Il nuovo spettacolo del Teatro Stalla Un sogno collettivo di speranza
Foto di Attilio, Annamaria, Donato, Riccardo, Yuri.
Si intitola Io e Frankestein ed è il nuovo spettacolo della Fondazione Emilia Bosis, dedicato proprio ad Emilia stessa, venuta a mancare ad agosto 2015. Due appuntamenti, sabato alle 21 e domenica alle 16.30, a Cascina Germoglio (Verdello), per incontrare ancora una volta, dopo Favola d’amore e il bel risultato del laboratorio per ragazzi Illumino l’ombra, l’arte umanissima del Teatro Stalla. Con una novità: questa volta è Pier Giacomo Lucchini, presidente della Fondazione, ad entrare direttamente in azione, nel ruolo di prim’ordine della sceneggiatura e della regia.
Di che cosa parla Io e Frankestein. Il tema, preso naturalmente dalla celebre opera di Mary Shelley, pietra miliare della letteratura, è stato scelto da Lucchini stesso, che racconta: «Sono sempre stato affezionato a questo romanzo, purtroppo completamente travisato dalla televisione, che ne ha colto solo l’aspetto macabro e sensazionalisticamente orrendo». E invece no, è proprio il contrario: Shelley scrisse di fatto di una creatura che cercava se stessa e il senso della vita, passando attraverso le difficoltà quotidiane e una realtà crudele di esclusione ed emarginazione sociale, e tentando, cionondimeno, di imparare a dialogare e a stare nel mondo. Solo poi, se si legge accuratamente il libro, e solo in seguito al tentativo del creatore di eliminarla, la creatura diviene mostro violento. Pensiamo per un attimo agli abitanti di Cascina Germoglio, impegnati nel loro cammino di riabilitazione psichiatrica, e il parallelo ci viene spontaneo. Ma arriva, pronta, la tirata d’orecchie di Lucchini: «Sarebbe troppo riduttivo accostare la vicenda della creatura a quella di molte esistenze patologiche che si succedono nelle comunità della Fondazione: la vicenda della creatura è la vicenda di tutti noi. Chi di noi non si è mai sentito rifiutato? Chi di noi non si è sentito giudicato da qualcuno?». Allora, un tema propositivo, perché le fragilità divengano potenzialità.
Che genere di spettacolo è. Nella realizzazione dello spettacolo, ad affiancare gli attori non professionisti del Teatro Stalla Nicoletta Fasoli e Flavia Manzoni, Mila, Sonu, Massimo, Jacopo, Virginia, ci saranno anche gli attori professionisti Max Brembilla e Stefania Bussoli, e una scuola di ballo, protagonista di un’originale interpretazione di una sonata di Einaudi. La partitura di scena, che ha dato origine a un grande sogno collettivo, è nata in un magma di totale libertà creativo-espressiva, un’immersione nella drammaturgia che prescinde, come sempre per gli spettacoli di Cascina Germoglio, dalla catena della fonica, degli effetti, delle dizioni, delle tecniche, della bravura attoriale in senso stretto del termine. Come vuole, del resto, la lezione dei grandi innovatori del Novecento teatrale, da Grotowski a Kantor a Peter Brook.
Gli artisti coinvolti. Ciò non significa che non vi siano professionisti di livello dietro le quinte: è ad esempio il genio di Giorgio Vicentini, artista contemporaneo di rilievo internazionale, a disegnare la scenografia, tra quinte mobili e vedo non vedo apparentemente crudi e ruvidi, ma che, nello spazio scenico, emanano energia esplosiva e si trasformano in un abbraccio diretto al pubblico. Mentre la musica, emotiva e potente, è affidata ad Agostino Celti, cantautore italiano che ha scritto per Mina la splendida Come te lo devo dire. È invece Olivero Passera, pittore di fama, soprattutto per le sue opere a sfondo sociale, a comparire sulla scena, realizzando in diretta un body painting. Ecco che allora Io e Frankestein è il frutto di una condivisione vitale e creativa profonda, nata in seno a linguaggi artistici differenti, destinata a coinvolgere emotivamente e inevitabilmente anche lo spettatore. «Per un teatro che accolga», spiega Lucchini.
E gli animali. Ah, e, naturalmente, aspettatevi gli immancabili animali, compagni fedeli del Teatro Stalla, che - rivela sempre Lucchini - «permettono di guadagnare lo spazio, rarefatto e difficile, in cui splende l'innocenza dell'essere». A lavorarci, Simona Armanelli, Paolo Adami, Sergio Ubbiali, che vengono da un duro allentamento quotidiano e reciproco, il cui risultato è un'evocativa performance, sospesa tra mitologia e realtà. Sempre comunque commovente.