Ecco i sette film davvero imperdibili tra i presentati e premiati a Venezia

La 73esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia è stata forse la più seguita in assoluto dai media. Recensioni di film, video dei divi sul red carpet che fanno selfie coi fan, interviste ad attori e registi più o meno noti, commenti agli abiti e considerazioni sulle assegnazioni dei premi. Ma il surplus di informazioni può anche aver disorientato: come gestire così tante notizie su così tanti film? Proviamo allora a fare una selezione, concentrandoci, almeno in un primo momento, sulle opere più interessanti e discusse. Ci sarà poi il tempo per approfondire anche quelle meno note, dato che in molti casi non si sa nemmeno la data di distribuzione in Italia dei film.
La La Land
Ha aperto magnificamente la rassegna. Emma Stone e Ryan Gosling hanno incantato tutti in questo nuovo capolavoro annunciato di Damien Chazelle, il regista di Whiplash. Il Guardian gli ha assegnato 5 stelle su 5, così come il Telegraph; Emma Stone ha vinto la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile. Secondo il critico di Wired Gabriele Niola, questo film può puntare forte ai prossimi premi Oscar: «I due protagonisti ballano, cantano e si amano come fossimo negli anni ’50 in un film modernissimo per linguaggio, ritmo e visione di mondo». Verrà distribuito in un numero limitato di sale a partire dal 2 dicembre, per poi avere una più estesa diffusione dal 16.
Jackie
Larraín non sbaglia un colpo. A questo giro si aggiudica il Mouse d’Oro, il premio assegnato tramite la votazione di 80 siti di critica cinematografica. Il regista cileno aggiunge alla sua filmografia un nuovo, prezioso, tassello. Il suo settimo lungometraggio parla degli USA e più precisamente della moglie di John Fitzgerald Kennedy. Un biopic insolito, incentrato sui tre giorni successivi all’assassinio di JFK, visti dagli occhi della first lady. A interpretare Jacqueline Kennedy è una Natalie Portman all’altezza di una parte non facile.
El Ciudadano Ilustre
Duplice regia argentina, di Mariano Cohn e Gastón Duprat. Lo straordinario protagonista 67enne Oscar Martínez ha vinto la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile; il personaggio che interpreta è uno scrittore, vincitore del Nobel per la letteratura, fuggito ventenne dal suo paese natio, Salas, senza più tornarci per 40 anni. Quando la sua città gli riconosce la massima onorificenza, egli si decide a ritornare, intraprendendo così un viaggio nel cuore dei suoi ricordi e anche delle sue opere. Ma si riaccenderanno anche antichi rancori, perché in fondo «Nessuno è profeta in patria», come ha ben sintetizzato Movieplayer.
Arrival
Uno dei nomi in grande ascesa nel cinema degli ultimi anni. In questo 2016 Denis Villeneuve si è preso una fetta di celebrità durante la notte degli Oscar, grazie alle tre candidature del suo film Sicario. Ormai il regista canadese si sta facendo un nome e Arrival rappresenta il suo primo approdo al genere fantascientifico, prima della difficilissima sfida con il seguito di Blade Runner, atteso per il 2017. La vicenda riguarda l’ennesimo arrivo degli alieni, ma a quanto dicono i critici pare che l’approccio sia quello giusto: il Corriere della Sera ha parlato di un «Nuovo modo di pensare agli alieni», citando poi Niola di Wired: «Siamo nel pieno di un mutamento profondo della fantascienza al cinema. Da che era un genere avventuroso oppure filosofico, negli ultimi anni sta diventando qualcos’altro, gli eroi non sono più avventurieri ma scienziati (e non scienziati/avventurieri) in film che si appassionano e fanno appassionare all’esplorazione e alla comprensione dell’ignoto. Arrival è un film sulla difficoltà nel comprendere gli altri e su quanto paura ci metta ciò che non capiamo. Uno in cui l’arma dell’eroe non è il suo ardore ma la sua testa, la maniera in cui è meno spaventato degli altri perché possiede più conoscenza degli altri». Il 24 novembre noi correremo in sala.
The Woman Who Left
Il vincitore, l’illustre sconosciuto. Il regista Lav Diaz, un Carneade che presto tutti fingeranno di conoscere approfonditamente. Si tratta del primo film filippino a vincere il Leone d’oro al miglior film. Come ha raccontato Il Post, i tratti più evidenti sono la durata (quasi 4 ore) e la forma, caratterizzata da lunghe inquadrature fisse e dall’uso del bianco e nero. La vicenda è ambientata nel 1997 e riguarda un’insegnante filippina, che dopo 30 anni di prigione per un crimine non commesso, decide di andare alla ricerca del vero colpevole. I giornalisti si sono trovati sostanzialmente in accordo con la scelta della giuria: Guy Lodge di Variety ha speso parole importanti nel recensire il film, prima della vittoria: «Alternando profondi colpi di chiaroscuro, nei luoghi con le ragnatele in cui vive la protagonista, e inquadrature più candide e semi-sfuocate, nei momenti in cui la sua storia va avanti, il regista non lascia che nemmeno un’inquadratura sembri essere stata fatta in modo sbadato o senza un chiaro significato».
Voyage of Time
Non molto apprezzato dalla critica, ma ugualmente imperdibile, è l’ultimo lavoro di Terrence Malick. Si tratta di un progetto quarantennale, annunciato nei primi anni Settanta con il titolo provvisorio Q. Rappresenta la realizzazione di uno dei grandi sogni di Malick, cioè raccontare le origini della vita sulla Terra. 14 miliardi di anni condensati in 90 minuti che rappresentano «Una specie di poema scientifico filosofico dai risvolti mistici e perfino mitici. O almeno vorrebbe esserlo» (Francesco Boille su Internazionale). Stando al racconto di chi l’ha visto, il film intreccerebbe una trama scientifica alla dimensione ancestrale e divina, inimicandosi potenzialmente sia i fedeli della scienza sia i creazionisti. Cate Blanchett racconta tutto con un tono intimo, per suscitare l’emozione tipica dell’incanto fanciullesco. Ma per alcuni è una scelta limitante. Una cosa è certa; se può interessarvi, immagini così belle vanno gustate sul grande schermo.
The Young Pope
Infine, una serie tv. L’ultimo lavoro di Paolo Sorrentino è stato abbondantemente raccontato negli scorsi giorni. Vede Jude Law protagonista, nei panni di un giovane papa: Lenny Belardo/Pio XIII, il primo pontefice americano della Storia. Alla Mostra sono stati proiettati i primi due episodi; la serie completa andrà in onda su Sky Atlantic a partire dal prossimo 21 ottobre. Le recensioni sono state generalmente molto positive; i critici americani non hanno esitato a definirla come una delle migliori serie tv degli ultimi anni, mentre il britannico Nicholas Barber ha esultato su Twitter: «Alleluja. L’unica cosa sbagliata nei primi due episodi di The Young Pope è che non posso vedere subito il resto. Capolavoro». Diversi giornalisti hanno citato tra le serie affini Game of Thrones e House of Cards, mentre a Peter Bradshaw del Guardian ha ricordato a tratti le parti comiche di Habemus Papam, di Nanni Moretti.