Autodromo di Monza, mito e futuro
Nell’attesa dell’arrivo, venerdì 5 settembre, dei piloti ai paddock di Monza per il Gran Premio d’Italia di F1. Alle 10 scatterà infatti la prima sessione di prove libere. Sabato le terze libere dalle 11, mentre per le qualifiche, come di consueto, bisognerà attendere fino alle 14. Domenica, sempre alle 14, la gara: 53 giri per un totale di 306 chilometri.
Ci sono avvenimenti o luoghi diversi da tutti gli altri, perché hanno qualcosa in più, riescono ad emozionare anche solo quando se ne pronuncia il nome. Il gran premio di Monza è uno di questi e lo dimostra il fatto che, nonostante sia stato tutto un fiorire di circuiti avveniristici in giro per il globo, Monza c’è sempre, nonostante i suoi “acciacchi”, a rappresentare la sintesi perfetta di quello che si intende – davvero - per GP di Formula 1.
Il leggendario autodromo di Monza. È tra gli autodromi permanenti più antichi al mondo, insieme a quelli di Indianapolis, Spa-Francorchamps, Brooklands e a Montlhéry, ed è famoso oltre i confini nazionali per aver ospitarto il Gran Premio d'Italia di Formula 1 quasi ininterrottamente dal 1922. Non è un caso se Monza e Indianapolis siano considerati i circuiti magici, quelli dove un pilota alle prime armi sogna un giorno di vincere.
Il tracciato brianzolo è il più veloce tra quelli iridati: l'attuale record ufficiale del circuito è stato stabilito nelle prove del Gran Premio d'Italia 2004 da Rubens Barrichello alla media di 257,320 km/h. Il record assoluto del circuito, invece, è stato stabilito da Juan Pablo Montoya nelle prove libere dello stesso anno, girando in 1'19"525 con una media di 262,220 km/h.
Come tutti i luoghi mitici, porta con sé degli aneddoti: si racconta che, quando Enzo Ferrari ricevette qui il re del Belgio Leopoldo, con lui ci fosse anche la moglie Laura. E che quest’ultima avesse avuta la cattiva idea di preparare il pranzo per l’augusto ospite e di stivarlo nel bagagliaio dell’auto. E che quando venne aperto il portellone un nugolo di mosche, attratte dagli aromi delle pietanze, investisse sua maestà. Pare che il piccolo incidente mandasse su tutte le furie Enzo Ferrari, il Drake appunto, innestando un battibecco furioso con la consorte, la signora Laura.
E, come tutti i posti leggendari, viene segnato anche da fatti tragici: qui perse la vita Ascari. Siamo nel 1955, alla vigilia del Gran Premio, a sessione di test terminata, ma prima di andare a pranzare Ascari chiede di fare altri tre giri di allenamento. All'ultimo passaggio la macchina sbanda e si capovolge, schiacciando il pilota, che muore sul colpo. A cinquant'anni dalla morte, le cause rimangono ancora poco chiare. Le reazioni di cordoglio furono unanimi e la scomparsa del pilota italiano suscitò una profonda commozione in tutto il mondo dello sport. In seguito alla morte del suo pilota di punta, la Lancia annunciò l'addio alle competizioni e cedette tutto il materiale tecnico, vetture e motori, alla Ferrari. Il pilota venne poi inumato nel Cimitero Monumentale di Milano, dove giace tuttora.
Nel 1961, un’altra tragedia. Wolfgang Von Trips perde la vita durante il primo giro in seguito ad una collisione con Jim Clark alla staccata della Parabolica. La vettura di Von Trips esce di pista e vola contro le reti di protezione, dietro le quali erano accalcati numerosi spettatori. Oltre al pilota, perdono la vita 15 persone. La Ferrari non parteciperà per lutto al successivo GP, visto che ormai, dopo la vittoria della gara di Monza, Hill è matematicamente campione. Quello di Monza è, a tutt'oggi, il più grave incidente nella storia del Campionato mondiale di Formula 1 ed è stato il primo ad essere trasmesso in televisione.
Le difficoltà attuali. Purtroppo però Monza oggi sta vivendo un periodo difficile: inserita all’interno del mondo F1, fa fatica a tenere il passo dei circuiti ultramoderni che garantiscono introiti maggiori e l’interesse di un bacino d’utenza ben diverso.
Se addirittura una leggenda come Niki Lauda quando si ritrova ai box dell’autodromo di Monza definisce il circuito «grande casino» per descriverne il caos, fra bagni pubblici inavvicinabili, via vai di tecnici e giornalisti, cabine non adeguate agli standard, parcheggi “all’italiana” improvvisati in mezzo al prato, capiamo facilmente come quella di Monza stia diventando una sorta di lenta agonia.
Se osserviamo cosa resta, oggi, dell’antica gloria, in effetti lo spettacolo non è dei migliori. C’è un museo (chiuso da 17 anni), ma ci si deve accontentare di vedere la statua di Manuel Flangio, tutta lustra perché chi viene a visitare l’autodromo finisce avvinghiato a quel piccolo monumento per la foto ricordo. Tutt’intorno muri che segnano il passare del tempo (la vernice scrostata fa riemergere graffiti romantici: “Senna”, “Villeneuve”, “Gilles toujours avec moi”) e un deposito di gomme a cielo aperto.
Quale futuro? Bernie Ecclestone, patron della F1, più volte ne ha criticato il difficoltoso introito economico, facendo capire che difficilmente dopo il 2016 ci sarà, per Monza, un futuro. Un annuncio che suona come la premessa a una condanna a morte e si trasforma in choc per gli appassionati dei motori e le autorità locali.
Il sindaco di Monza, Roberto Scanagatti, e il governatore della Lombardia, Roberto Maroni, hanno chiesto l’intervento di Renzi. I piloti più famosi, Alonso, Massa e Button, hanno fatto quadrato per difendere il mitico “tempio della velocità”, che Enzo Ferrari amava e dove Nuvolari, Mansell, Senna e Shumacher correvano più in fretta che altrove.