Il giorno della laurea a Bergamo Una tristezza da 110 e lode
Mi è capitata una esperienza emozionante, di quelle che auguro a tutti: essere casualmente presente al giorno della Laurea, un momento speciale e unico dedicato ai laureandi triennali di Ca’ Foscari, per festeggiare il conseguimento del diploma di laurea. Unico anche il luogo: l’impareggiabile cornice di Piazza San Marco. Ed eccomi qui venerdì 18 novembre per assistere alla speciale cerimonia e allo spettacolare lancio dei “tocchi al cielo” per 1.106 neo dottori di Ca’ Foscari. Sul palco i saluti introduttivi del rettore Michele Bugliesi: «Conservate la vostra curiosità, la vostra passione – ha suggerito ai ragazzi - sono state queste caratteristiche a farvi arrivare fino a qui, e saranno sempre loro a rappresentare i vostri punti di forza per le sfide che vi aspettano a partire da domani».
Ed ecco la seconda scoperta: come da tradizione interviene un ospite speciale, in questa occasione Roberto Vecchioni, che ha tenuto la sua lectio magistralis, nella doppia veste di docente all'Università di Pavia (dopo una vita da docente di Latino e Greco nei licei) e di cantautore. Così, dopo un discorso accorato, ha guadagnato il microfono per cantare dal vivo la sua Sogna, ragazzo sogna, composta proprio per salutare le sue classi di alunni al liceo quando lasciò la cattedra. Ma, prima di poter scaldare la voce, Vecchioni si è visto costretto ad attendere l’ultimo rintocco della campana del “paron di casa”, che si è intromessa festosa nella cerimonia. «Oggi è un giorno radioso, ma domani per voi iniziano i casini», ha scherzato l’artista prima di concedersi a videocamere e telefonini: «Troverete sulla vostra strada tanti stronzi, dovrete ignorarli e passare oltre, come insegnava Marco Aurelio, perché il mondo oggi ha bisogno di voi, di giovani che, con la spada e lo scudo, difendano il valore della cultura e del bello in ogni ambito». Il cantautore, in un impeto di nostalgia per i suoi anni di insegnamento, ha quindi estasiato (nel vero senso della parola) la piazza con Sogna ragazzo sogna.
Speciale, questa proclamazione di laurea con oltre mille studenti radunati tra le procuratie del museo Correr, il campanile e le porte della basilica, tutti fasciati nei loro abiti migliori (nonostante il freddo e la minaccia costante di pioggia) e con le mani strette attorno ai cappelli di tela nera dalla nappa colorata. E infatti, liberato il palco, è stata finalmente la volta delle proclamazioni vere e proprie, e mentre gli altoparlanti alzati agli angoli della piazza scandivano i nomi di ogni neodottore, una schiera di ragazzi poco più che ventenni sfilava dalla sedie numerate fino alla postazione d’onore, dove stringeva la mano ai professori. Alla fine la giornata si è chiusa con il catartico lancio dei tocchi, che, a mezz’aria, per un istante hanno colorato di rosso e di nero l’orizzonte di San Marco.
E il pensiero corre a quanto accaduto solo pochi giorni prima a Bergamo: «Caotica, asettica, sbrigativa», così, in una lettera a un quotidiano locale, uno studente 24enne dell’Università di Bergamo definisce la cerimonia delle lauree di circa 180 studenti avvenuta mercoledì 16 novembre in Città Alta. «Il nuovo format adottato dall’ateneo non sembra del tutto rispettare le attese di una giornata così sentita dagli studenti. Il nuovo format (per Scienze dell’educazione e Scienze pedagogiche) prevede la discussione della tesi e la proclamazione in due occasioni separate ma, purtroppo, ha totalmente disilluso le aspettative». Nella splendida cornice dell’aula magna di Sant’Agostino si è consumata una celebrazione apparsa inadeguata: le decine e decine di studenti, accompagnati da parenti ed amici, hanno sentito pronunciare il proprio nome, e successivamente il voto conseguito, senza però che ci fosse la possibilità di associare a quel nome un volto.
I laureandi non sono stati chiamati a raggiungere la commissione, né invitati ad alzarsi singolarmente, né tantomeno è stato permesso loro di godersi l’applauso dei propri cari in seguito all’annuncio dell’esito della propria esperienza accademica. I conti si fanno rapidamente: l’aula magna ha più di cinquecento posti a sedere: pochi, se consideriamo che 180 erano solo gli studenti, ipotizzando un numero medio di dieci accompagnatori tra parenti e amici (ma spesso sono di più) per ogni laureando è possibile immaginare la marea di partecipanti. Un riconoscimento, dunque, che si è poi svolto in un contesto evidentemente inadeguato: la quantità di persone ha intasato l’aula magna senza possibilità di muoversi, sia in entrata che in uscita, incurante di qualunque norma di sicurezza. Non solo: la quantità di gente è stata tale che persino la viabilità, tra la Città Bassa e Città Alta, ne ha risentito, complice il riempimento repentino dei posti auto disponibili lungo tutto il viale delle mura e la conseguente sosta selvaggia a bordo strada; una sosta selvaggia che è stata segnalata alla polizia locale la quale ha provveduto alle canoniche multe.
Tra l'altro, le lauree, anche per la facoltà di Lingue, si svolgono in location imbarazzanti, l’unica degna, nonostante spazi ristretti, è la sede di via Salvecchio. i malcapitati cui tocca la sede di piazza Rosate pare si trovino in una situazione deprimente: aule strette, buie, tutt’altro che accoglienti! E allora? Anche noi a Bergamo abbiamo una piazza che il mondo ci invidia: Piazza Vecchia, quindi perché non pensare alla proclamazione in questo luogo? Vero e proprio gioiello dell'architettura prima medievale e poi rinascimentale, Piazza Vecchia ancora oggi costituisce il "salotto" di Bergamo ed è gelosamente preservata dal traffico degli autoveicoli. Come Piazza San Marco, contiene capolavori architettonici e artistici, quindi perché non pensare a un palco come in San Marco e a una proclamazione degna di tal nome? Una laurea non è un Premio Nobel, ma è un momento importante per un giovane e la sua famiglia. Molti vivono quel giorno con fortissima emozione e, a distanza di anni, ricordano madri con gli occhi lucidi, padri commossi e uno stuolo di amici esultanti. Regaliamo a questi ragazzi, anche a Bergamo, la possibilità di sognare: «Sogna, ragazzo sogna quando sale il vento nelle vie del cuore quando un uomo vive per le sue parole o non vive più. Sogna, ragazzo sogna non lasciarlo solo contro questo mondo non lasciarlo andare sogna fino in fondo fallo pure tu...».