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Il film da vedere nel weekend Flatliners, giocare con la morte

Il film da vedere nel weekend Flatliners, giocare con la morte
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Regia: Niels Arden Oplev.
Con: Ellen Page, Diego Luna, Nina Dobrev, James Norton, Kiersey Clemons, Kiefer Sutherland, Charlotte McKinney, Beau Mirchoff, Steve Byers, Tyler Hynes.
Dove vederlo a Bergamo e provincia: qui.

 

Quali che siano le nostre credenze religiose o le forme culturali che abbiamo assorbito nella nostra vita, l’uomo si è sempre interrogato sulla vita dopo la morte. Anzi, si potrebbe dire (come pure è stato fatto) che ciò che caratterizza l’uomo è proprio questa sua capacità di vedere oltre sé stesso, di chiedersi «che cosa succederà quando non sarò più su questa Terra». A partire da qui si sono snodate appunto le riflessioni più diverse. Le religioni, sin dalle più remote, hanno provato a rispondere a questo angosciosa domanda promettendo l’esistenza di mondi ultraterreni o il concetto di reincarnazione. Tutte risposte valide che, in qualche modo, provano a scrutare oltre quel limite estremo rappresentato dal trapasso.

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Va da sé che anche l’arte si è da sempre posta questo problema, tanto più che secondo il mito la pittura sarebbe nata proprio per fissare l’ombra di ciò che è assente prima che sparisse dalla memoria. Il cinema, erede di buona parte delle tradizioni proprie dell’arte visiva, si è ovviamente fatto carico di questo tema complesso e lo ha trattato in molti modi, mettendo in scena la morte come evento o come personaggio (basti pensare a Il settimo sigillo) in modi diversi ma sempre (almeno negli esempi migliori) in linea con la sensibilità del tempo. Ci aveva provato anche Joel Schumacher (regista noto per diversi film, quali Un giorno di ordinaria follia, 8MM, Batman e Robin) con il film Linea mortale – Flatliners, uscito nell’ormai lontano 1991.

Arriva in sala in questi giorni il remake di questa pellicola, firmato da Niels Arden Oplev (Uomini che odiano le donne). La cosa è già interessante, perché se di solito sono i registi americani a produrre remake di film europei, qui è un regista danese a proporre la propria versione di un film commerciale hollywoodiano. Protagonisti dell’opera sono degli studenti di medicina che, proprio per rispondere alla domanda sull’esistenza oltremondana, si provocano a vicenda esperienze di premorte. Si tratta di un concetto limite che – come si può facilmente immaginare – sfugge presto di mano, fra esperienze traumatiche delle proprie incarnazioni precedenti e pericoli dall’oltretomba.

 

 

Ciò che anima il film e che lo rende veramente interessante al di là degli aspetti espressivi e narrativi è proprio questa centralità dell’elemento della sfida, dell’idea che l’uomo possa andare al limite delle proprie possibilità e provare a scorgere cosa si cela al di là della morte. Chiaramente, ce lo insegnano bene già le sacre scritture e il mito, guardare in faccia la morte non è qualcosa che si può sperare di fare senza conseguenze. Così se Orfeo perde la sua amata perché si volta a guardarla quando non è ancora uscito dal Tartaro, i protagonisti del film dovranno fronteggiare sfide sempre più pericolose come contrappasso per aver varcato il limite.

Il regista decide di affrontare questo tema di per sé difficilmente visualizzabile (un tema necessariamente “al limite”, appunto) affidandosi a un registro di stampo realistico. La caratterizzazione dei personaggi è essenziale ma efficace nel tratteggiare personalità diverse e capaci di suscitare l’empatia dello spettatore. La narrazione è solida e si muove (come sempre nel regista danese) sul filo del thriller psicologico, con colpi di scena ben piazzati e un ritmo che cresce continuamente per tutta la durata del film.

Nel complesso un ottimo remake di un film ormai non più giovane, che pur non aggiornandone i problemi si presenta come una perfetta interpretazione da parte di un autore non americano.

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