Il film da vedere nel weekend Ghost in the shell, eroina manga

Regia: Rupert Sanders.
Con: Scarlett Johansson, Michael Pitt, Juliette Binoche, Michael Wincott, Pilou Asbæk, Takeshi Kitano, Chin Han, Christopher Obi, Joseph Naufahu, Kaori Momoi, Yutaka Izumihara, Tawanda Manyimo, Rila Fukushima, Chris Obi, Danusia Samal, Lasarus Ratuere.
Dove vederlo a Bergamo e provincia: qui.
Il mondo dell’animazione giapponese, almeno da quando (erano gli ormai lontani anni Settanta), i robot giganti hanno invaso le nostre televisioni, è diventato noto ai più. Si tratta di un vero e proprio fenomeno generazionale, che ha coinvolto esclusivamente gli anime (come appunto vengono chiamati): il cinema giapponese nel suo complesso, invece, ha ancora oggi una penetrazione molto difficile in Occidente, forse a causa di una differenza culturale che coinvolge anche il modo di mettere in immagine determinati temi. Sono diverse le opere che nel contesto del cinema animato si sono distinte per la loro ambizione e per la loro capacità di creare mondi complessi, coerenti, in grado di veicolare messaggi anche profondi.
È il caso ad esempio del film Ghost in the Shell che, tratto dal manga omonimo, è divenuto un breve tempo un vero e proprio cult-movie. Quando si è sparsa la notizia che ne sarebbe stato prodotto un adattamento live-action in Occidente, i fan si sono giustamente inquietati: è noto che queste operazioni di esportazione culturale molto spesso non si rivelano efficaci proprio per una differenza di sensibilità che accompagna la creazione di certe opere. A compiere l’impresa è stato chiamato Rupert Sanders, regista ancora non proprio affermato il cui film più riuscito rimane forse ancora Biancaneve e il cacciatore.
Protagonista è, ovviamente, il Maggiore della Section 9, un reparto di pubblica sicurezza che – in un futuro prossimo completamente dominato dalla tecnologia – si trova a fronteggiare la minaccia di un cyber-terrorista. Sì, perché nel mondo tratteggiato da Ghost in the Shell qualunque elemento della vita quotidiana è mediato dalla tecnologia e il corpo individuale diventa una sorta di guscio continuamente migliorabile grazie all’innesto della tecnologia. Ciò che rende l’individuo diverso da una macchina è, a fronte di questo shell, la presenza di un’anima (ghost, appunto), propria di ogni persona e sempre identica a sé stessa nonostante la perdita di materialità del corpo.




L’operazione a cui Sanders è stato chiamato è, lo abbiamo anticipato, assolutamente problematica. Togliendosi (giustamente) dalla testa di creare un remake più o meno esatto del film animato originale, il regista ha scelto la via dell’interpretazione personale, di un adattamento che prima di tutto si sostanzia proprio nella differenza di sensibilità fra il mondo giapponese e quello americano. Se l’originale era un anime atipico che privilegiava elementi introspettivi e sospesi all’interno della narrazione, il nuovo Ghost in the Shell si lascia soprattutto apprezzare per la sua componente puramente action, per le sequenze in CGI che (proprio come le protesi tecnologiche usate dai protagonisti del film) implementano l’esperienza cinematografica.
Si tratta, evidentemente e più che mai, di una precisa scelta registica, di un volontario allontanamento da una visione del mondo che Sanders non sentiva evidentemente come propria e che non poteva sposare. Tanto meglio allora, che abbia deciso di prendere una strada completamente diversa: è senza dubbio un rischio ed evidentemente a qualcuno potrà non piacere, ma tutto sommato avere la consapevolezza di ciò che si può fare è comunque un merito. Meglio rimescolare le carte che proporre la versione impallidita di un testo leggendario. Così considerato il Ghost in the Shell di Sanders è senza dubbio diverso dall’originale, ma non per questo meno godibile.