Le squadre dei detenuti

Dall’ora d’aria all’ora di calcio Il pallone dietro le sbarre

Dall’ora d’aria all’ora di calcio Il pallone dietro le sbarre
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Era il 4 giugno e Antonio Rossi, l’ex campione di canotaggio e oggi assessore allo Sport e alle Politiche Giovanili di Regione Lombardia, rendeva noto lo stanziamento di 600 mila euro per progetti speciali delle società sportive, tra cui quelli riservati all’attività sportiva in carcere. È l’ennesima volta in cui le Istituzioni rilanciano l’importanza del connubio tra sport e carceri, la necessità di far sentire i reclusi non esclusi dal mondo grazie all’attività fisica, all’agonismo e, soprattutto, alla sportività. La paura è che però, anche questa volta, la speranza in un progetto serio e concreto venga a mancare. Sono state tante le realtà che sono riuscite ad integrare lo sport alle prigioni, ma la maggior parte su iniziative dei singoli carceri o, addirittura, di singole persone.

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Il campo da calcio del carcere Due Palazzi di Padova

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La squadra Pallalpiede pronta a fare il suo ingresso in campo

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La Pallalpiede all'interno del carcere

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La Pallalpiede durante una sfida "amichevole"

Padova l’ultimo, Bollate il primo, Opera il più famoso. I progetti fino ad ora realmente e concretamente realizzati si contano sulle dita di una mano. Il più recente è quello della squadra Pallalpiede, formazione calcistica composta da soli detenuti della casa circondariale Due Palazzi di Padova, nata a inizio estate e ufficialmente iscritta al campionato di Terza Categoria 2014/2015 grazie alla collaborazione con la Lega Nazionale Dilettanti e il Ministero della Giustizia. 30 calciatori opzionati dal mister Walter Bedin, che ha scelto i migliori tra i 70 detenuti presentatisi alle selezioni. La Pallalpiede parteciperà fuori classifica e giocherà tutte le partite “in casa”, in un campo omologato. Il carcere di Bollate, nel 2002, fu il primo a creare una vera squadra di calcio iscritta ad un campionato della FIGC, sotto la guida del mister Nazareno Prenna, professore di educazione fisica. Vinse un campionato di Seconda Categoria e per diverso tempo fu composta sia da detenuti che da guardie penitenziarie: i primi giocavano in casa, mentre i secondi, per ovvi motivi, giocavano in trasferta. Nel 2006 ottenne la possibilità di giocare tutte le partite tra le “sbarre” amiche, ma proprio allora arrivò l’indulto che decimò la formazione. Nella stagione 2013-2014 ha militato in Terza Categoria, finendo 11esima su 16 squadre. Ma a far più notizia fu il Free Opera, la squadra dei detenuti del carcere di Opera.

 

 

Opera era noto come “il carcere dei suicidi”. Le condizioni di vita dei detenuti erano pessime e le attività a loro destinate pochissime. Poi arrivò Alberto Fragomeni (recentemente scomparso) a rivestire il ruolo di direttore del carcere e le cose cambiarono. Oltre a diverse iniziative industriali e ludiche, decise di fondare una vera e propria squadra di calcio che militasse in un campionato FIGC, il Free Opera. Era il 2004 e da allora, improvvisamente, la tragica serie di suicidi si arrestò. I media si interessarono a questa storia, soprattutto grazie all’entusiasmo di Fragomeni, tifoso sfegatato della sua squadra. Poi, nell’aprile del 2006, tutto si concluse: Fragomeni venne sollevato dall’incarico e per protesta il Free Opera si ritirò dal campionato. Opera tornò ad essere un “luogo chiuso”. A rimuovere dall’incarico Fragomeni fu Luigi Pagano, provveditore regionale alle carceri lombarde, che chiamò Antonino Porcino, attuale direttore del carcere di Bergamo, per gestire la transizione.

Bergamo e la fame di calcio. Il motivo per cui Fragomeni fu sollevato dal suo incarico nonostante gli evidenti successi del suo operato, fu la denuncia di diverse guardie carcerarie circa presunti favoritismi del direttore verso i carcerati militanti nel Free Opera. Fragomeni era direttore del carcere, ma si sentiva soprattutto presidente e allenatore della sua squadra e come tale si comportava. Le attività all’interno delle carceri vanno svolte e gestite nel pieno rispetto delle regole. Non può il calcio diventare un’attività primaria, cosa che invece era accaduta a Opera. Il direttore del carcere di Bergamo, che ha vissuto da vicino la fine del Free Opera, ha voluto rendere la casa di reclusione di via Gleno una realtà sportivamente all’avanguardia, evitando però che il calcio diventasse un unicum fuori controllo. Bergamo vanta una squadra di volley, una di rugby e sessioni di yoga. Ma per quanto si cerchi di “differenziare l’offerta”, il calcio resta lo sport preferito. L’unico campo di calcio a 7 presente nella struttura è molto richiesto dai detenuti, tanto che è stato necessario programmare il suo uso settimanalmente, con le varie sezioni che hanno a disposizione il campo in giorni diversi e a orari diversi ed è prevista l'installazione di un campo sintetico a breve. Recentemente il carcere ha cominciato anche una collaborazione con l’Uisp (Unione italiana sport per tutti), che sta strutturando la realtà calcistica con maggior attenzione e serietà. Son stati organizzati dei tornei tra carceri, come il quadrangolare tra Opera, Bollate, Bergamo e Como (vinto da quest’ultimo), con le varie formazioni di detenuti che andavano a giocare “in trasferta”; sono state giocate partite contro la rappresentativa delle vecchie glorie dell’Atalanta o quella dell’ordine degli avvocati. Tutte queste iniziative sono nate per dare risposta alla fame di calcio che hanno, negli anni, dimostrato i detenuti.

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Manifestazione di calcio nel carcere di via Gleno

Calcio in carcere a Bergamo
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Momenti di calcio nel carcere di Bergamo

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Il carcere di via Gleno

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Pallone e sbarre: tante iniziative. Bergamo non è una realtà isolata. In tutta Italia sono molte le iniziative che portano quotidianamente il pallone all’interno delle prigioni. In Sardegna, presso la casa di reclusione di Nuchis, tra maggio e giugno si è disputato il “Torneo dell’amicizia – Enti e mestieri”, manifestazione di calcio a 5 in cui varie compagini rappresentative degli ordini professionali si sono sfidate. Tra queste anche diverse squadre di detenuti. L’iniziativa è stata promossa e realizzata da un giovane carabiniere, Ramon Mariotti, che ha voluto coinvolgere tutto il territorio in un’esperienza che permettesse ai detenuti di confrontarsi con il mondo esterno. Di ben più lungo corso è invece il “Memorial Giancarlo Zappa”, giunto quest’anno alla sua 29esima edizione e svoltosi presso il carcere di Verziano (Brescia) a giugno. Promosso dal Uisp e dall’Associazione Carcere e Territorio di Brescia, questo torneo di calcio a 7 vede affrontarsi diverse compagini, tra cui molte nate all’interno del carcere stesso. Gli arbitri sono persone incarcerate. Il giorno delle finali, da tradizione, vengono ospitati anche tutti i familiari dei detenuti, dando vita ad un momento che va ben oltre il semplice evento sportivo. Molte poi le squadre nate nei carceri, seppur non partecipanti a veri e propri tornei: ce n’è una a Frosinone e una anche a Rebibbia, dove, a maggio, si è tenuto un quadrangolare tra formazioni di detenuti. I migliori sono stati anche ospiti, a fine luglio, a Coverciano, dove hanno affrontato una squadra composta da calciatori professionisti svincolati.

Ora è Padova, con la Pallalpiede, a riprovare a costruire una progettualità attorno al calcio nelle carceri e non limitarlo a singole iniziative, buone ma senza futuro. Per farlo serve il supporto forte delle Istituzioni, altrimenti il rischio è di finire come il Free Opera, fantastica meteora abbandonata a sé stessa e diventata presto una realtà fuori controllo.

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