Erdogan il nuovo presidente e la deriva islamista della Turchia
Recep Tayyp Erdogan è il nuovo presidente della Turchia. È uscito vincitore al primo turno dalle prime elezioni a suffragio universale della storia del Paese con il 51,8 percento dei voti. Simbolicamente, subito dopo la vittoria, Erdogan si è recato a Istanbul per pregare nella moschea di Eyup Sultan, costruita per volere di Maometto II, il conquistatore di Costantinopoli. In questa moschea i sultani ottomani si proclamavano nuovi signori dell'Impero.
L’affluenza alle urne ha superato il 76 percento. Erdogan, esponente principale dell'islamista e conservatore partito AKP, era il superfavorito già dai sondaggi pre-elettorali. Venerato dai suoi sostenitori e odiato dai detrattori per la sua deriva autoritaria e islamista, già alla guida della Turchia da 11 anni, Erdogan è da ieri, 10 agosto, il leader turco più a lungo al potere dai tempi del fondatore della Repubblica, Mustafa Kemal Ataturk. Nonostante gli scontri di Gezi Park del 2013, quando un gruppo di ecologisti protestò contro l’abbattimento di 600 alberi finalizzato alla costruzione di un centro commerciale – pretesto per esprimere dissenso nei confronti del governo e del premier – e la manifestazione finì nel sangue. Nonostante gli scandali e gli scossoni politici, Erdogan ha stravinto. Gli altri candidati erano: l’intellettuale 70enne Ekmeleddin Ihsanoglu, scelto dalle opposizioni, che ha raccolto il 38,5 dei voti; il deputato e candidato del partito filo-curdo Hdp Selahattin Demirtas, che ha raggiunto il 9,7 percento delle preferenze.
Una carriera politica, quella di Erdogan, iniziata nel 1994 quando diventò sindaco di Istanbul e proseguita sotto una buona stella. Nel 2001 fonda il partito islamico AKP, l’anno dopo trionfa alle politiche e diventa premier. Stesso esito alle elezioni del 2007 e del 2011. Con Erdogan la Turchia è diventata la 17ma potenza economica del mondo e il reddito procapite triplica. E il suo ingresso in Europa è da tempo nell’agenda del Parlamento europeo.
«Oggi ha vinto la Nuova Turchia» ha affermato nel discorso della vittoria dal balcone della sede del partito islamico Akp ad Ankara. Con toni insolitamente concilianti, davanti a migliaia di sostenitori, Erdogan ha annunciato che per la Turchia si è aperta «un'epoca nuova», ed ha esortato il paese a «lasciare dietro a noi la cultura nel conflitto, nella Vecchia Turchia». Ma il successo del sultano di Ankara mette paura all’opposizione, che teme un’ulteriore deriva islamica e autoritaria per il Paese. Il Presidente, infatti, ha il potere di controllare il parlamento, il potere giudiziario, i grandi mass media, polizia, esercito e servizi segreti, e dominare l'economia.
La deriva islamista. Il contesto in cui la Turchia ha affrontato le elezioni non è, però, dei migliori. Nel Paese da qualche tempo si sta assistendo a una pericolosa deriva islamista. Il settimanale tedesco Die Welt stima che il 10 percento dei miliziani che combattono nella file dell’Isis per istituire uno stato islamico retto dalla sharia (la legge islamica) nelle sue forme più oscurantiste e violente arrivi dalla Turchia. Ed è in Turchia che hanno cercato riparo centinaia di profughi della comunità yazidica in fuga dai jihadisti nel nord dell’Iraq.
Una deriva, quella islamista, che mette in serio pericolo il Paese. A scapito dei successi economici che hanno triplicato il reddito procapite, quasi il 16,3 percento della popolazione in Turchia vive sotto la soglia della povertà, e questo influisce sulla possibilità di accesso alle tecnologie che permetterebbe alla gente di allargare i propri orizzonti culturali. Da un recente studio condotto dal ministero dello Sviluppo emerge che se ad Istanbul il 41.8 percento degli intervistati dichiara di possedere un computer, questa percentuale scende al 3.94 percento nell'Anatolia Sud-Orientale, dove meno dell'1 percento della popolazione povera possiede la connessione Internet nella propria abitazione. Alla nuova Turchia spetta il compito di affrontare un momento storico molto delicato, soprattutto con l’avanzata degli islamisti dell’Isis e il successo elettorale di Erdogan contribuisce a rendere il sultano di Ankara l’unico attore politico sulla scena.
«Le donne perbene non devono sorridere». Nelle scorse settimane il vicepremier Burent Arinc, islamico, aveva dichiarato che le donne perbene non devono sorridere in pubblico per preservare la loro castità. La protesta femminile all’uscita di Arnic è corsa sul web a colpi di selfie. Una valanga di volti femminili sorridenti, di tutte le età, si è riversata sui social network. Il vicepremier, però, ha rincarato la dose criticando anche le mogli che vanno in vacanza senza il marito e denunciando una pericolosa regressione morale del suo Paese, che a suo dire va quindi tutelato. Ma dietro a una risata vietata c’è ben di più. La questione è complessa e con Erdogan presidente, bisognerà vedere chi sarà il nuovo premier. Arinc è considerato uno dei possibili sostituti alla guida del governo.
La laicità del Paese è messa a dura prova. Proprio là dove, con la nascita della Repubblica nel 1923, dopo la fine dell’impero ottomano, era stata abrogata la legge islamica e introdotta la laicità dello Stato. La Turchia si è già distinta recentemente per aver intrapreso una serie di iniziative che nulla hanno a che vedere con la parità di genere e la libertà femminile. Ad Antalyia, cuore pulsante mediterraneo del turismo balneare turco, si è deciso di aprire una spiaggia per sole donne, riservata a bagnanti vestite secondo il codice di abbigliamento islamico, ma anche a tutte quelle che desiderino frequentare una spiaggia dove non ci siano sguardi maschili. Prima di questa singolare trovata, sulle coste del Mar Nero erano comparsi alcuni membri di una confraternita islamica che consegnavano volantini intitolati La donna che Allah vuole. Cioè quella che va in giro velata, che evita di stringere la mano a uomini che non conosce, che evita di uscire di casa senza il permesso del marito, che non partecipa a matrimoni dove c’è musica, che non siede da sola in luoghi pubblici. A Istanbul sono stati coperti e censurati cartelloni pubblicitari di un’azienda che produce bikini. Prima ancora, è entrata in vigore una legge sull’alcol, già vietato dalle 22 alle 6 e ora non più pubblicizzabile. Tanto che un altro predicatore si aggira per Istanbul a infastidire quanti nei ristoranti stanno bevendo alcol.