L'ordinanza di Torre Boldone

L’accoglienza diffusa dei migranti non si fa sulla testa dei sindaci

L’accoglienza diffusa dei migranti non si fa sulla testa dei sindaci
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«Il sindaco ordina ai proprietari di beni immobili di comunicare preventivamente all’Amministrazione Comunale la sottoscrizione di contratti che abbiano tra le possibili finalità l’ospitalità di richiedenti asilo. In caso di violazione degli obblighi e degli ordini previsti, i soggetti interessati sono puniti con una sanzione amministrativa da 500 a 2.500 euro per ogni violazione commessa». Lo si legge nell’ordinanza 18 promulgata l’8 agosto dal primo cittadino di Torre Boldone, Claudio Sessa. Una presa di posizione netta, autoritaria e giustificata nel testo da una serie di premesse che, se snocciolate, suonano più o meno come un appello al diritto del sindaco di essere informato su quanto accade nel territorio di cui è responsabile. In sostanza, chi ha intenzione di ospitare profughi e soprattutto richiedenti asilo è tenuto a informare il sindaco, legittimato «ad assumere i propri poteri (...) al fine di prevenire situazioni emergenziali e garantire l’adeguata conoscenza della situazione relativamente al proprio territorio comunale».

 

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Non è questione di Lega o no. Le osservazioni a questo punto sono due: innanzitutto Claudio Sessa non è propriamente un sindaco leghista. La lotta all’accoglienza diffusa fino ad ora si era limitata ad ordinanze “fotocopia” di sindaci del Carroccio, come Michele Jacobelli di Palazzago («Lo faccio per tutelare la sicurezza dei miei cittadini. Chi ospita questi presunti profughi fa un’attività commerciale, allora deve avvisare prima il Comune»), Simona Pergreffi di Azzano («Un privato non può affittare uno spazio, piazzarci dieci o quindici persone senza comunicarlo prima al Comune. Noi dobbiamo saperlo in anticipo, per poter fare i controlli sugli alloggi») e Giovanni Malanchini di Spirano. Perché sia importante questa osservazione è presto detto: da anni ormai lo scontro sull’immigrazione è al centro della politica locale e nazionale. E in Italia il normale processo di strumentalizzazione ha portato a un’identificazione della Lega come il partito a priori anti-immigrazione e del Pd come il partito a priori pro-immigrazione. L’impressione è che non sia questo il caso, che al di là delle bandiere verdi e degli slogan filo-salviniani, la questione sia decisamente più seria.

 

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Il diritto del Sindaco a sapere. E qui è bene fare una seconda osservazione: a scatenare questa agguerrita campagna (non più solo) leghista è stata la modalità stessa della procedura per l’accoglienza, che di fatto scavalca l’autorità comunale. Per accogliere richiedenti asilo è necessario e sufficiente sottoscrivere contratti con la Prefettura, senza chiedere consenso al Comune di appartenenza. Per questo è sbagliato parlare di bandiere politiche, di schieramenti, di Lega contro Pd. Il nocciolo della questione riguarda la tensione e il rapporto tra i poteri interessati. Un’autorità che viene scavalcata, che viene privata del diritto di gestione consapevole del proprio territorio, cessa di essere autorità e ha il diritto di richiamare le parti all’ordine. Sempre nell’ordinanza di Torre Boldone si legge che il sindaco non ha diritto di veto su contratti stipulati tra privati e Prefettura, ma è legittimato ad esserne informato qualora questi contratti riguardassero il territorio di sua competenza. Insomma, scavalcare il sindaco si può, ma fino a un certo punto. Non si tratta quindi solo di una campagna legata all’accoglienza di profughi, ma di una questione che mette sul piatto anche (e soprattutto?) i rapporti tra le autorità.

 

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L'obbligo d'informare i Comuni. Certo, quando Giorgio Gori dice che «quello della Lega è un tentativo, evidente, di ostacolare l’accoglienza diffusa, ovvero la modalità più efficace, sicura e civile di organizzare l’accoglienza dei richiedenti asilo», non dice cose campate per aria. Ma il punto è che, Lega o non Lega, il problema è grosso e richiede una soluzione che, tuttavia, deve tener conto di tutte le parti coinvolte, opposizione e sindaci “scavalcati” compresi. In Comune a Gori è stata sottoposta una mozione promossa dai politici leghisti dell’opposizione, guidati da Alberto Ribolla. Ribolla chiede che la Giunta approvi una serie di obblighi per chi decide di accogliere richiedenti asilo. Una mozione che lo stesso Ribolla, definisce «soft», limitata alla sottoscrizione dell’obbligo, da parte di chi ospita, di tenere informato il Comune prima, durante e dopo l’attività. Non è detto che sia questa la soluzione: l’entità delle sanzioni proposte dai leghisti e da Sessa è un deterrente notevole per chiunque volesse ospitare, così come le complicazioni burocratiche, che inevitabilmente scoraggiano le iniziative di accoglienza diffusa. Sta di fatto che non si tratta soltanto di opposizione contro maggioranza, ma di una questione per cui è doveroso, quantomeno, aprire un dialogo onde evitare uno dei soliti pasticci all’italiana.

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