Il Premio Carlo Magno

La Merkel premia il Papa che non fa sconti all'Europa

La Merkel premia il Papa che non fa sconti all'Europa
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Non è il primo papa a riceverlo (lo prese Giovanni Paolo II ne 2004), ma certamente è il primo non europeo a essere insignito della riconoscimento più europeo che ci sia: quello intitolato a Carlo Magno, re dei Franchi, fondatore del Sacro romano impero, un sovrano da sempre considerato il primo artefice dell'Europa unita perché capace di gettare un ponte tra il passato e il suo presente. A volere questo premio fu un gruppo di cittadini di Acquisgrana, l’odierna Aachen, la città che Carlo Magno aveva indicato come capitale del continente, in quanto geograficamente posta al centro. Il premio viene assegnato a personalità particolarmente impegnate a favore della pace, dell'unità e dell'integrazione europee. Non è un premio ricco: perché chi lo vince riceve una medaglia e un riconoscimento simbolico di 5mila euro.

La novità di quest’anno però è abbastanza eclatante. Primo perché a riceverlo è un argentino che in Europa vive da poco più di due anni. Secondo, perché è un personaggio che all’Europa non fa sconti, uno che preferisce girare il mondo che andare in visita al vecchio continente “cristiano”. Uno che nei suoi discorsi si era chiesto «Dove sono oggi uno Schuman, un Adenauer, questi grandi che nel dopoguerra hanno fondato l'Unione europea?».

 

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Oggi di fronte a lui ad ascoltare il suo discorso ci sono gli eredi, Angela Merkel in testa. Bergoglio ha un’idea precisa di Europa in testa. E l’ha ribadita prima nel discorso tenuto a Strasburgo nel 2014 e ultimamente in occasione del viaggio a Lesbo. È un’idea che il cardinale Piero Parolin, segretario di Stato ha sintetizzato in questi termini: «Mi pare che papa Francesco continui a insistere che si costruiscano ponti: allora utilizzando e contrapponendo queste due immagini, quella della costruzione dei ponti e quella della costruzione dei muri, possiamo misurare tutta la distanza che c'è tra quest'ultima Europa e quella che papa Francesco sogna». Secondo Parolin c'è una «mentalità laicista» che punta a «erodere» la stessa dimensione religiosa, a «escluderla» dalla vita politica e «si trova imbarazzata di fronte al nuovo pluralismo religioso dell'Europa». Quindi «la Chiesa cattolica non chiede per sé ma chiede e promuove la libertà religiosa per chiunque. Lo Stato deve essere sempre più inclusivo e coinvolgente delle minoranze».

In sostanza papa Bergoglio ribalta tutti i parametri. E a chi rivendica le radici cristiane dell’Europa, spiega che il miglior modo di tenerle vive non è quello di arroccarsi su dei valori ma quella di aprirsi ai bisogni di chi bussa alla sua porta e di concepirsi pacificamente come un luogo di pluralismo religioso.

Il papa ha in mente un modello d’Europa, ed è quello di chi, senza fare teorie, si è prodigato nell’accoglienza dei migranti. Ha detto a Lesbo: «Tenere aperti i cuori e le porte. Tante persone semplici hanno messo a disposizione il poco che avevano per condividerlo con chi era privo di tutto. Dio saprà ricompensare questa generosità». Questa è l’Europa che Francesco ha in testa. Se non ci sono i grandi leader, meglio affidarsi all’istinto buono delle persone semplici per ritrovare l’eredità di Carlo Magno.

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