La food court di Oriocenter Un nuovo Albero della Vita
Abbiamo la Food Court più bella d’Europa. Senza virgolette: non sono solo parole di Percassi, ma un dato di fatto. Non tanto perché siamo stati in tutte le aree ristoro d’Europa, ma perché è davvero difficile pensare che ce ne possano essere di più belle. Che la Wood Beton e l'ingegner Giovanni Spatti fossero una garanzia lo sapevamo da Expo 2015, quando l’Albero della Vita, che portava la loro firma, aveva stregato tutto il mondo. Ma a quanto pare, anche questa volta, per l’ampliamento di Oriocenter, si sono superati: in soli trenta giorni hanno installato una struttura di rara bellezza, fascino e funzionalità.
Ispirata, e si vede, dall’opera realizzata per Expo Milano 2015: si tratta di otto sagome d’albero che avvolgono altrettanti pilastri. Ogni albero è formato da ventisei “rami” che si dividono dal pavimento e arrivano fino al controsoffitto e alle vetrate di copertura. A rendere il tutto ancora più suggestivo, le foglie in legno lamellare sagomato, due per ognuno degli otto “alberi”. Il risultato è un’area straordinariamente godibile: ventuno attività, ottocento posti a sedere distribuiti su mille e quattrocento metri quadrati, in quello che sembra un giardino zen moderno, con tanto di sole che filtra dalle vetrate attraverso gli spazi tra i rami dell'installazione. Si può raccontare questa struttura in tanti modi. Noi abbiamo scelto di farlo immaginando una comitiva di turisti in visita all’"Antico centro commerciale di Orio" nel 2317.
Arrabbiati con i nostri amici che ci hanno trascinato in una città d’arte, che non ha nemmeno il mare, strisciamo i piedi sul pavimento fatiscente di questo complesso in rovina («I bombardamenti del 2278 l’hanno reso inagibile», ci spiega la guida), schivando alcuni accattoni travestiti con costumi del XXI secolo per spillare qualche centesimo a noi turisti. Superiamo le rovine di quelli che erano negozi di abbigliamento e di rudimentali apparecchi tecnologici («erano i secoli in cui si iniziavano a diffondere i primi cellulari»), e ci troviamo di fronte a una delle meraviglie di quel secolo grandioso, miracolosamente sottratta alla devastazione. La guida inizia a spiegare: «Definita da Antonio Percassi, il committente dell’opera, ”la più bella area ristoro d’Europa”, venne realizzata dall’ingegnere Giovanni Spatti sul modello di un suo precedente lavoro, il famoso Albero della Vita, simbolo dell’Esposizione Universale di Milano del 2015. L’opera venne realizzata in soli trenta giorni, nel maggio del 2017. Un vero e proprio record, soprattutto per quei tempi, in cui era ancora importante il lavoro manuale. Come potete notare, si tratta di otto pilastri rivestiti da sagome d’albero».
Di fronte a questo spettacolo, ci dimentichiamo del mare. La guida continua: «Ora, qui lo dico e qui lo nego, i restauratori non stanno facendo un buon lavoro e il legno si è imbarcato nel corso dei secoli, ma è possibile comunque apprezzare la precisione seriale della doppia curvatura con torsione lungo l’asse di questi elementi: ai tempi era assolutamente innovativo lavorare il legno in questo modo, una vera propria sfida. Parliamo di un’opera geniale, e in generale di una vera e propria istituzione di quel secolo. Se non ci sono domande, potete dare un’occhiata in giro e ci vediamo qui tra mezz’ora per visitare l'aereoporto». Di domande ne avrei a grappoli, ma sono molto timido. Sfrego nervosamente le unghie sul marsupio, fino a che qualcuno alza la mano. Chiede come sia possibile che ci abbiano messo solo trenta giorni. «Preassemblaggio a piè d’opera – spiega la guida, evidentemente abituata a questo genere di domande – gruppi di sei o sette “rami” sollevati con delle carrucole. Ma comunque se andate al negozio potete acquistare dei video che contengono documentari sul processo di installazione».
Forse anche nel futuro ci saranno delle guide esperte in marketing, non lo possiamo sapere, e non possiamo nemmeno sapere quale sarà il destino di quest’opera meravigliosa, orgogliosamente nei nostri confini. Non possiamo sapere nemmeno se davvero un domani qualcuno preferirà i resti dei centri commerciali alle chiese rinascimentali. Ci piace pensare però di essere di fronte a un pezzetto di storia. Alla fine i centri commerciali sono le chiese del consumismo, e che ci piaccia o no, che lo si ammetta o no, alla fine non ci dispiace poi tanto passarci i sabati e le domeniche. In ogni caso, vogliamo pensare che in un qualche libro di storia dell’arte dei nipoti dei nostri nipoti, da qualche parte ci sia scritto: «La Food Court di Orio Center, di Spatti e della Wood Beton, da molti considerata la più bella d'Europa».