La lezione di Tancredi Bianchi

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Lunga vita al professor Tancredi Bianchi, “vecchio saggio” e una delle menti più lucide sul sistema bancario italiano. Giovedì scorso ha scritto un breve articolo sul Corriere in merito alle polemiche scaturite dal sostegno dichiarato da Letizia Moratti a Stefano Parisi, candidato sindaco di Milano. La Moratti - che di Milano ha rivestito il ruolo di primo cittadino -, recentemente è stata nominata presidente del Consiglio di gestione di Ubi e dieci parlamentari del Pd, fra i quali i bergamaschi Misiani, Sanga, Carnevali e Guerini, hanno pensato bene di “denunciare” l’inopportunità del fatto che l’ex ministro, secondo loro troppo schierata politicamente, presieda il governo della quarta banca italiana. «Torna la stagione degli intrecci», hanno scritto i deputati a Moltrasio (sorveglianza Ubi), Visco (Bankitalia) e Padoan (ministro del tesoro), prestando il fianco alla facile replica del leghista Belotti sintetizzabile in una battuta: «Da che pulpito».

La schermaglia è proseguita e, per la verità, il livello non è eccelso. Lo è invece il breve scritto di Bianchi, che con la sua prosa elaborata, ha riportato la questione direttamente a un piano superiore. La frase da incorniciare è questa: «Chi conosce il galateo trova naturale applicarne le regole». Ovvero, la signora Moratti è una donna delle istituzioni, che sa il fatto suo e lo ha dimostrato in molte circostanze. Una difesa dell’ex ministro in punta di fioretto che tuttavia va dritta al cuore del problema.

E per far capire qual è il punto Bianchi utilizza una parola fuori moda, ma che rende perfettamente l’idea: “slealtà”. «Vi sono affermazioni inesatte, atte a generare reazioni emotive in chi le recepisce e altresì a fare credere gravemente scorretto il comportamento di certe persone, fino a insinuare il dubbio che la propensione di esse alla slealtà possa ripetersi in altre forme e in altre situazioni». Meraviglioso.

Perché quando si dice a priori che la Moratti o qualunque altra persona – qualunque – non può essere imparziale solo perché politicamente o ideologicamente non la pensa come noi, si offende il soggetto in questione e pure l’intelligenza. Purtroppo è un pregiudizio comune, e non solo fra i politici. Pur avendo svolto ruoli importanti in politica, la signora Moratti, già presidente Rai e ministro dell’Istruzione, non è, per così dire, “nata in politica” ed era stata scelta a suo tempo proprio in forza delle sue competenze manageriali. Dopo gli incarichi istituzionali è tornata al suo lavoro. La questione, insomma, è il valore della persona e la sua competenza, non le sue preferenze politiche. Fin che continua a pensare il contrario, la politica difficilmente uscirà dal buco in cui si è infilata.

Bianchi offre anche una serie di ragioni per le quali è sbagliato mettere in discussione Letizia Moratti, la prima delle quali è che il sostegno a Parisi «è accaduto prima che la signora fosse designata a presiedere il consiglio di gestione di Ubi», ma poi ci sono la sua educazione ed esperienza concreta di attenzione all’interesse generale (Expo è soprattutto merito suo), per finire col fatto che le proposte operative di un gruppo bancario come Ubi spettano all’amministratore delegato e non al presidente del Consiglio di gestione.

«Non vi è da temere nulla per Ubi», conclude il professore. Certo, occorre sempre vigilare, perché sono molti i comportamenti che minano alla radice la salute e lo sviluppo delle banche. Ed anche giusto far notare che Bergamo ha sempre avuto una tradizione di separazione fra l’ambito finanziario e quello politico. Ma come l’esperienza ha dimostrato negli ultimi anni in tante situazioni, le «commistioni improprie e inopportune» esistono anche indipendentemente dalla politica. Questione di persone e di galateo, appunto.

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