L'assurdità di portare a scuola anche i ragazzi delle medie

I ragazzini che frequentano le scuole medie non possono andare a casa da soli. È l’ultimo dei bizantinismi giuridici in cui l’Italia si trova imbrigliata, senza che nessuno riesca (o si prenda la responsabilità) di rompere questa un po’ surreale catena, che complica la vita di milioni di famiglie. Tutto nasce da una sentenza della Corte di Cassazione che definisce i confini di responsabilità della scuola rispetto alla sicurezza dei ragazzi: non è responsabilità relativa solo all’orario scolastico ma va intesa estesa anche a ciò che accade nei dintorni della scuola, ad esempio la salita sull’autobus che ferma davanti all’uscita (propria da un incidente del genere era scattata la polemica e quindi la sentenza della Cassazione).
Il nonsense delle istituzioni. Ovviamente i presidi, giustamente spaventati, hanno alzato una difesa, imponendo una sorta di consegna formale dei ragazzini dalle mani del personale scolastico a quelle dei famigliari o dei delegati dai famigliari. La ministra Fedeli presa in mezzo non ha saputo far altro che mettersi dalla parte del personale scolastico e raccomandare alle famiglie di organizzarsi. Con un po’ di buonismo fuori luogo ha consigliato di far leva sui nonni, sempre che i nonni, con l’età pensionabile sempre più alta, in realtà non lavorino ancora.
I numeri della "protettività" italiana. E allora? Come rompere l’assedio di questo problema davvero un po’ assurdo? Bisogna tenere presente che le famiglie italiane sono per loro natura molto protettive, tanto è vero che secondo un’indagine fatta tempo fa dal CNR solo il 30 per cento dei ragazzini va e torna da scuola da solo. In Inghilterra e Germania, per avere un metro di paragone, quelli che se la cavano senza farsi prendere per mano da un adulto sono tra l’80 e l’85 per cento; in Francia siamo al 60 per cento. La polemica ha preso di sprovvista un po’ tutti, compreso l’ex premier Matteo Renzi, che ha messo al lavoro la commissione scuola del Pd per trovare una soluzione legislativa che faccia uscire le famiglie dall’impasse. C’è da stare a vedere come riusciranno a sciogliere il nodo.
Il parere di Novara, pedagogista. Intanto però sulla questione è intervenuto in modo deciso uno dei più noti e popolari pedagogisti italiani, Daniele Novara, intervistato ieri da Sara De Carli per il sito Vita.it. «Una questione surreale», la definisce Novara, «un insulto al buon senso. Un argomento da chiacchiere da parrucchiera». La domanda secondo il pedagogista sarebbe da ribaltare: «Avete presente i “ragazzini” di terza media? A 13 anni e dieci mesi sono alti 1,80, ben più delle loro mamme. E dovrebbero andare a casa scortati da un adulto? È una forma di vessazione e di mortificazione nei loro confronti. La cosa logica è che vadano e tornino da soli».
Novara poi indica anche una via di uscita da questa trappola legale in cui l’Italia si è infilata. «Se la mettiamo su questo piano», spiega, «la legge è appellabile perché contro la Convenzione Onu dei Diritti dei bambini e degli adolescenti che l’Italia ha ratificato. In quella convenzione si parla anche di diritto alla mobilità, all’autonomia e alla libertà dei bambini in relazione all’età. In teoria se si vedono due genitori che tengono un bambino di 9 anni ancora nel passeggino, li si potrebbe denunciare per violazione di quella Convenzione». Il prossimo 20 novembre in tutto il mondo si celebra la giornata per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Per questo Novara lancia un’idea: «Un flash mob in favore della dignità dei nostri ragazzi: nessuno vada a prendere i figli alle medie quel giorno».