Supermario dal Milan al Liverpool

Balotelli e altri matti di genio

Milan e Liverpool hanno trovato un accordo per la cessione di Mario Balotelli a titolo definitivo.

Balotelli e altri matti di genio
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Robin Friday arrivava al campo zuppo di birra stout, di birra scura, con il fegato marcio e gli occhi iniettati di alcol. Magari mancavano dieci minuti alla fine di una partita, ma lui in campo ci voleva entrare lo stesso e andava a finire che il gol della vittoria lo segnava da sbronzo. A vent'anni lavorava in fabbrica. A ventiquattro aveva già due divorzi alle spalle. Un anno dopo chiudeva la carriera perché non sopportava gli ordini degli allenatori, che mandava a quel paese. Lo ha fatto fuori solo un'overdose, ma ne aveva già trentotto. Di ragazzi cattivi ce ne sono stati tanti, nel calcio e nello sport. Quasi tutti sono stati considerati dei campioni, alcuni incompiuti, dannati nella loro perdizione e persi nei labirinti del loro talento senza via d'uscita. Maradona, per esempio, è considerato il numero uno di sempre. Perché mai più nessuno ha fatto con il pallone niente di simile. Certo lui sapeva di avere un talento ineguagliabile, e deve essere stata in questa consapevolezza di bravura fuori dal comune che è nato l'eccesso: tirava di coca, viveva la notte, alzava la voce contro i giornalisti. Ma in campo prendeva la squadra per mano, e andava a vincere le partite da solo.

Eppure anche nell'eccesso ci vuole un metodo, e non tutti l'hanno avuto. Più spesso questi geni hanno sprecato, gettato via la loro fortuna. A un tavolo da poker. Annegandola in una pinta di birra. Per una botta di coca. Un paio di gambe, o un centinaio di donne. George Best conquistò le prime pagine dei tabloids quando dichiarò di aver trovato «un nuovo modo per riposarsi» in vista della finale contro il Benfica: «Dormire con una giovane ragazza di nome Sue». Questi suoi eccessi nella vita privata, però, non incisero sul rendimento in campo: nella storica finale contro Benfica, a tre minuti dall'inizio dei tempi supplementari, quando il match era sull'1-1, Best siglò il 2-1, preparando la goleada che arrivò nei minuti successivi con le marcature di Brian Kidd e Bobby Charlton. Fu il punto più alto della sua carriera: a soli ventidue anni aveva già in bacheca il titolo di campione d'Inghilterra, la Coppa dei Campioni e il pallone d'oro.

Eric Cantona aveva un carattere ruvido, più da tagliagole scozzese che damerino al servizio della corona di Francia. Una volta, quando giocava nel Manchester United, colpì con un calcio rotante uno spettatore seduto in prima fila allo stadio che lo aveva insultato ad alta voce. Cantona non ha mai vinto granché. Eppure viene considerato una delle stelle del calcio mondiale, e lo resterà per sempre. Gascoigne aveva un talento cristallino. Ma finì per annacquarlo nel whiskey e nelle malinconie di una vita troppo bizzarra per essere vera. Adriano, che abbiamo visto in Italia e a più riprese, ingozzò il suo talento di cibo e di liquori, fino a mettere su venti chili di troppo e non riuscire più nemmeno a correre un centinaio di metri. Nel 2013 France Football aveva stilato una classifica, e ovviamente Robin Friday l'avevano incoronato re dei ragazzi cattivi. Un elenco dei cinquanta peggiori di sempre: da Best a Gascoigne, da Romario a Cantona, Maradona, Ibra. Dentro c'era finito anche Giorgio Chinaglia, che quelli della rivista francese avevano definito Mafia Blues. E poi Paolo Di Canio, Braccio Armato, in riferimento ai saluti fascisti rivolti alla Curva Nord, ai tempi della Lazio. Pasquale Bruno, difensore del Torino, che i non giovanissimi ricorderanno per gli interventi spesso ai limiti del regolamento, che gli valsero l’appellativo di “O animal”.

Ma il primo degli italiani (decimo) era stato Mario Balotelli, Super Mariuolo, l'avevano chiamato. Non si era ancora fatto un selfie con la pistola, non aveva ancora litigato con i compagni della nazionale azzurra dopo un mondiale (quello in Brasile) da piccola bottega degli orrori, ma già aveva portato un maiale al guinzaglio presentandolo su twitter, aveva incendiato la sua casa di Manchester con i petardi, sparato dalla finestra con la pistola giocattolo. Quando aveva sedici anni veniva considerato un fuoriclasse. Oggi l'etichetta gli è rimasta attaccata addosso alla pelle, ma quel vestito è ormai passato di moda. Dopo Euro 2012 si era preso la copertina del Time, poi l'incontro con il Papa. Fino al suo fidanzamento con Fanny, raccontato (e seguito) in diretta su twitter. Condiviso con i suoi quasi tre milioni di followers in presa diretta, dimostrando che non ci sono più i bad boy di una volta che odiavano i paparazzi.

Ma non è soltanto il calcio uno sport per maledetti. Molti considerano il tennis quello in cui le nevrosi vengono tutte in superficie, essere un po' maledetti è la regola. Goran Ivanisevic diceva che dentro di lui c'erano due Goran: uno buono e bravo, e l'altro pazzo. E infatti è stato uno che Balotelli lo ha esaltato: «Mi piace molto, ci sono tante personalità in lui. Può far male a se stesso, alla sua squadra ma anche agli avversari. Mi piacerebbe incontrarlo perché è un personaggio interessante, è più matto di me. Può segnare un gol vincente e poi tornare in albergo e incendiarlo».

Un altro maledetto è stato John McEnroe. Genio ribelle, mancino, famoso per il suo tennis unico per talento ma anche per le sue leggendarie sfuriate, per gli insulti generalizzati, per le sceneggiate per due volte si arrampicò sul seggiolone dell’arbitro per offenderlo: «Io e Tatum (Tatum O’Neal, la protagonista di Paper Moon) fumavamo marijuana», disse una volta. L' ex moglie: «Era violento e si dopava con gli steroidi». Nella sua autobiografia uscita in Usa e in Inghilterra ha scatenato la reazione dell'attrice che ha dato tre figli all'ex re della racchetta: «Si drogava e poi diventava aggressivo».

 

Nel pugilato abbiamo avuto Tyson. Nella Formula 1 c'è stato James Hunt, donnaiolo e bon vivant. E tanti, tanti altri. Dentro questi funamboli del vizio (con)vivono spesso due anime, come dentro Ivanisevic: una buona, un'altra cattiva. Una legale. Una votata all'accesso clamoroso, che fa clamore. È per questo che ci attirano così tanto, per questa dicotomia, perché hanno una parte oscura e che oscura il loro talento. Perché sembrano volerlo sprecare, gettare via, buttare come un mozzicone di sigaretta fumata distrattamente. Perché in un mondo così standardizzato proprio non ci riescono a stare. E forse, sono loro i veri normali.

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