Una bella sorpresa: dopo 35 anni il buco dell'ozono si restringe
Dopo anni di catastrofismi e annunci apocalittici, finalmente un notizia positiva: il buco dell’ozono sembra che stia cominciando a ridursi. È quanto emerso dalla relazione finale di uno studio effettuato dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) e dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (Omm). Stando ai risultati del documento, inoltre, pare che la situazione volgerà sempre di più verso il meglio.
Che cosa sono l’ozono e il suo “buco”. Di per sé, l’ozono è un gas altamente tossico e velenoso, che per gli esseri viventi, in caso di contatto diretto, risulterebbe quasi letale. Ma visto che le enormi quantità di ozono presenti sulla Terra si trovano a circa 50 chilometri da noi, nella stratosfera, non ne subiamo gli effetti nocivi, anzi ne godiamo importantissimi benefici: l’enorme strato di questo gas che ricopre l’intero pianeta è infatti fondamentale per proteggerci dai raggi ultravioletti del sole, i quali, in assenza dell’ozono, sarebbero per noi insopportabili.
Ora, già da qualche decennio, in varie zone, l’ozono ha cominciato ad assottigliarsi (senza creare un vero e proprio “buco”, benché per comodità venga così definito) a causa di alcune esalazioni derivanti dalla nostra abitudini quotidiane; e non bisogna pensare allo scarico delle macchine o delle grandi industrie, ma a sostanze ben più anonime e comuni, impiegate ad esempio per l’utilizzo dei frigoriferi più datati, delle bombolette spray o degli estintori. La riduzione maggiore si è avuta in Antartide, dove nel 2006 si estese per 30 milioni di chilometri quadrati.
Gli effetti negativi di questo assottigliamento dell’ozono sono molteplici: da un esponenziale aumento del rischio di tumori alla pelle per gli esseri umani, fino a gravi danni all’agricoltura, agli occhi e in generale al nostro sistema immunitario.
I primi provvedimenti. Il formarsi di questo “buco” dell’ozono venne notato dagli scienziati solo verso la fine degli anni Ottanta. I ricercatori notarono che nel corso dell’inverno antartico, a causa delle condizioni atmosferiche, si accumulavano sopra l’Antartide grandi quantità di clorofluorocarburi (CFC), esalate proprio dagli oggetti sopra citati. Con l’arrivo del periodo estivo e dell’esposizione ai raggi solari, si liberavano grandi quantità di cloro che causavano una sensibile riduzione dell’ozono.
Ad appena due anni dalla sconcertante scoperta, nel 1987 fu siglato il Protocollo di Montreal per bandire l’utilizzo dei CFC. Fu un successo diplomatico senza precedenti per l’ONU: tutti i Paesi partecipanti all’assemblea siglarono il patto per ridurre al minimo le conseguenze dell’attività umana sulla “coperta” protettiva d’ozono. Senza quel provvedimento, raccontano oggi i ricercatori che all’epoca parteciparono all’iniziativa, a quest’ora l’assottigliamento dello strato di ozono avrebbe interessato buona parte del Pianeta, con conseguenze drammatiche per gli ecosistemi. Invece, grazie alla messa al bando dei CFC, entro il 2080 i livelli globali di ozono dovrebbero tornare a un livello comparabile a quelli degli anni Cinquanta.
Arrivano le buone notizie. E oggi si può dire che questo processo inverso ha cominciato effettivamente a verificarsi. Lo scienziato della Nasa Paul A. Newman, alla guida del team di 300 scienziati che hanno lavorato al rapporto, ha spiegato come dal 2000 al 2013 i livelli di ozono sono aumentati del 4 percento in latitudini chiave medio-settentrionali. Se si manterrà questa parabola positiva, entro il 2030 verranno impediti più di due milioni di casi di tumore alla pelle, oltre ad un cospicuo numero di danni evitati a tutto l’ecosistema terrestre.