Da un articolo di Vulture

Un libro spiega perché i Simpson sono lo show tv migliore di sempre

Un libro spiega perché i Simpson sono lo show tv migliore di sempre
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28 stagioni in 28 anni per un totale di 618 episodi; basterebbero queste semplici informazioni per capire l’importanza storica di uno show come I Simpson. Ma nell’epoca d’oro delle produzioni televisive, potrebbe non bastare la longevità; bisogna capire più a fondo perché sono i migliori. Qualcuno ha pensato bene di scrivere un libro sull’argomento, cioè su quali siano i 100 programmi tv più belli e importanti di sempre, da quando esiste questo rivoluzionario apparecchio. Gli autori sono Matt Zoller Seitz, critico di Vulture, e Alan Sepinwall di HitFix; il libro si chiama TV (THE BOOK) e contiene svariati saggi dei due giornalisti. Al primo posto troneggia l’opera di Matt Groening; il sito Vulture ha riportato la porzione di libro che spiega perché.

«I Simpson sono così ambiziosi, intimi, classici, sperimentali, di tendenza, banali, e del tutto liberi nel loro convincimento che l’immaginazione debba andare dove vuole, che per spiegare tutte le cose che rappresentano ci vorrebbe una mappa concettuale grande come un campo da calcio». Per i due autori, I Simpson sono quasi impossibili da spiegare, perché i collegamenti interni sono talmente fitti che arrivano a contenere un coacervo di riferimenti e chiavi di lettura.

 

 

Telespalla Bob come esempio di personaggio.  Gli autori fanno l’esempio di Telespalla Bob, in una sequenza dell’episodio Il promontorio della paura della stagione 5. Telespalla calpesta otto rastrelli di fila in meno di trenta secondi: si tratta di un vero e proprio monumento alla comicità e contiene l’intero spettro dell’umorismo della serie, condensato in una breve scena. C’è lo strato più basico, quello in forma slapstick; un rastrello che finisce in faccia a un personaggio fa ridere.

Ma c’è di più: è allo stesso tempo un grande esempio di eccesso comico, di ripetizione e accumulo esagerato di un medesimo schema. Questo tipo di comicità è diverso, si basa sull’oltrepassare i limiti, come faceva Jonathan Winters in Questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo oppure Stanlio e Olio quando cercavano ripetutamente di portare un pianoforte su per le scale ne La scala musicale. È anche humor concettuale: di solito una gag fa ridere sempre meno, ogni volta che la si ripropone, finché si arriva a non ridere più. Ma la perseveranza nel reiterarla diventa a sua volta elemento di comicità e quindi lo spettatore ride di nuovo, ma per un motivo diverso, obliquo (I Griffin ne fanno da sempre un uso sistematico).

C’è infine la dimensione del personaggio, con una filigrana filosofica: per tutto il tempo Bob tenta di catturare la sua nemesi, Bart Simpson, ma non ci riesce mai e questa serie di rastrelli in faccia non è altro che la rappresentazione del suo stato “ontologico” perenne. E ogni colpo (con relativo verso gutturale di rabbia) conferma la paura segreta di Telespalla, cioè che egli si riveli per quello che è, un clown senza successo. È l’ennesima buccia di banana. Questa gag di 30 secondi cristallizza tutto ciò che è Telespalla in relazione al mondo Simpson. E non è nemmeno un personaggio principale; cercate di immaginare tutta questa ricchezza di contenuti, moltiplicata per le decine di personaggi della serie. «Potremmo scrivere un paragrafo corposo come questo per ognuno di essi».

 

 

Più di tutti, meglio di tutti. In 28 stagioni, questo show è andato a parare su tanti e tali argomenti che nessuno può più raggiungerlo: più attualità, più dislocazioni geografiche, più battute su più soggetti, e nel suo momento migliore (stagioni 3-12) ha fatto tutto ciò con più qualità di chiunque altro. Ha pure attinto a un ampio serbatoio di emozioni, legato all’ambito familiare; le dinamiche complesse tra moglie e marito, fratello e sorella, padre e figlia; ma anche tra studente e insegnante, tra studenti e bulli, tra preside e docente. Non si può definire un genere per I Simpson, perché hanno portato avanti una metamorfosi continua negli anni. Iniziata come sitcom sostanzialmente comica, ben presto si è evoluta, sia nella comicità più estrema, sia nelle fioriture strutturali più ambiziose; i riferimenti alla cultura pop sono diventati ben presto onnipresenti.

Ad esempio il finale della quarta stagione (Lo show di Krusty viene cancellato) condensa una serie di citazioni e richiami davvero sorprendente: dagli show di gioco degli anni Settanta al giornalista-celebrità degli anni Cinquanta, fino alla mania degli anni Ottanta per le commedie sui nerd. Ma anche il luogo comune del Presidente che non lascia la sua casa durante una calamità e una serie di riferimenti a Judy Collins, Joey Bishop, Elvis Presley, Howdy Doody, l’animazione dell’Est Europa durante la Guerra fredda; e poi una parodia della puntata d’addio del The Tonight Show di Johnny Carson e il cameo dei Red Hot Chili Peppers, con richiamo a quando Ed Sullivan chiese ai Doors di cambiare una riga di Light My Fire.

 

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Anche tanti sentimenti. Nonostante il groviglio di citazioni e virtuosismi nelle sceneggiature, I Simpson hanno saputo portare avanti anche degli argomenti più intimi ed emotivi. Le convinzioni di Bart, ch si sente adulto a 10 anni; la malinconia di Lisa, che teme di non riuscire ad appartenere a un luogo e a un gruppo; le frustrazioni di Marge, che deve sempre fare la parte del genitore responsabile. E poi Maggie, che pur senza parlare emerge come il membro più saggio e duro della famiglia. Homer è il cuore comico dello show: rappresenta la psiche del maschio americano portata all’eccesso: dolce, ben intenzionato, ma anche egoista, goloso, impulsivo e fiero della sua ignoranza. Per quanto ripugnante ed idiota possa essere, rappresenta anche molti desideri nascosti di tutti. La galleria di personaggi poi è infinita e apre finestre sui più svariati argomenti: dal signor Burns al sindaco corrotto Quimby; Boe e la sua taverna; Jeff l’uomo dei fumetti; l’incompetente comandante Winchester; Disco Stu, Tony Ciccione e infiniti altri.

 

https://youtu.be/SR8WWFzrZAg

 

Non più soltanto uno show. I Simpson, come soltanto un paio di altri programmi, hanno superato ormai lo schermo tv; non sono più solo uno spettacolo, sono un punto di riferimento costante, un’istituzione, uno strumento di utilità che tutti fruiscono e danno per scontato. Non si può nemmeno immaginare un mondo senza Homer e famiglia. L’opinione secondo la quale ormai abbiano perso la loro brillantezza è ritenuta ingiusta dai due critici: chi in 30 anni non ha mai attraversato momenti di flessione? E poi, ogni volta che li si dà per finiti, sfornano nuovi episodi pieni di invenzioni e fantasia, come quello del 2014 in condivisione con I Griffin. La gag del divano è un gioiello ulteriore in questo tesoro sterminato e nelle stagione recenti ha avuto sviluppi spettacolari, come quello animato da Don Hertzfeldt e ambientato nel 10.535. E per il futuro, una fine non sembra ipotizzabile: le innovazioni e i cambiamenti sono stati tanti e tali che ormai si possono immaginare i Simpson anche senza Groening e gli altri autori storici. «Nessuno show dovrebbe durare 800 stagioni; ma se uno può farlo, quello è I Simpson».

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