienti facendo leva sulla disponibilità esclusiva sia dei contenuti della Champions League sia del cinema e delle serie garantite dai deal pluriennali Warner e Universal». Tradotto: l’obiettivo resta fissato a 600mila abbonati alla fine del triennio di esclusiva Champions. Possibile, ma molto difficile, soprattutto se due delle squadre con il maggior bacino di tifo in Italia, ovvero Inter e Milan, continueranno a steccare la qualificazione alla competizione europea più importante. Un problema non da poco.
«Premium non si vende». Normale, quindi, che anche in occasione della presentazione del bilancio Mediaset 2015 ci fosse molta curiosità circa la possibile vendita di Premium al gruppo francese Vivendi, ipotesi ventilata con insistenza da più fonti autorevoli nelle scorse settimane. A smentire seccamente la notizia ci ha pensato il direttore finanziario Marco Giordani, il quale ha dichiarato: «Premium non è in vendita». Secondo Giordani, la pay-tv è un core business di Mediaset. Uscirne significherebbe affidare il futuro del gruppo alla sola tv generalista, un orizzonte troppo riduttivo per un editore e un broadcaster, nel mercato attuale. Escludere la vendita, però, non significa escludere che Mediaset sia sulle tracce di un socio. Del resto, a 8 anni dalla sua nascita, Premium ha fatto pochissimi passi in avanti, non chiudendo neppure un anno in utile. Va anche detto, però, che dal punto di vista delle pay-tv, l’Italia rappresenta una sorta di “unicum” in Europa: nessun altro mercato nazionale, infatti, vede due pay-tv concorrenti. In ogni Paese c’è, invece, una sorta di monopolio. Giordani, a denti stretti, ammette che aggregazioni e partnership sono la strada più seguita, ma dopo diversi abboccamenti avvenuti negli ultimi anni, Mediaset e Sky paiono su posizioni lontane e non certo a un passo dalla fusione.