Dario, il ricercatore di Comun Nuovo e le sue foglie artificiali a Londra
Non è da tutti i giorni vedere una propria ricerca esposta al Museo della scienza di Londra. Questa gioia è toccata a un giovane ricercatore di Comun Nuovo, Dario Cambié. Nato nel 1989, Dario ha studiato Chimica e tecnologie farmaceutiche all’Università degli studi di Milano. Nel 2014 ha conseguito la laurea. In precedenza ha lavorato come stagista per una nota ditta farmaceutica e chimica tedesca.
Attualmente, invece, sta svolgendo un dottorato di ricerca presso l’Università di tecnologia di Eindhoven, nel gruppo del dottor Timothy Noël. Il suo lavoro si concentra sullo sviluppo di fotoreattori a luminescenza solare per consentire processi di fotosintesi artificiale grazie alla luce solare. Proprio da questi parte lo studio effettuato da Cambié, che lo ha portato a concepire un sistema in grado di creare composti chimici tramite un processo naturale ricreato artificialmente (spietato in termini semplici).
Nella capitale britannica, infatti, sono state esposte alcune foglie, appunto, artificiali. Queste utilizzano i raggi del sole per produrre sostanze chimiche, esattamente come le piante. Da qui, la possibilità d’impiego di queste ultime per produrre in maniera economica e sostenibile delle medicine proprio grazie alla luce solare. Tecnologia che potrebbe essere utilizzata anche nello spazio. Tra un convegno e l’altro, ha trovato il tempo per rispondere ad alcune domande.
Come ha scoperto il suo amore per la ricerca?
«L’interesse per la ricerca l’ho scoperto durante il periodo di tesi sperimentale nei laboratori di chimica farmaceutica dell’Università degli studi di Milano».
Perché crede che sia importante?
«La ricerca in generale, sia quella di base sia quella applicata, è fondamentale per il nostro futuro. In un mondo globalizzato, l’Europa necessita di puntare sempre di più su ricerca, innovazione e prodotti ad elevato valore aggiunto per non essere marginalizzata dalla crescita delle nuove potenze economiche che si basano sul basso costo del lavoro. Per quanto riguarda l’oggetto della mia ricerca in particolare, non mi illudo che vi saranno ricadute pratiche sul breve periodo, ma sono certo di aver contribuito ad un settore, la fotochimica con luce solare, di grande importanza in un’ottica di medio e lungo termine».
Che obiettivi vorrebbe raggiungere?
«Entro la fine del mio dottorato punto a realizzare un piccolo modulo capace di sfruttare in modo più efficiente l’energia solare correggendo, in funzione dell’irraggiamento istantaneo, il tempo di residenza dei reagenti all’interno del reattore. Per il resto si vedrà».
Un balzo in avanti non indifferente quello che si prospetta, se si contano tutti i vantaggi estremamente significativi che potrebbero derivare dall’uso su vasta scala. Anzitutto sarebbe possibile, previe leggi di mercato, ridurre il costo dei farmaci. Così facendo, una fascia sempre maggiore della popolazione globale potrebbe avere accesso a cure migliori, specie in quei Paesi dove la sanità non è pubblica e resta un lusso per pochi. Dunque, se così davvero potesse essere, si potrebbe immaginare un futuro nel quale alcune malattie ancor oggi letali nelle aree in via di sviluppo possano essere debellate.