La lettera di una dottoressa

Un po' di verità per Charlie Gard

Un po' di verità per Charlie Gard
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Il caso del piccolo Charlie continua a scuotere l’opinione pubblica mondiale. Domenica anche Papa Francesco aveva fatto sentire la sua voce con parole molto calibrate, tramite un comunicato della sala stampa varicana: «Il Papa segue con affetto e commozione la vicenda del piccolo Charlie Gard ed esprime la propria vicinanza ai suoi genitori. Per essi prega, auspicando che non si trascuri il loro desiderio di accompagnare e curare sino alla fine il proprio bimbo».

A ruota era arrivato anche l’annuncio dell’ospedale Bambin Gesù di Roma, che dava la sua disponibilità da accogliere Charlie. «Sappiamo che il caso è disperato e che, a quanto risulta, non vi sono terapie efficaci», ha spiegato la presidente Marella Enoc. «Siamo vicini ai genitori nella preghiera e siamo disponibili ad accogliere il bimbo per il tempo che gli resterà da vivere se i genitori lo vorranno». La presidente ha detto anche di essere in contatto con i medici londinesi per valutare la fattibilità o meno di un eventuale trasferimento.

 

 

Anche il presidente Trump con un tweet aveva mostrato disponibilità ad accogliere il desiderio dei genitori di Charlie di tentare una cura sperimentale negli Stati Uniti. Per rendere possibile questo estremo tentativo era partita anche una campagna di raccolta fondi a cui hanno aderito spontaneamente oltre 80mila persone. Ma nel frattempo le condizioni di Charlie si sono aggravate di fatto vanificando questa già esile speranza. I genitori, consapevoli che non ci sono vie di uscita, hanno chiesto rispetto della privacy.

In questo caso che ha scosso le coscienze di tutti e che ha avuto una rilevanza mediatica enorme, nei giorni scorsi si è inserita anche la voce di un'anestesista milanese cattolica che ha rivelato di avere seguito due casi simili a quelli di Charlie (evidentemente la sua patologia è meno raro di quanto sia stato detto).  «Ho seguito anch’io due bambini con una forma di patologia uguale a quella di Charlie e non potete immaginare quanto mi hanno dato», ha scritto Alessandra Rigoli, specializzanda in Rianimazione e Anestesia a Milano. «E, uno in particolare, l’ho tenuto in braccio a lungo nelle ore in cui si stava spegnendo dopo che abbiamo tolto il tubo (si fa così ovunque, non solo a Londra, nelle poche realtà in cui questi bimbi sopravvivono ai primi mesi di vita) mentre il papà si prendeva una piccola pausa. E sento ancora il suo calore che mi riempie di qualcosa di sconosciuto. E credo lui farà sempre parte di me».

 

 

Quella di Alessandra Rigoli è una testimonianza che si distingue per passione e competenza e che dice quanto l’enfasi mediatica stia alterando la percezione pubblica sul dramma del piccolo Charlie e della sua famiglia. Alessandra Rigoli si è decisa a questa uscita pubblica riaffermando la sua posizione di fede, per far capire a tutti che i medici di Londra non sono assassini e che quello di Charlie non è un caso di eutanasia. «Sospendere un trattamento invasivo quale la ventilazione meccanica o il supporto farmacologico del sistema cardiocircolatorio diventa un obbligo morale in queste circostanze. E lo scopo non è far morire il bambino (come nel caso dell’eutanasia), ma interrompere un atto artificiale immotivato, ingiustificato, ingiusto. Talvolta si protrae un trattamento simile per dare il tempo ai genitori di essere pronti, mettendo pertanto il bene dei genitori davanti a quello del bambino, ma questo vale per un certo periodo di tempo».

È probabilmente proprio quello che sta accadendo a Londra, dove si vuole dare tempo ai genitori per accompagnare il loro bambino, rimandando le scadenze. Del resto come ha segnalato Roberto Colombo, commentatore per Avvenire ed esperto in bioetico, sulla guida che l’ospedale londinese distribuisce a tutti i genitori sta scritta questa raccomandazione: «Che i genitori prendano le decisioni sulla cura della salute dei loro figli basate su quello che essi intuiscono sia il “benessere” o il “miglior interesse” del bambino». Il crinale è sottile, tra amore dei genitori e miglior interesse del bambino. La lettera di Alessandra Rigoli può aiutare a capire, senza cancellare il dolore che una storia così porta con sé.

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