La situazione pre-voto britannico (La May ha di che preoccuparsi)

Quando, con molta spavalderia, il 19 aprile scorso aveva fatto approvare lo scioglimento anticipato della Camera dei Comuni, Theresa May era convinta che quella verso il voto sarebbe stata una passeggiata. Ed era convinzione diffusa da parte di tutti gli osservatori. La May era salita al potere, scalzando David Cameron, il leader conservatore che aveva vinto a sorpresa con grande vantaggio le elezioni del maggio 2015, ma aveva poi rovinosamente perso il referendum sulla Brexit.
La proposta tempestiva di voto. I Tory (che sulla Brexit erano stati divisi) avevano deciso di portare a Downing Street una leader che invece si era schierata a favore dell’uscita dall’Europa, Theresa May. Avrebbe potuto governare sino al 2020, cioè alla scadenza naturale della legislatura. Invece la May, sull’onda di sondaggi che davano i Laburisti in una situazione di disfatta, aveva voluto prendere il toro per corna e ricevere quell’investitura popolare che le mancava. Quel 19 aprile, fuori dal portone del n.10 di Downing Street, aveva dichiarato di voler affrontare una nuova sfida elettorale per consolidare la maggioranza parlamentare favorevole alla Brexit, andando così a «rinforzare la nostra mano nelle trattative» con l'Unione Europea. Così il voto è stato fissato per l’8 giugno. Un “voto lampo”, è stato definito.
I numeri ballerini. I numeri confermavano la bontà della sua decisione: il giorno dopo l’annuncio delle elezioni anticipate tutti i sondaggi davano i Conservatori al 44 per cento (Cameron vinse con il 37 per cento) e il Laburisti 20 punti indietro. I populisti di Farage, “sazi” per il voto trionfale sulla Brexit erano dati al 10 per cento.
Ma da quel giorno i movimenti dell’elettorato hanno iniziato a essere rapidi e abbastanza inquietanti per i Conservatori: l’opposizione laburista che veniva data per sconfitta in partenza ha invece cominciato punto per punto a risalire la china. Il 22 maggio, all’indomani dell’attentato di Manchester, la distanza si era dimezzata con un 45 a 35. Gli ultimi sondaggi fatti dopo il nuovo attentato di Londra danno addirittura un testa a testa, con distanze tra i tre e i quattro punti.
Gli errori della May. Cos’è successo? Cosa ha sbagliato Theresa May? L’errore fondamentale è stata la sottovalutazione del terrorismo. Il primo ministro ha continuato a fare campagna elettorale mettendo al centro il distacco dall’Europa e la necessità di avere un governo forte per condurre le trattative molto complicate con Bruxelles. Non si è accorta che intanto l’elettorato stava cambiando la gerarchia delle sue priorità, e il tema sicurezza era salito in testa a tutte le preoccupazioni.
La May così si è fatta trovare impreparata, tanto che il leader Laburista, Jeremy Corbyn, che pur non è un grande stratega dei consensi, è riuscito facilmente a metterla in grave difficoltà. La May infatti, nei governi Cameron era stata per sei anni ministro degli Interni, e in quel ruolo si era resa responsabile di tagli alla polizia. «Non si può proteggere il Paese con i tagli alla sicurezza», ha detto Corbyn in un comizio dopo l’attentato di London Bridge. «La polizia e i servizi segreti devono avere le risorse di cui hanno bisogno, non subire tagli di 20mila uomini. Theresa May era stata avvertita dalla Police Federation (il sindacato di polizia, ndr), ma li accusò di gridare “Al lupo, al lupo”». Il vide di quell’incontro impazza sul web. E per Theresa May, con il voto alle porte, rischiano di essere dolori seri.