Crucci di un allenatore

Donadoni e la sfida con l'Atalanta (con quell'immancabile nostalgia)

Donadoni e la sfida con l'Atalanta (con quell'immancabile nostalgia)
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Dovrà pur esserci un pizzico di sofferenza sotto a qui riccioli morbidi. Proprio lui, uno dei figli prediletti della Dea, uno di quelli venuti su dritti come una quercia; proprio adesso l'Atalanta doveva incontrare Roberto Donadoni? Brutto mestiere quello dell'allenatore. Ancora peggio è quando il lavoro è lavoro, e c'è poco da fare se Donadoni allena il Bologna. Proverà a fermare la corsa forsennata dei nerazzurri, gli tocca. Lui abbozza un sorriso, tanto c'è poco da dire. «Sappiamo di affrontare una squadra equiparabile alle primissime del nostro campionato. Per quello che ha fatto, per gioco e risultati, l'Atalanta è una squadra davvero forte». Ogni volta che incrocia il suo passato, Donadoni diventa più mansueto di persiano. Arriva persino a dire: «Quando ripenso ai tempi dell'Atalanta divento quasi nostalgico». Quasi, eh. Perché tutto non si può. «Mi vengono in mente i momenti della giovinezza, un ragazzino di quindici, sedici anni. Anni speciali, anni di formazione. Ho avuto grandi maestri che mi hanno fatto capire le cose della vita».

 

 

Dovrà pur esserci un pizzico di sofferenza sotto a quella maschera di tranquillità. Proprio lui, uno dei figli dell'Atalanta, uno dei ragazzi come ce ne sono pochi, doveva incontrare adesso l'Atalanta? Tanto bisogna affrontarle tutte, per carità. Ma al passato non ci si abitua mai sul serio. Bologna-Atalanta l'anno scorso segnò la rinascita dei rossoblù. Avevano perso dieci partite e Donadoni diede nuova vita battendo i nerazzurri. Questa volta è diverso. L'Atalanta balla sul mondo, sta sognando in grande e se uno interrompe i sogni è molto peggio. D'altra parte il lavoro è lavoro, e Donadoni fa l'allenatore del Bologna: «Qui si misura lo spessore di una squadra. L'Atalanta sta dimostrando una continuità impressionante di risultati. Noi no. Dobbiamo insomma cercare di vincere proprio per questo motivo. Le difficoltà saranno tante perché l'Atalanta ha giocatori forti, giovani, bravi. Qualcuno è già affermato, altri lo stanno facendo».

 

 

Dovrà pur esserci un pizzico di sofferenza quando ti ritrovi per avversario la squadra che ti ha fatto crescere, che ti ha allevato, e che adesso sta sferragliando verso l'Europa. Proprio Donadoni doveva incontrare adesso l'Atalanta? In settimana hanno parlato Nedo Sonetti, che Donadoni lo chiamava Ragno: «Perché tutte le volte trovava il modo di andare via in mezzo a una ragnatela di avversari. Ai compagni dicevo: "Dategli una legnata". Era un po' timido, molto educato, dicevo ai compagni di forgiarlo. A legnate, appunto». E ha parlato pure Raffaello Bonifaccio, quello che un giorno di tanti anni fa «potevo rimanere al bar e invece andai a vedere Ciserano-Telgate. Mi avevo detto che c'era un bambino forte, un certo Marchetti. Arrivò fino alla C. Prendemmo anche un bimbetto tutt'ossi che si chiamava Roberto Donadoni». Il passato non passa mai. Cresce, diventa grande, e qualche volta sta su una panchina diversa.

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