Lenta morte della rosa di Damasco Simbolo di una Siria agonizzante

È considerata la regina di tutte le rose, un fiore antichissimo, formato da trenta petali che sprigionano un profumo inebriante. Maggio è il suo mese, fiorisce e i suoi boccioli vengono raccolti rigorosamente a mano e fatti essiccare, oppure spremuti per ricavarne un raffinatissimo olio essenziale. È la rosa di Damasco, o rosa damascena, che in Siria, a causa della guerra, e di una forte siccità, sta scomparendo.
Il crollo della produzione. Le terre coltivabili sono circa il 50 percento di quelle disponibili prima della guerra, e si è passati da una produzione di 80 tonnellate del 2010 alle 20 dello scorso anno. Per ottenere un chilo di olio essenziale servono dalle 3,4 alle 5 tonnellate di petali, e oggi in tutto il sud di Damasco si trovano si e no 250 grammi di olio.
L’allarme, raccolto dal Daily Mail, arriva dai contadini, proprio mentre nel villaggio di Al Marah viene inaugurato il Festival della rosa Damascena. Il paese, situato di poco a nord di Damasco, è considerato la patria di questo fiore, perché tutti i suoi abitanti partecipano alla raccolta che dura 20 giorni. Prima della guerra, era meta obbligata per quei commercianti libanesi che arrivavano in Siria per comprare i petali da esportare in Europa. Ne acquistavano a decine di tonnellate. Poi, gran parte dei campi in cui venivano coltivate le preziosissime rose, principale fonte di reddito di Al Marah, sono andati distrutti da combattimenti tra le forze fedeli ad Assad e i ribelli e con essi l’intera economia del villaggio e della zona circostante. Un contadino 80enne, che ha trascorso la sua vita a raccogliere i petali della rosa damascena, confida al Daily Mail di essere convinto che le rose «non fioriranno finché la guerra non sarà finita».
Tanti sono gli abitanti che hanno lasciato il villaggio e la guerra ha cancellato l'annuale festival dedicato alla rosa. Ma la tenacia dei pochi abitanti rimasti, unita al bisogno di propaganda del governo dopo che ha cacciato i ribelli dalla zona, ha permesso di tornare a organizzare la manifestazione, che prevede anche performance artistiche e onorificenze a quei contadini che tengono duro e continuano a coltivare la rosa.
Elisir di giovinezza fin dai tempi antichi. La tradizione di esportare i petali della rosa risale all’epoca delle crociate. È da lì che è stato possibile conoscere anche in Europa la bellezza del fiore, il suo profumo intenso e persistente che ha ispirato poeti e pittori. Grazie alle sue proprietà benefiche e ai suoi poteri curativi – è un elisir di giovinezza per la pelle, soprattutto quella sensibile – è un fiore ricercatissimo e assai prezioso. Il suo olio, oltre a combattere le infezioni, è un ottimo rimedio contro la depressione ed è in grado di allontanare lo stress e favorire l’autostima. Inoltre, l’acqua di rose è uno degli ingredienti più apprezzati in tutto il Medio Oriente per aromatizzare dolci e bevande. Tutte qualità che nel corso della millenaria storia di questo fiore sono emerse e hanno attirato l’interesse delle grandi civiltà, dai persiani agli egizi, dai greci ai romani.
Fiore simbolico, anche nell’agonia. Nei secoli, grazie alle esportazioni, si è imparato a trovare terreni e climi adatti alla coltivazione della rosa di Damasco anche in Bulgaria, Francia, Marocco, Iran e Turchia, ma i petali che arrivano da Damasco sono sempre stati tutta un’altra cosa, e posseggono un alto valore simbolico. Così come è simbolica oggi l’agonia della rosa di Damasco, che diventa segno di un Paese e di un popolo che sta lottando, da più di cinque anni, contro una guerra che ha causato oltre 270mila morti e milioni di rifugiati.