Bossetti, cos'ha detto il pm Ruggeri nella requisitoria del processo

Ha iniziato a parlare alle 9.30 di venerdì 13 maggio, seguendo le 150 pagine di appunti che ha portato con sé. Ma non è bastata neppure tutta la giornata al pm Letizia Ruggeri per la sua requisitoria, che proseguirà dunque mercoledì 18 maggio. È quanto successo nell'ultima udienza (almeno in senso cronologico) del processo nei confronti di Massimo Bossetti, l'uomo accusato dell'omicidio di Yara Gambirasio. Il procedimento penale di primo grado è ormai alle battute finali e quella del 13 maggio dovrebbe essere una delle ultime udienze. Una delle decisive, perché è quella in cui è iniziata la requisitoria del pm, quella in cui Letizia Ruggeri ha esposto alla Corte d'Assise le posizioni dell'accusa e le fasi più importanti di un'indagine che, lei stessa, ha definito «senza precedenti in Italia e nel mondo sotto l’aspetto genetico e della biologia forense». Non essendosi conclusa la rquisitoria, per sapere la richiesta di condanna per l’unico imputato per omicidio pluriaggravato, Massimo Bossetti, bisognerà attendere il 18 maggio. Con tutta probabilità la richiesta sarà l'ergastolo.
Le prime fasi dell'inchiesta. La Ruggeri ha cominciato la requisitoria elencando i capi di imputazione, specificando, oltre al reato di omicidio, la calunnia e le due circostanze aggravanti: la cosiddetta minorata difesa (per aver «approfittato di circostanze di tempo e di luogo – un campo isolato – di tempo – in ore serali/notturne – e di persona – un uomo adulto contro un’adolescente di 13 anni – tali da ostacolare la difesa») e l’aver «adoperato sevizie e aver agito con crudeltà». Quest’ultima è un’aggravante che consente di invocare la pena dell’ergastolo. Il pm ha è poi partita dall'inizio, ovvero dalle prime fasi delle indagini, quando «ci spaccammo la testa» per capire le cause della scomparsa della piccola Yara: «Ipotizzammo di tutto, dallo scambio di persona al rapimento - ha detto il magistrato - e questo lo dico perché fummo costretti ad andare a vedere il vissuto di questa ragazza. Emerse che era una ragazza normalissima, senza alcun segreto». La vera indagine, però, è cominciata col ritrovamento del cadavere nel febbraio 2011, più di due mesi dopo la scomparsa di Yara dal centro sportivo di Brembate Sopra: «Le celle telefoniche - ha spiegato il pm - sono state lo strumento a cui ci siamo affidati inizialmente. Si tratta di dati approssimativi, che indicano la zona di permanenza di un soggetto, e le celle ci hanno detto che Yara Gambirasio, fino alle 18.55 aggancia due celle diverse ma comunque tutte compatibili con la sua abitazione e la palestra. Non esistono motivi per pensare che Yara non avesse fatto la solita strada per rientrare a casa. Un primo punto fermo sulle indagini arriva, il 26 febbraio 2011, con il ritrovamento del cadavere a Chignolo d’Isola. È in quel momento che si sgombera il campo da ipotesi residuali, e che si possono avviare indagini vere».
La morte di Yara. La Ruggeri si è poi soffermata con un racconto crudo circa le cause della morte di Yara. Un modo per trasmettere alla Corte una piccola parte delle terribili sensazioni che deve aver provato la 13enne negli ultimi istanti della sua breve vita: «C’era buio, era sola, avrà provato paura e avrà provato dolore. Ha vissuto uno stress agonico prolungato». Lo dimostrano i livelli di acetone e adrenalina ritrovati nel suo corpo in misura superiore alla norma. Una vera agonia. Anche se, come sottolinea il pm stesso, quanto accaduto, nei dettagli, resta un mistero. I punti fermi sono pochi, ma certi: «La terra sotto le suole delle scarpe di Yara Gambirasio può risultare compatibile con un camminata sul campo. Le lesioni da contusione e quelle da taglio, inoltre, presentano comunque fuoriuscite di sangue». Sono quindi state inferte su un corpo ancora «irrorato - specifica il pm -. Si può quindi pensare che la vittima sia stata colpita quando era ancora viva. D’altra parte il corpo non presenta ferite da difesa di alcun tipo. Ed è quindi presumibile che Yara Gambirasio, benché viva, mentre veniva colpita non fosse in grado di reagire». Una morte, dunque, giunta per «ipotermia e lesioni». La Ruggeri lo ha affermato per sottolineare come «chi ha ucciso Yara Gambirasio si è accanito». Per questo a Bossetti è contestata anche l’aggravante delle sevizie e crudeltà.
Il Dna e le prove. Prima della pausa pranzo, il pubblico ministero ha parlato a lungo del Dna rinvenuto sul corpo di Yara, concentrandosi sui prelievi fatti durante l’indagine per risalire al colpevole dell’omicidio. La Ruggeri ha detto che il fatto che non si sia potuto stabilire con certezza se la traccia da cui fu estratto fosse sangue non «inficia il risultato identificativo». Poi ha spiegato come si è arrivati al Dna di "Ignoto 1", che le indagini hanno poi abbinato a quello di Massimo Bossetti. Il pm ha illustrato nel dettaglio il procedimento grazie al quale si è arrivati all’identificazione del muratore con il presunto omicida e ha sottolineato come questo modo di procedere «sgombera il campo dall’idea di voler trovare a tutti i costi un colpevole. La bontà di questo percorso scientifico è data dal fatto che il confronto del Dna è stato fatto ad un uomo nato e cresciuto in queste zone, che lavora nell’edilizia, nato a Clusone, che ha avuto la residenza a Brembate con lavori sempre svolti in zona. Si è partiti da un Dna che non si conosceva, abbiamo fatto dei riscontri. Se non avessimo avuto il Dna questo soggetto non sarebbe mai stato trovato. Non sapevamo chi fosse, non era un sospettato, il suo Dna non è mai stato raccolto». A parere della Ruggeri, dunque, «non vi sono spazi di discussione per quanto riguarda la validità del lavoro scientifico svolto dal Ris e dai consulenti».
Le prossime fasi del processo. Come detto, dunque, l'udienza del 18 maggio sarà ancora dedicata all'accusa e il pm Ruggeri concluderà la sua requisitoria. Successivamente sarà la volta degli avvocati Enrico Pelillo e Andrea Pezzotta, legali dei genitori di Yara, Fulvio e Maura Panarese, e della sorella maggiore Keba. L'ultima udienza, che doveva essere venerdì 20 maggio ma dunque slitterà, darà spazio alle arringhe dei difensori di Bossetti, Paolo Camporini e Claudio Salvagni. Cosa deciderà la Corte d’Assise, presieduta dal giudice Antonella Bertoja, si saprà a giugno. La data al momento più probabile per la sentenza è dopo il 10 giugno.