Ballottaggi, giorno amaro per il PD Il voto ribalta quasi tutti i tavoli

Regola prima, rovesciare il tavolo. Sembra questa la logica seguita dai (pochi) elettori che ieri sono andati per il secondo turno di ballottaggio delle elezioni comunali. Dato che i tavoli in gran parte dei casi erano nelle mani del Pd, oggi il partito di Renzi deve fare i conti con una sconfitta di ampiezza davvero inaspettata. L’elettore un po’ esasperato, un po’ disilluso, sempre più libero da ogni senso di appartenenza politica, ieri ha votato ovunque contro lo status quo, anche laddove sembrava che lo status quo fosse fattore certo e inamovibile.
Il ribaltone, e il PD soffre. Prendete l’Emilia Romagna, terra da sempre di certezze elettorali. Ebbene ieri il Pd in questa regione-feudo ha perso cinque ballottaggi su cinque: Parma, Piacenza, Riccione, Vignola e Budrio. Non è da meno la Lombardia, che nelle ultime tornate elettorali si era spostata sempre verso il centrosinistra. Invece il Pd ha perso tre capoluoghi (Como, Lodi e Monza) e soprattutto è andato sotto in modo clamoroso, anche per le proporzioni, a Sesto San Giovanni, la ex roccaforte operaia dove la sindaca uscente Monica Chittò è stata staccata di ben 17 lunghezze dal giovane Roberto Di Stefano, della lista civica Sesto nel cuore, sostenuta da tutto il centrodestra.
E che dire della Toscana? Il Pd perde clamorosamente Pistoia, a poche decine di chilometri dalla capitale del renzismo: il sindaco uscente Samuele Bertinelli è stato affondato da Alessandro Tomasi, un giovane politico che viene da Alleanza nazionale. A Carrara invece il ribaltone lo ha fatto un candidato dei 5Stelle, mentre a Lucca il Pd si è salvato per il rotto della cuffia: l’uscente Alessandro Tambellini viene confermato con il 50,52 % di voti (in cifre assolute la differenza è di meno di 250 preferenze a suo favore...).
Dal punto di vista politico però il dato più importante è quello della Liguria. Qui il Pd perde una grande città, Genova, e un comune capoluogo La Spezia. Due ribaltoni storici, perché città nelle quali il centrodestra non aveva mai vinto. Due ribaltoni che non possono non preoccupare il Pd perché dimostrano come la “strategia Toti” capace di aggregare tutto il centrodestra possa essere una filosofia vincente in quest’Italia quanto mai inquieta dal punto di vista elettorale.
Male pure i 5stelle. Se il Pd piange i 5Stelle non possono certo ridere. È vero che non hanno investito molto su questa campagna elettorale, ma l’esito finale dimostra che il Movimento non ha terminali veri sui territori. Che, a dispetto delle regole che si è dato di democrazia tutta orizzontale, è in realtà un movimento oltre che verticistico, molto centralistico. Beppe Grillo, a cui il fiuto non manca, ha cercato di arginare la frana cavalcando nelle ultime settimane il tema che certamente è stato decisivo nell’orientare le scelte degli elettori: quello dei migranti.
Silvio sta tornando? Alla fine il centrodestra ha vinto quasi per inerzia, grazie al renzismo che è entrato in una fase di stallo da cui non riesce a sbloccarsi, e grazie alla questione dei migranti sulla quale ha avuto campo libero per affermare una posizione populista che oggi fa certamente breccia sulle persone. Per il 2018 quindi la partita è quanto mai aperta. Il centrodestra sembra aver trovato una sua “quadra”. E se la corte di Strasburgo dovesse dar ragione a Berlusconi e ridargli la possibilità di scendere di nuovo nell’arena, ne vedremo delle belle...