In attesa del referendum

Un resort dentro una trivella spenta? Uno splendido progetto americano

Un resort dentro una trivella spenta? Uno splendido progetto americano
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E se domenica dovessero vincere i Sì, che ne sarà poi delle piattaforme che reggono le trivelle? Queste grandi strutture al largo delle coste avranno nuova vita o semplicemente si procederà al loro costoso smantellamento? Comunque vada il referendum, è una questione che si porrà fra qualche anno, visto che di proroghe comunque non ce ne saranno più. È un problema che già in altre parti del mondo si è tentato di affrontare con soluzioni spesso ingegnose. Negli Stati Uniti, ad esempio, c’è uno studio di architetti, Morris Architects, con sede principale a Houston, dove è stato elaborato un progetto ribattezzato Oil Rig Platform Resort & Spa, che mira al recupero turistico delle piattaforme petrolifere abbandonate al largo degli Usa. Un esempio estremo di riqualificazione ambientale sostenibile.  Come spiega l’architetto che ha messo a punto il progetto, Douglas Oliver, «con una drastica svolta nella visione del petrolio, le piattaforme sono trasformate da obsolete strutture industriali in un vibrante componente dell’ecosistema della biosfera e in una nuova destinazione per i viaggiatori».

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Ovviamente per gli Stati Uniti il problema è ben più rilevante che in Italia. Al largo delle coste Usa il numero di trivelle è altissimo. Solo nel Golfo del Messico ci sono circa 4mila impianti di trivellazione del petrolio che variano in termini di dimensioni, profondità e mobilità. Ed è ancora negli occhi di tutti il disastro provocato dalla fuga di petrolio pozzo della British Petroleum nel 2010. Da questi numeri Douglas Oliver ha ricavato la sua idea avveniristica, che ha spiegato in questi termini: «Se un ponte di uno di questi impianti è di circa 6.100 metri quadrati, vi sono potenzialmente 24 milioni di metri quadrati di spazio utilizzabile appena al largo delle coste degli Stati Uniti. L'attuale sistema di rimozione delle piattaforme è l’esplosione, che costa milioni di dollari e distrugge grandi quantità di organismi marini. Cosa potrebbe succedere se fossero riconvertite in isole-resort esclusivi?». In sostanza ha immaginato degli hotel di lusso piazzati in posizione assolutamente esclusiva, cioè in mezzo al mare, e li ha ribattezzati Rig Resort. Quindi anche in Italia potremmo trovare una sorprendente nuova risorsa turistica nelle piattaforme oggi attrezzate per le trivelle.

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Oltretutto, secondo Oliver, anche il problema dell’autonomia energetica potrebbe essere risolto, grazie alle nuove tecnologie che lavorano con il vento o con il moto ondoso dell’acqua. In Italia non a caso c’è chi  ha proposto soluzioni meno avveniristiche legate proprio alla questione energetica. Le piattaforme delle trivelle potrebbero essere un supporto alle pale eoliche e permettere di installare gli impianti lontano dalle coste, dove i venti sono più forti e costanti e dove non ci sono problemi paesaggistici. Un approccio alternativo allo smantellamento e rimozione delle strutture offshore prevede il riutilizzo in loco delle piattaforme dismesse, ad esempio come barriere artificiali. È stato osservato, infatti, che molte strutture artificiali in mare aperto vengono colonizzate dalla macro fauna e da numerose specie di pesci che trovano qui un habitat idoneo alla riproduzione. Insomma, lunga (nuova) vita alle trivelle…

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