Altri sei mesi di stop

Montolivo, la forza della gentilezza contro l'odio dei leoni da tastiera

Montolivo, la forza della gentilezza contro l'odio dei leoni da tastiera
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In questo mondo di ladri, di bugiardi, di cagoni con l'aria da businessman, di furfanti travestiti da intellettuali e di intellettuali acconciati come soubrette; in questo mondo di eroi (ma solo per caso, eh: intendiamoci), di sapientoni stropicciati, di premi Nobel raccattati al primo Autogrill, per fortuna c'è chi ancora sa usare l'ultimo ritrovato della tecnologia umana: la gentilezza. È Riccardo Montolivo, giocatore di calcio, ultimo dei coraggiosi. A chi gli augurava di spaccarsi tibia e perone (e legamenti: non si sa mai) lui ha postato «una carezza». A chi gli augurava la morte lui ha postato «una carezza». C'è chi Facebook lo usa per ruttare, e chi per comunicare. Ma nell'epoca del liberi tutti è difficile distinguere i suoni. Se non altro Italia-Spagna e l'infortunio di Montolivo (l'ennesimo, altri sei mesi di stop) forse servirà a mettere un po' di ordine a questo caos. Da mesi il centrocampista del Milan e della Nazionale veniva insultato, fischiato, ingiuriato e infine minacciato (di morte, appunto), finché il destino ha deciso di fermarlo un'altra volta, scatenando l'odio dei social network.

 

 

Succede ogni maledetta domenica. Ma anche il sabato pomeriggio, il venerdì a mezzogiorno, il mercoledì alle tre; qualsiasi giorno della settimana è buono per lanciare anatemi e maleparole. Oggi Montolivo, domani potrebbe toccare a te. Certo, però, che quella del ragazzo di Caravaggio è una strana parabola discendente. Ai tempi dell'Atalanta si presentava con la faccia paonazza davanti alle telecamere. Timido, lui. Faceva tenerezza. Non aveva nemmeno vent'anni. Era il giovanotto della porta accanto che per tutti sarebbe diventato un grande campione. E infatti. Fiorentina, Milan, la maglia azzurra con la fascia da capitano al braccio. Fino alla vigilia del Mondiale in Brasile nel 2014. Montolivo si infortunò gravemente e fu costretto a saltare l'evento che (come ogni calciatore) aspettava da tutta la vita. A quel tempo l'accanimento sul centrocampista era già lievitato come una torta nel forno. È esploso in queste ore. Troppo lento, troppo biondo, troppo bruno, troppo poco simpatico: a ognuno la sua pietra da scagliare.

 

 

Fino alla gara dell'Italia a Torino che ha scoperchiato il vaso dell'odio digitale nei confronti di Riccardo. «Devi morire». «Merda». «Fai schifo». E altre gentilezze simili. Tutto talmente normale che sorprendente è stata la risposta di Montolivo, sempre così pacato e schivo, sempre così gentile, anche nel momento del dolore: «E una carezza a tutti quelli che mi hanno augurato la rottura di tibia e perone, la rottura di tutti i legamenti e la morte... Con l'augurio che la vita riesca a farvi crescere in educazione e rispetto dell'essere umano». In Italia non c'è una leggere specifica sull'hate speech, l'odio digitale, le nefandezze da tastiera. E nemmeno l'Europa ha pensato a una legislazione. Il 31 maggio scorso le aziende Facebook, YouTube, Twitter, Google e Microsoft hanno firmato un protocollo di condotta dell'Unione europea per affrontare i messaggi "sbagliati" entro 24 ore e cancellarli. Chi li giudica? Le aziende stesse. Risultato? Praticamente nessuno.

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