Uno studio statunitense

Dove e come nasce la balbuzie

Dove e come nasce la balbuzie
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I geni, così come la predisposizione ereditaria, c’entrerebbero poco o solo in parte. Almeno quando si parla di balbuzie, un disturbo invalidante dal punto di vista della comunicazione ma anche psico-emotivo, che influisce sul flusso e fluidità della parola. Uno studio recente del Children’s Hospital di Chicago, negli Stati Uniti, pubblicato sulla rivista scientifica Human Brain Mapping, assocerebbe l’insorgenza del problema a una ridotta irrorazione sanguigna di specifiche aree cerebrali: quelle in cui si forma il linguaggio e si elabora la parola.

 

 

Un problema diffuso. A livello mondiale: le stime parlano infatti di 70 milioni di persone che su tutto il globo tartagliano, di cui solo 1 milione in Italia, con una maggiore prevalenza anche 4 volte superiore fra gli uomini rispetto alle donne. I quali, tutti e quotidianamente, vivono un disagio pratico, di comunicazione, a causa della difficoltà di far fluire correttamente le parole che escono frastagliate dalla bocca, interrotte da pause, o di contro con parti o intere parole e perfino frasi ripetute più volte. Con un'ulteriore aggravante, perché, più la persona percepisce la propria difficoltà verbale, o viene osservata in modo strano, più il disagio aumenta accrescendo ansia e tensione. E la ripercussione psico-emotiva fa amplificare il problema: i suoni si prolungano, l’eloquio diventa sempre meno chiaro e la composizione della frase sempre più lunga e difficile. Un problema frustrante perché chi soffre di balbuzie non può controllare direttamente o agire su fattori e cause che generano la problematica. La quale di norma viene trattata con una specifica terapia del linguaggio.

 

 

Una spiegazione in più. Differente dalle precedenti, la spiegazione stavolta arriva dall’America, dove alcuni ricercatori non attribuirebbero l’insorgenza della balbuzie ai geni o a una ereditarietà familiare, come si pensava fino ad oggi, bensì a un problema di afflusso sanguigno a livello cerebrale. Più ridotto in alcune specifiche sedi dell’organo: più precisamente nell’area di Broca, situata nella corteccia cerebrale, in cui nasce e si sviluppa il linguaggio, e nel lobo temporale, la zona in cui le parole, una volta apprese e ascoltate, vengono elaborate. I ricercatori avrebbero fatto anche un ulteriore passo in avanti, capendo che meno sangue fluisce in quelle precise aree del cervello, più aumenta la gravità della balbuzie.

Come si è arrivati a questa scoperta? Monitorando il flusso di sangue proprio nelle regioni del cervello deputate al linguaggio attraverso la Spettroscopia protonica di risonanza magnetica, uno strumento raffinato che ha consentito di valutare l’attività dei neuroni e rilevare eventuali anomalie. È ancora presto per dare delle conclusioni certe, ma gli esperti affermano che se ulteriori studi confermassero questa ‘ipotesi sanguigna’, si aprirebbe la via per nuovi approccio alla diagnosi, cura e trattamento della balbuzie.

 

 

Casi famosi. La balbuzie sarebbe un disturbo senza sesso, senza età e senza tempo. Infatti ci sono testimonianze di casi anche molto antichi. Ne sarebbe stati affetti ad esempio Aristotele, Marco Tullio Cicerone, Virgilio; lo statista inglese Winston Churchill; scrittori e intellettuali di grande calibro come Alessandro Manzoni passato alla storia soprattutto per “I Promessi Sposi”, Lewis Carroll autore de “Alice nel Paese delle Meraviglie”, Italo Calvino che ha scritto fra gli altri “Il barone rampante”; imperatori e re come Napoleone Bonaparte e Giorgio V il cui problema è stato interpretato al cinema da Colin Firth ne ‘Il discorso del re’; alcuni cervelloni come Isaac Newton e Charles Darwin fino a Marilyn Monroe. E chi lo avrebbe mai detto? Eppure è così e, nonostante la balbuzie, Marilyn resterà tra le donne più belle, fatali e seducenti della storia.

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