5 grandi dell'arte e della letteratura che all'inizio sono stati rifiutati

Anche i più grandi, per quanto assurdo possa sembrare, si sono visti sbattere in faccia diverse porte prima di riuscire a trovare il giusto spazio per mostrare al mondo il proprio talento. Sovente è accaduto, infatti, che per valutazioni affrettate e scarso intuito, case editrici, musei o produttrici cinematografiche si siano lasciati scappare il contributo, artistico e naturalmente anche economico, di veri e propri fenomeni, che poi hanno concesso le grazie dei propri talenti ad altri lidi. Non vi sembra possibile? Ecco allora 5 casi straordinari che vi faranno ricredere, testimoniati dalle originali lettere con cui questi futuri uomini e donne di successo sono stati cortesemente respinti.
1) J. K. Rowling




Ha venduto più di 450 milioni di copie, fornito materiale per una delle serie cinematografiche più redditizie e di successo di tutti i tempi ed è la donna più ricca del Regno Unito nonché una delle scrittrici più influenti del terzo millennio. Eppure, per J. K. Rowling, autrice della saga di Harry Potter, le cose non sono filate lisce fin da subito, anzi: prima di trovare una casa editrice disposta a pubblicare quelle strambe storie incentrate su un giovane mago orfano ha dovuto penare parecchio. Nei primi anni Novanta la Rowling viveva in un piccolo appartamentino a Londra, senza il becco di un quattrino, abbandonata dal marito, con una figlia da mantenere e fra le mani la stesura di Harry Potter e la Pietra Filosofale, con la quale sperava di uscire da quelle difficile condizioni di vita. Ma, a quanto pareva, nessuno sembrava disposto a dar fiducia a lei e a Harry: a chi potrebbe mai interessare un fantasy del genere?
Solo nel 1997, dopo innumerevoli tentativi falliti, finalmente la Rowling trovò nella casa editrice Bloomsbury il giusto trampolino per far spiccare il volo a Harry Potter. Il fatto che soli tre giorni dopo l'uscita del primo libro l'editrice americana Scholastic abbia offerto alla Rowling 100mila dollari per ottenere i diritti di pubblicare negli Stati Uniti avrà sicuramente fatto mangiare mani e piedi a tutti coloro che in precedenza la rifiutarono...
Ma l'aspetto forse più incredibile è che, anche dopo l'enorme successo di HP, c'è stato ancora qualcuno che ha voluto rifiutare un posto alla Rowling fra i propri autori: nel 2013, sotto lo pseudonimo di Robert Galbraith, la scrittrice ha presentato il manoscritto di un nuovo romanzo, Il richiamo del cuculo, a varie case editrici, la maggior parte delle quali non hanno nemmeno preso in considerazione la proposta. Memorabile la risposta della Constable&Robinson, che suggerì all'autrice addirittura di frequentare una scuola di scrittura. Naturalmente, una volta svelato chi davvero ci fosse dietro a Robert Galbraith, Il richiamo del cuculo è volato in testa a tutte le classifiche.
2) David Foster Wallace




Rimanendo nell'ambito della letteratura, incredibile fu anche il caso del grande David Foster Wallace, autore di capolavori del calibro di Infinite Jest e Il re pallido e considerato, nonostante la non certo ricca produzione dovuta ad una prematura morte per suicidio, uno dei migliori scrittori americani del XX secolo. Ebbene, nel 1987 Foster Wallace era in cerca di una casa editrice disposta a pubblicare la sua prima opera, il romanzo La scopa del sistema; ma nessuno ne aveva la minima intenzione.
David si rivolse persino ad un trimestrale letterario, il Massachusetts Review, per tentare di farsi pubblicare il romanzo perlomeno a puntate. Dalla rivista non si degnarono nemmeno di concedergli una risposta battuta a macchina, ma gli rispedirono indietro la sua stessa lettera con una frettolosa replica scritta a mano, in cui veniva spiegato che Foster Wallace non era neanche malissimo, ma che il suo romanzo mancava di una vera storia, e che forse non era il caso di presentarlo come opera di un vero e proprio scrittore. Non certo un virtuoso esempio di intuito letterario e commerciale.
3) Andy Warhol




Nel 1956, Andy Warhol non era certo ancora Andy Warhol, ma le avvisaglie del suo straordinario talento erano già ben visibili, perlomeno a chi aveva un minimo di fiuto artistico. Cosa che, a quanto pare, mancava del tutto a chi forse dovrebbe averne più degli altri, ovvero i rettori del tempio dell'arte moderna, il MoMa di New York. Nell'ottobre di quell'anno, infatti, Warhol propose un proprio disegno, Scarpe, al MoMa, offrendolo addirittura in regalo purché venisse accettato. La risposta della Commissione giudicante del museo newyorchese fu educata ma ferma: caro signor Warhol, la ringraziamo per l'alta considerazione che ha di noi, ma decisamente non riteniamo possibile esporre la sua opera qui. Se non altro, al MoMa oggi c'è un'apposita sezione interamente dedicata a lui: con un pizzico di ritardo, ma tant'è...
4) Tim Burton




Quando era piccolino, Tim Burton nutriva un grandissimo interesse per le storie e i film per bambini, quelle in cui dominavano strane creature e avventure spensierate; e fin qui, nulla di particolare. Ma questa passione non fece altro che crescere con il passare degli anni, ed è la stessa che parecchio tempo dopo gli permise di affermarsi ad Hollywood grazie a personaggi come Edward Mani di Forbice e Jack Skellington. Ancora 18enne, Burton propose nientemeno che alla Walt Disney una storia da realizzare in versione cinematografica: si trattava delle vicende di un gigante, Zlig, di cui allegò al manoscritto anche dei disegni per far capire al meglio quale fosse la sua idea. La Disney rispose che l'idea era buona, la storia divertente e i disegni molto ben fatti; ma, purtroppo, si trattava di un impianto che ricordava troppo le storie di Theodor Seuss, famoso scrittore di favole per bambini, e quindi nulla da fare. Se alla Disney avessero avuto un po' più di elasticità nei confronti di Tim, forse, oggi avremmo un capolavoro in più.
5) Alice Munro




Chiusura dedicata alla vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura del 2013, insomma una che con la penna evidentemente ci ha sempre saputo fare. Non erano però di questo avviso quelli della Knopf Judith Jones, una casa editrice a cui la Munro propose la sua prima raccolta di racconti, La Danza delle Ombre Felici, nel 1968. Secondo questi, infatti, l'opera di Alice non era «nulla di particolarmente nuovo ed eccitante», un lavoro «trascurato e dimenticato», e la stessa autrice «non è altro che una ragazzina». Considerando che lo stesso anno La Danza vinse il Governor General's Award, il più importante riconoscimento letterario canadese, alla Knopf Judith Jones non si può certo dire che sapessero fare al meglio il proprio lavoro.