Come resistere alla fine dei negozi? «Abbiamo 4 segreti di lunga vita»

In città le salumerie sono una specie in via di estinzione. Tra i “resistenti” c’è la bottega di Carmelo, in via Quattro Novembre, verso via Broseta. Carmelo La Marca viene da Palermo, ha sessantaquattro anni; ha aperto la salumeria nel 1985. E resiste molto bene, grazie a quattro segreti. Del tutto semplici. Racconta: «Noi lavoriamo dodici ore al giorno per dare un buon servizio ai clienti. Primo. Bisogna lavorare tanto e garantire qualità (secondo) e buon prezzo (terzo). E gentilezza (quarto). Tutto lì. Sono cose che poi allungano la vita». Carmelo La Marca sorride in una mattina grigia di novembre; indossa la giacca bianca immacolata dei cuochi e il cappellino.
Senza calendario e senza orologio. Con lui in salumeria ci sono la moglie Santina e il figlio Gaetano. Manca solamente la figlia Daniela, che ha scelto un altro mestiere. Il segreto è il lavoro della famiglia, senza guardare l’orologio. La moglie Santina alla domanda: «Quando vi siete sposati?» ha un dubbio. Era il 1981 o il 1980? E poi commenta: «Guardi, noi non guardiamo il calendario o l’orologio, noi viviamo alla giornata, forse per questo non ricordo bene. Nel senso che ogni giorno sappiamo che dobbiamo lavorare e mettercela tutta, non importa se è domenica o lunedì, se sono le otto di sera o le sette di mattina».
La mensa di Palermo e il militare. Carmelo La Marca è nato ad Agira, in provincia di Enna. «Lavoro non ce n’era - racconta -. Però avevo un parente ragioniere a Palermo, che mi trovò un posto nella cucina della mensa della ditta Fratelli Costanzo che stava costruendo la bretella autostradale di Palermo. Lì ho cominciato a dare una mano, a imparare. Avevo quattordici anni. Facevo di tutto, lavavo le pentole, aiutavo a preparare gli ingredienti, andavo a fare le spese in pescheria, nei diversi negozi. Ho imparato molto e così quando sono partito per il servizio militare, nel 1973, mi hanno messo a fare il cuoco. C’erano quei pentoloni che si muovevano con il braccio e la catena, una piccola gru... buttavamo quindici chili di pasta alla volta, e c’erano più di trenta litri di acqua. Ho fatto il soldato al 68° Fanteria della Legnano, lo stesso della caserma Montelungo di Bergamo, ma io stavo nella caserma di Monza, mille e duecento soldati. Una bella esperienza. Mi diedero il lasciapassare per entrare e uscire dalla caserma quando volevo. Così per tre sere alla settimana riuscivo a dare una mano in una pizzeria ristorante di Monza, in centro. Guadagnavo e imparavo sempre meglio».
Al ristorante del Moro e poi il giro del mondo. A Monza, Carmelo conobbe un signore di Bergamo, questi gli disse che al ristorante del Moro, che si trovava in Porta Nuova, cercavano un aiuto cuoco. E Carmelo, che stava finendo il militare, arrivò nella nostra città. «Il conduttore del Moro era il signor Ruggeri, lo chef si chiamava Giovanni Gervasoni. Mi ha insegnato tutta la cucina bergamasca: il carrello dei bolliti, i casoncelli, i brasati... vede, i brasati allora si facevano con il “cappello di prete” che è venato di grasso, una delizia. Lo tenevamo due giorni nel vino, poi si mettevano chiodi di garofano, aglio... lo faccio ancora così, soltanto che uso il magatello perché oggi la gente vuole la carne magra». Non si fermò a Bergamo. Dopo l’esperienza del Moro, Carmelo andò a lavorare sulle navi mercantili della Grimaldi, che aveva base a Palermo, per tre anni. Arrivò persino in Alaska e oggi racconta di «tutto quel freddo e di quelle specie di capre che saltavano sulla neve».
La salumeria gastronomia. Poi il matrimonio con Santina e il ritorno a Bergamo, cuoco alle Stagioni di Orio. E arriviamo al 1985: Carmela e Santina aprirono il loro negozio ai primi di dicembre. «Siamo partiti con la salumeria classica, allora la gente mangiava molti affettati. Si potevano vendere quaranta prosciutti crudi al mese, oggi siamo a venti. La vendita di pancetta e di testina, per esempio, è crollata. Tutto quello che presenta del grasso oggi viene evitato. Ma io, due anni dopo l’apertura, avevo già allestito la cucina. E questo ci ha salvati. Lei voleva sapere il segreto del nostro buon esito: bisogna capire i tempi e cercare nuove risposte. Così io ho capito che nelle famiglie lavoravano ormai anche le mamme, che il tempo per cucinare era sempre di meno. Vede, il lavoro della salumeria si è dimezzato in questi anni, ma la gastronomia è raddoppiata, qui vengono persone di tutti i tipi, anche pensionati soli, e prendono la loro porzione di lasagne, di pollo, di crespelle...». Carmelo fornisce la classifica dei piatti preferiti dai suoi clienti. Al primo posto le lasagne classiche (le fa anche al salmone e alle verdure), quindi pollo allo spiedo, vitello tonnato, risotto, crespelle.
«È importante - continua Carmelo, seduto nel piccolo magazzino dietro al suo negozio - dare una buona qualità, se no poi la gente ti lascia. Ed è importante tenere prezzi bassi, con un ricarico molto limitato. Qualche volta mia moglie e mio figlio si lamentano e io rispondo che va bene così, che le mie ore sono gratuite. Quello che conta è mantenere i clienti. Soltanto così possiamo affrontare la concorrenza dei supermercati, con il nostro lavoro e la nostra buona volontà. Sabato sera alle otto mi ha chiamato una cliente: voleva dieci porzioni di melanzane alla parmigiana per lunedì mattina. Ho risposto di sì. Sono uscito e ho cercato un fruttivendolo aperto per comprare una cassetta di melanzane che ho preparato ieri che era domenica. Ecco, questo è il segreto» .