Le accuse ai Carabinieri di Zogno che si sarebbero intascati 5mila €

Dopo mesi e mesi di battaglie burocratiche, è entrato nel vivo martedì 7 giugno il processo nei confronti di un gruppo di Carabinieri di Zogno accusato di una serie di reati, dall’abuso d’ufficio alla rivelazione di informazioni riservate. Per essere precisi, gli indagati della maxi inchiesta condotta su una presunta serie di reati che vanno dalla corruzione alla truffa, dalla rivelazione di segreti d’ufficio all’omessa denuncia e al peculato, sono 43. L’indagine si è rivelata complessa e variegata ed è stata condotta prevalentemente tramite intercettazioni telefoniche. Tra i vari filoni processuali, anche quello che vede coinvolti 13 imputati e nel cui quadro si è svolta l'udienza del 7 giugno.
La testimonianza dello spacciatore. A presentarsi sul banco dei testimoni è stato Stefano Sorci, 29enne di Gorle condannato per spaccio. Il giovane fu arrestato nel 2010 in un agriturismo di Villa d'Almè, dove alloggiava sotto falso nome. Le forze dell'ordine, dopo aver fatto irruzione nella sua stanza, avevano trovato e sequestrato un etto di hashish, 57 francobolli imbevuti di Lsd, 40 pastiglie di anfetamina, 11 grammi di cocaina, altri tipi di droghe sintetiche e diverso denaro contante. Stando al verbale redatto dai Carabinieri intervenuti quella sera al blitz, 1.580 euro. Stando invece allo spacciatore, 6.530 euro. Sorci, dunque, accusa i militari di aver fatto sparire circa 5mila euro, dichiarando poi nel verbale soltanto una parte del denaro contante trovato nella sua stanza. Per questo specifico capo d'imputazione, ovvero peculato e falso, l'unico dei Carabinieri sotto accusa è Vito Cavallo, all'epoca dei fatti comandante del nucleo operativo radiomobile di Zogno.
Il pm Fabrizio Gaverini vuole vederci chiaro e per questo ha chiamato sul banco degli imputati lo spacciatore 29enne, che ha esposto al collegio presieduto dal giudice Antonella Bertoja la propria versione dei fatti: «Era rientrato in stanza, e dal bagno sono uscite due persone che mi sono saltate addosso. Temevo volessero rubarmi la droga, poi ho scoperto che erano Carabinieri. Hanno sequestrato la droga e i soldi. Li avevo contati, erano 6.530 euro, ma sul verbale ne sono stati segnalati solo 1.580. Quando l'ho letto, ho chiesto: "Siete sicuri? Non manca qualcosa?". E loro mi hanno detto di no, che c'era tutto. Non volevo firmare, ho anche fatto chiamare il mio avvocato all'una e mezza di notte. Poi, però, ho avuto paura di mettermi contro i Carabinieri e ho raccontato al magistrato (che era insospettito da una così "scarsa" quantità di denaro contante a fronte della gran quantità di droga rinvenuta nella stanza, ndr) che avevo nascosto altri soldi in un campo. Il pm, però, mi ha detto che la mia versione non era credibile e siccome non volevo farmi ancora più anni di galera, ho raccontato la verità». Una testimonianza che Gaverini ritiene credibile, mentre gli avvocati della difesa hanno sottolineato come non si possa ritenere Sorci un testimone attendibile.
I dubbi e le intercettazioni. La versione dello spacciatore, però, è in parte confermata dalla donna delle pulizie dell'agriturismo, che fece scattare l'operazione. La donna, infatti, mentre ripuliva la stanza, si accorse che qualcosa non andava. Anche lei il 7 giugno ha raccontato la sua versione dei fatti in aula: «Il ragazzo doveva lasciare la struttura e la proprietaria mi aveva detto di mettere vestiti ed effetti personali del giovane in un sacco. Quando ho aperto i cassetti, ho visto un mucchio di banconote molto alto e alcuni pacchetti strani. Mi sono impaurita e ho avvertito i miei datori di lavoro». Molte banconote, dunque. Una descrizione dei fatti che, secondo il pm, sottolineerebbe come la quantità di denaro presente nella stanza fosse decisamente superiore a quella riportata nel verbale redatto successivamente da Cavallo. Non è la prima volta che, nell'ambito della maxi inchiesta, spunta un caso di questo tipo: più o meno nello stesso periodo, secondo l’accusa, in un verbale erano stati indicati quantitativi ridotti di eroina e sigarette sequestrate rispetto alla merce acquisita dagli stessi Carabinieri.
L'episodio raccontato dallo spacciatore, però, rischia di non essere chiarito. Nell'ambito della stessa udienza del 7 giugno, infatti, è stata nuovamente tirata in causa la questione dell'utilizzabilità delle intercettazioni che hanno dato il via al procedimento. Come racconta L'Eco di Bergamo, secondo l'avvocato difensore di Cavallo le intercettazioni «sono state disposte per un certo tipo di fatti e sono continuate anche se poi sono emerse altre risultanze investigative. La Corte d'Appello ha individuato due tronconi d'indagine separati e ha stabilito che questo non ha nulla a che vedere con il primo, per il quale erano state disposte le intercettazioni. Che, dunque, sono inutilizzabili». Il pm ha ribattuto sottolineando come, invece, nei vari decreti autorizzativi delle intercettazioni, erano state prospettate anche altre ipotesi di reato, concernenti pure quelle legate a questo filone processuale. Il collegio s'è riservato di decidere entro la prossima udienza, fissata per il 14 giugno.