L'Italia non piace ai consumatori Siamo quintultimi a livello europeo

Quando arriva questo tipo di dati e classifiche, per l’Italia è quasi sempre una scoppola. Stiamo parlando in questo caso del Quadro di valutazione 2016 sul mercato al consumo reso noto in questi giorni. Tali indagini vengono pubblicate dal 2008 e annualmente forniscono una panoramica sul funzionamento (o meno) del mercato per i consumatori dell’UE, al fine di aiutare i governi a individuare le criticità e porre quindi dei rimedi. Il quadro si divide in 42 diverse categorie, di cui 13 riguardano i beni e 29 i servizi; utilizza per la valutazione l’indice MPI (Market Performance Indicator), che tiene conto di svariati aspetti, dalla fiducia del consumatore alle sue aspettative, dalla varietà nella scelta alla frequenza dei disguidi e dei reclami (merce difettosa, ritardi nelle consegne). Un termometro quindi molto affidabile e utile per capire la qualità del nostro mercato.
Ad un primo sguardo, i dati riguardanti il nostro Paese segnalano due grosse questioni. Da una parte che l’Italia è un paese in ritardo rispetto all’Europa, in quasi tutti i settori; dall’altra, che negli ultimi anni ci sono stati dei passi in avanti, visto che quasi tutte le voci segnano un aumento nel punteggio rispetto alle precedenti indagini.
Quintultimi. Il valore medio totale tra tutte le categorie ci consegna un risultato impietoso, quasi scioccante: siamo al quintultimo posto tra i 28 Stati membri, dietro di noi solo Spagna, Polonia, Bulgaria e Croazia. Il nostro punteggio complessivo è 77.1, ben 2.7 punti al di sotto della media dell’Unione (79,3). Per quanto riguarda le due macro-aree di indagine, nel campo dei beni ce la caviamo un pochino meglio e con 81.0 siamo “solo” a meno 1.4 dalla media. Malissimo, com’era tristemente prevedibile, il settore servizi: con un valore medio di 75.3 siamo molto lontani dal resto d’Europa, che si attesta sui 78.6 punti. Siamo tra gli ultimi tre Paesi dell’Unione in ben sei categorie di servizi.
Dove siamo messi male. Un’indagine rigorosa come questa non fa altro che confermare quelle che sono le voci e le lamentele più diffuse tra la gente comune. In questo senso, le persone colgono molto bene le criticità del Paese, anche senza indice MPI. Le cifre sono davvero preoccupanti: nella categoria “Tram, local bus, metro, and underground services” siamo a meno 11.4 rispetto agli altri stati, in sostanza giochiamo in due campionati differenti. Tanto per farci del male, il punteggio della Germania è 84.6, quasi venti punti sopra di noi; ma anche la Grecia ci dà 12 punti di distacco (78.5) e la Spagna 9 (75.1).
Altro tasto dolentissimo riguarda la fornitura d’acqua (68.0 pt), che ci vede a meno 7.8 punti dalla media. Questo particolare settore ha avuto un tracollo nel 2010/11, probabilmente legato alle privatizzazioni che hanno comportato aumenti spesso monstre dei costi in bolletta. E poi i treni, come sanno i molti sventurati pendolari: con 68.5 siamo a meno 7.7 dall’Europa, ma qualcuno aveva dei dubbi? Per non parlare delle poste (72.3, meno 7.2 dalla media UE) e della tanto giustamente vituperata benzina: lo sanno anche i muri che paghiamo ancora le accise per la guerra d’Etiopia. Con 74.7 siamo distanti 6.2 lunghezze dalla locomotiva europea.
Servizi, questi sconosciuti. Allargando lo sguardo a una visione complessiva, il settore dei servizi del nostro Paese fa proprio spavento: non c’è una sola categoria nella quale stiamo sopra la media. Alla meno peggio facciamo un meno 0.3 negli alloggi per vacanze. Un'assurdità, perché con il nostro potenziale turistico dovremmo avere degli alberghi di primo livello. Dello stesso tenore la categoria vacanze e visite organizzate; siamo a meno 0.3, non un dramma, ma dovremmo essere a più 2, come minimo. C’è poi un’altra categoria che fa riflettere molto: quella dei bar e ristoranti. L’Italia, famosa nel mondo per la sua cucina, sta sotto di 1 punto pieno rispetto all’Europa anche in quello che dovrebbe essere il suo forte. È inaccettabile. Una forte incidenza sulle valutazioni l’hanno i prezzi; come riporta La Stampa, se in Europa un bene costa 100 euro, da noi può costare dai 101 ai 107, a seconda che sia durevole o meno.
Dove ci salviamo. E quindi, c’è qualcosa da salvare? Poco, ma qualcosa sì. Le uniche due categorie nelle quali stiamo sopra la media europea sono quella dei prodotti ITC (la tecnologia) e quella dei libri, giornali e quotidiani. Ma sono margini davvero minimi: + 0.2 per la tecnologia e + 0.1 per l’editoria. Insomma, al nostro meglio facciamo sostanzialmente un risultato nella media. Apre forse una prospettiva migliore un altro tipo di analisi: quella sull’andamento rispetto agli anni passati. In buona sostanza, ci stiamo migliorando in tutto, rispetto al 2013: servizi elettrici + 6.4, servizi bancari + 6.3, treni + 6.1 (effetto alta velocità?). Migliora anche il settore carburanti (+ 5.3), che pure è tra i peggiori rispetto alla media UE. La sensazione quindi è quella di un paese ancora in ritardo rispetto ai cugini europei, che ha accumulato nei decenni profondi ritardi, ma che negli ultimi anni ha aperto gli occhi e ha iniziato a darsi da fare per colmare le gravi lacune.