E i sequestri preventivi non bastano

La mafia cresce in bergamasca Liquida, ma sempre mafia è

La mafia cresce in bergamasca Liquida, ma sempre mafia è
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Non è la mafia del pizzo e degli incendi dolosi, non si aggira tra i commercianti e i piccoli imprenditori, ma si annida nei cantieri delle grandi opere e punta al riciclaggio di ingenti somme di denaro. L’infiltrazione malavitosa nella bergamasca è “liquida”, come è stata definita all’inaugurazione dell’anno giudiziario tenutasi a Brescia, perché si nasconde nelle maglie della burocrazia per aggiudicarsi gli appalti e produce profitto attraverso i reati tributari.

Sempre meno violenza, sempre più finanza. «Non si è registrata una colonizzazione evidente come è avvenuto in altre zone della Lombardia – ha sottolineato Walter Mapelli, procuratore di Bergamo – ma nella bergamasca destano viva preoccupazione le attività illecite quali estorsioni, truffe, usura, fatturazioni false, di persone legate per rapporti parentali, familiari o commerciali alle ’ndrine calabresi, spartendosi i profitti con gli esponenti di queste ultime». Le tecniche di generazione di profitti da attività illecite, infatti, si fanno sempre più sofisticate: meno violenza e più finanza. I reati tributari, quali l’evasione fiscale, la bancarotta fraudolenta, l’emissione di fatture false per il recupero del credito dell’Iva, sono in aumento. Il sequestro preventivo di beni e denaro per il valore equivalente è lo strumento più efficace contro questa tipologia di crimini; peccato, però, che non sempre si riesca a sequestrare il patrimonio prima che l’evasore se ne liberi. La Procura di Bergamo nel 2016 ha recuperato solo 5.597.000 euro sui 45.167.000 disposti.

 

Tommaso Buonanno, procuratore capo di Brescia e alla guida della Dda,
la Direzione distrettuale antimafia, che controlla anche il territorio di Bergamo.

 

Gli appalti edili fanno gola. Il comparto edile e il settore delle infrastrutture restano ad oggi la voce di menu che più alletta i criminali sul territorio lombardo, foriero di grandi opere e cantieri aperti. I carabinieri, come si legge nella relazione presentata alla Procura di Bergamo, hanno rilevato «importanti contatti tra soggetti calabresi impiegati in incarichi strategici nelle amministrazioni comunali e pregiudicati legati a famiglie calabresi, allo scopo di favorire l’ottenimento di autorizzazioni, permessi o l’assegnazione di appalti». Come ricorda il caso della ditta di movimento terra P&P, controllata dal clan calabrese dei Paparo, che nel 2009 venne accusata di aver ottenuto subappalti nella costruzione della quarta corsia dell’auto - strada A4 Milano-Bergamo e nei cantieri lombardi dell’Alta velocità ferroviaria, aggirando la normativa antimafia. Uno dei reati considerati “spia” della presenza di infiltrazioni malavitose emersi negli ultimi tempi, è anche il riciclaggio dei mezzi di movimento terra. Diversi casi approdati alla Direzione Distrettuale Antimafia hanno permesso di scoprire «l’esistenza di consolidati canali di esportazione di mezzi d’opera rubati da cantieri del Nord Italia e destinati a Paesi dell’area mediterranea».

 

 

Il traffico di rifiuti. Ai cantieri si lega la questione quanto mai attuale del traffico dei rifiuti. Nei territori delle provincie di Brescia e Bergamo si trova la più grande concentrazione di commercianti di rottami nel Nord d’Italia e vi è un costante flusso di merci dai Paesi comunitari dell’Est Europa. Ogni giorno varcano i confini italiani camion che trasportano materiali di scarto e scorie di acciaieria che vengono destinati alla fusione. Il loro contenuto, però, è sottoposto solo ad autocertificazione e questo favorisce la possibilità che vengano conferiti materiali pericolosi e inquinanti negli inceneritori, come dimostrano gli arresti dei titolari di quattro società operanti nel settore della raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti speciali, effettuati dai carabinieri a novembre.

Bergamo zona sicura per i trafficanti. Una fetta di Calabria opera in Lombardia e Bergamo non è esente. Come risulta dal rapporto semestrale della Direzione Investigativa Antimafia, le evidenze investigative raccolte negli anni hanno fatto emergere la presenza di numerose aggregazioni malavitose calabresi in tutta la regione, dedite principalmente al traffico di sostanze stupefacenti. Si tratta di cellule operative sul territorio in grado di sfruttare un’ampia rete di contatti internazionali, dimostrandosi in grado di gestire l’intera filiera: dai produttori, ai canali di distribuzione, alla raffinazione della sostanza base. Già nella relazione presentata nel gennaio del 1994 dalla Commissione parlamentare antimafia si legge: «La provincia di Bergamo è ritenuta, dagli esponenti della criminalità, una zona di transito piuttosto sicura, che offre ampie possibilità di mimetizzazione. In particolare, le valli sono facilmente accessibili, scarsamente popolate ed è, quindi, agevole affittare delle abitazioni dove trattare affari o, come è stato scoperto, impiantare delle raffinerie».

 

 

A 23 anni di distanza la situazione non è cambiata, come prova la maxi inchiesta che ha visto impegnati quattrocento uomini dell’antimafia di Catanzaro, culminata a gennaio di quest’anno in 54 provvedimenti di fermo in diverse regioni italiane e in Colombia. I traffici di droga tra il cartello colombiano e la ‘ndrangheta erano gestiti da un emissario del sodalizio criminale sudamericano ospite di due calabresi all’Hotel San Simone e in un appartamento di Foppolo per addirittura sei mesi. «Il territorio bergamasco si dimostra ancora capace di reagire – rassicura Tommaso Buonanno, procuratore capo di Brescia –. Ciò non toglie che le attività illecite siano presenti, in particolare nel narcotraffico. La zona del trevigliese, soprattutto in passato, è stato crocevia di grossi traffici di sostanze stupefacenti e questa rete non è stata sradicata del tutto. La situazione non è preoccupante come al meridione, ma lo è per chi guarda lontano e chi intende arginare questo fenomeno, se non vogliamo che nell’arco di qualche anno evolva».

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