Ucraina, la prudenza dell'Europa
Galles, UK. 5 settembre. Gli ambasciatori dei 28 paesi dell’Ue, riuniti a seguito dei persistenti focolai di guerra in Ucraina, hanno raggiunto un accordo per l’adozione di nuove e più consistenti misure economiche contro la Russia, responsabile - a loro giudizio - di averli provocati. Formalmente la decisione sarà ratificata lunedì 8 settembre. Ne danno notizia con una lettera congiunta i presidenti del Consiglio europeo Herman Van Rompuy e della Commissione José Manuel Barroso.
Il nuovo pacchetto, è detto nella lettera, «rafforzerà il principio che le sanzioni dell’Ue hanno l’obiettivo di promuovere un cambio di atteggiamento della Russia in Ucraina». E dunque è probabile che le nuove misure non saranno mai adottate perché nel frattempo nell’Ucraina medesima si è raggiunto un cessate il fuoco che - nonostante le solite reciproche accuse di violazioni - sembra destinato a resistere.
E perché il pacchetto, come ha fatto sapere il nostro premier Renzi, è connesso con l’applicazione dell’accordo sulla tregua. La cancelliera Merkel, da parte sua, ha già detto più volte che se la Russia cesserà di alimentare i torbidi non metterà in atto neanche il precedente.
Nell’occasione non si riuniva però solo una UE sempre più incerta sul proprio ruolo. C’erano anche i ben più decisi vertici della NATO, l’Alleanza militare dei Paesi del Nordatlantico. E il suo Segretario Generale, Anders Fogh Rasmussen, ha fatto scrivere sul sito ufficiale che gli Alleati hanno deciso un “un pacchetto completo e su misura di iniziative” a sostegno dell’Ucraina. Esso si articola in quattro ambiti principali: prestazioni sanitarie riabilitative per i militari feriti; logistica; comando e relativo controllo delle comunicazioni, e - per la prima volta - un settore dedicato alla cyber-difesa, ossia alla guerra informatica che entra così a pieno titolo fra le competenze istituzionali dell’Alleanza. Il tutto per una cifra attorno ai 15 milioni di euro.
Solo dopo le elezioni politiche in Ucraina - il 26 ottobre prossimo - sarà posta in discussione anche la diretta adesione di Kiev alla NATO.
In relazione con l’andamento di queste complesse trattative, ha detto il premier francese Hollande ormai al limite inferiore del gradimento nel suo Paese, sarà presa anche la decisione se consegnare o meno alla Russia le navi da guerra Mistral già pronte a prendere il largo. Ma si tratta di avvertimenti destinati a lasciare il tempo che trovano.
La decisione pesante è quella che concerne il Rap (Readiness Action Plan [Piano di Risposta Rapida]), che oltre alle richiamate misure informatiche comporta la messa a punto di cinque nuove basi militari nei Paesi Baltici (tre) in Polonia e Romania. Ossia sulla verticale geopolitica costituita da quegli Stati della Ue che sono geneticamente ostili all’ex invasore sovietico e che si sono di recente sentiti minacciati da alcune uscite di esponenti militari russi. Le basi disporranno di mezzi aeronavali, depositi di armi pesanti e - a rotazione - di una brigata di forze speciali.
Commentando questa decisione il presidente Obama ha detto: «Difenderemo ogni alleato in Europa. Questo è un obbligo vincolante, non negoziabile. Un attacco a un Paese Nato è un attacco a tutti i Paesi Nato». Lasciando intendere, con questo, che per l’amministrazione americana l’inserimento dell’Ucraina fra quei “tutti” è da considerarsi fatto compiuto.
Non desta alcuno stupore, a questo punto, che Putin abbia fatto sapere, di rimando, che decisioni come quelle di cui si è detto costituiscono una seria minaccia per la pace. Purtroppo per noi, non è detto che abbia torto.
Ha scritto di recente il Generale Fabio Mini:
«Ormai gli americani ci hanno abituato a verificare che ogni balzana idea di guerra viene puntualmente messa in pratica. Ciò che appariva rispetto per l’Ucraina prima dell’accordo Russia-Cina [per la fornitura di gas siberiano a Pechino, ndr.] era la volontà degli Stati Uniti di mettere in crisi l’Europa nei suoi rapporti con Mosca, far fallire Gazprom e quindi tutta la Russia, rifornire a caro prezzo il minimo di risorse per non far tracollare l’Europa, assimilare il capitale russo di riserve e di strutture estrattive e di trasporto a prezzo stracciato. La crisi ucraina non è stata affatto un movimento spontaneo di piazza e una lotta per la libertà, e nemmeno un colpo di Stato nazifascista, ma una ben organizzata serie di destabilizzazioni alla ricerca di un assetto favorevole agli interesse statunitensi piuttosto che a quelli ucraini. (F.M., La strana coppia Russia-Cina figlia delle manipolazioni e degli errori di Obama; Limes, 8 - agosto 2014)
Persa la scommessa sul gas, gli USA potrebbero realmente decidersi ad un’azione militare. Speriamo dunque che Renzi e Merkel mantengano la testa a posto e che la doppia strategia nei confronti di Mosca da loro auspicata - consistente nel continuare a mostrare una quasi dovuta «durezza», lasciando tuttavia «aperta la porta al dialogo» - prevalga sulle idee balzane evocate dal Generale Mini. Anche Putin, a questo punto, potrebbe finalmente tirare un respiro di sollievo.