Quali sono i vostri?

I luoghi del cuore di Bergamo

I luoghi del cuore di Bergamo
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Foto © Bergamopost/Mario Rota

 

Il belvedere di San Vigilio. O forse Piazza Vecchia. O magari i portici di piazza Pontida. O magari il vicolo San Carlo, scendendo da porta San Giacomo. O magari anche la piazzetta del Delfino, su in Pignolo. Qual è il luogo più bello della città? Domanda interessante, domanda banale. Perché, come spiega Cesare Rota Nodari: «Ogni luogo ha una sua bellezza e noi la scegliamo in base alla nostra memoria, ai nostri interessi, al nostro sentimento». Ci sono luoghi il cui valore è scontato, che tutti riconoscono: piazza Vecchia, piazza di Santa Maria Maggiore con i suoi edifici storici, monumenti. Ma fuori da questi luoghi di bellezza assoluta, là dove ogni giorno si incontrano decine di gruppi di turisti, la graduatoria diventa libera e ognuno esprime i suoi gusti, le proprie preferenze.

Eppure, sebbene la classifica a questo punto diventi soggettiva, ci sono scorci, ci sono posti che riescono a far convergere i giudizi. Dice ancora Cesare Rota Nodari, architetto molto conosciuto e apprezzato a Bergamo, e non soltanto: «Forse converrebbe dividere, per esempio, tra Città Alta, i Borghi, la città al piano, quella novecentesca. Ecco, per esempio, se io dovessi scegliere un luogo dove vorrei andare di città bassa rispondo: in piazza della Libertà. Sì, credo che sia uno dei luoghi più belli della città del Novecento. Ho sempre ammirato quello spazio, disegnato in maniera lineare, pulita, con il palazzo di Alziro Bergonzo che domina in un modo armonico, elegante, eppure imponente. Ecco mi piacerebbe tornare lì per entrare nel palazzo e rivedere i dipinti, gli affreschi e gli spazi, le sale, le soluzioni architettoniche che Bergonzo ha elaborato.

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E se invece dovessi scegliere un luogo di Città Alta sceglierei la piazza Mercato del Fieno, magari senza automobili. È un luogo bellissimo che a me ricorda alcuni momenti della mia gioventù. Andavo a trovare il fabbro, il Piero Scuri, erano i primi Anni Cinquanta. Lo Scuri era un fabbro, un artista, un poeta. Io e un mio amico attore in certe sere declamavamo nella piazza brani della Divina Commedia e c’erano persone che venivano alla finestra o uscivano sul balcone e ci ascoltavano e sorridevano».

Cesare Rota Nodari parla nel suo studio di Almenno San Bartolomeo, la voce bassa, le parole che cercano un punto di vista che non sia banale. E se dovessimo pensare ai borghi? «Io sono affascinato da borgo Santa Caterina, non da un punto in particolare, ma dal suo insieme. Mi sembra che in Santa Caterina sia rimasto un p o’ del vero spirito dei borghi che da altre parti si è perso. Non ci sono punti di bellezza smagliante, di particolare monumentalità. È l’insieme che colpisce, il fatto che ci sia ancora gente “normale”, che ancora resistano tanti negozi, che la cortina di edifici storici sia stata mantenuta senza scempi. Cammini per borgo Santa Caterina e incontri signore anziane che vanno a fare la spesa, mamme con i bambini che tornano da scuola, i vecchi portoni sono aperti, le case sono abitate. È un posto vivo».

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Una classifica personale. Maria Mencaroni Zoppetti, presidente dell’Ateneo, cita diversi luoghi, ma si sofferma sulla particolarità del monastero delle suore di clausura di Matris Domini, visto dalle Mura, con il suo giardino e i suoi alberi disposti a disegnare una croce. Il suo campanile duecentesco. E intorno i condomini delle vie attorno, condomini ciechi da un lato, per un accordo preciso: non dovevano guardare nei luoghi del convento. E poi un angolo della città bassa bagnata dal torrente: il ponte della Morla in borgo Palazzo, con la statua di San Giovanni Nepomuceno che protegge dalle inondazioni e lo spiazzo con la vecchia trattoria Balicco. Spiega Maria Zoppetti: «È un angolo di bellezza normale, di borgo storico cittadino, un luogo carico di storia, con la Rocchetta vicina, la corte longobarda, opifici del passato, come l’antico setificio». La Morla, il torrente di Bergamo che un tempo presentava scorci molto pittoreschi, basta guardare alcune tele del Ronzoni. La Morla che poi divenne una fogna a cielo aperto e che per lunghi tratti è stata coperta con asfalto e cemento. Negli ultimi quindici anni il torrente è tornato pulito e i pesci hanno ricominciato a nuotare nel suo alveo. Poi Maria Zoppetti cita via degli Orti, su in borgo Canale, l’antica mulattiera che collegava il borgo agli orti perché la zona esposta a sud-ovest era tutta coltivata e un luogo popolare, persino contadino. Oggi gli orti sono pochi, «ma la viuzza rappresenta comunque un luogo di armonia, di rapporto fra le case storiche e la terra, la collina».

 

 

Il borgo Canale, lo ha indicato anche Serena Longaretti, architetto, per anni presidente della sezione di Bergamo di Italia Nostra, come uno dei luoghi più belli della città, specie nella sua prima parte, dall’incrocio con via Tre Armi a scendere verso la parrocchiale, con la splendida scalinata che collega a via Sudorno. E poi Serena Longaretti indica la via Arena, anima silenziosa di Città Alta. La scalinata di borgo Canale è stato segnalato fra i luoghi affascinanti anche dall’architetto Matteo Invernizzi, altro esperto della città, coautore di uno dei libri più interessanti sulle architetture cittadine del Novecento. E poi ancora la zona del Lavanderio, pure inserita in mezzo agli orti antichi, e il castello di San Vigilio con il suo panorama meraviglioso che spazia dal Monte Rosa, al Monviso, a Milano, al Montorfano, alle Orobie, segnalati da diversi esperti.

Esiste una rete di collegamenti antichi, agricoli, fra i borghi, la città al piano e la Città Alta. Molti son rimasti e sono luoghi di grande bellezza. Sono le umili “scalette”. Ettore Tacchini, avvocato, presidente della stagione musicale della sala Greppi, segnala la scaletta del Paradiso che dalla zona delle piscine sale a via Tre Armi, dividendosi in due rami, attraversando luoghi coltivati, terrazzamenti, costruzioni che fanno pensare ai punti più belli del Centro Italia. Ma è il fascino anche di tante altre scalette, a cominciare da Fontanabrolo, che parte di fronte all’ingresso della piscina coperta e sale fino a Borgo Canale: per convogliare l’acqua che scende abbondante in questo punto quando piove, la scaletta su un lato è realizzata come se fosse un piccolo canale. Sulle scalette ci si sente parte di un mondo altro, senza auto, senza rumori. E quando si incrociano altre persone ci si saluta, come se si fosse in montagna.

 

 

Tacchini ha indicato anche il bel parco Caprotti, la piazzetta del Delfino, la stongarda-portone di San Matteo a Longuelo. La piazzetta del Delfino, all’incrocio fra Pignolo, via San Tomaso e via Masone, con la sua fontana del XVI secolo, con i suoi bar e i suoi negozi, è un luogo che il Wwf dovrebbe proteggere perché di così belli e vivi ne sono rimasti pochi: un luogo storico, di rara armonia delle pietre, dove ancora la vita scorre, come l’acqua della fontana. E oggi che l’università ha aperto i battenti al collegio Baroni, la piazzetta è ancora più vivace.

Alexandra Morri, architetto con esperienze di lavoro a Bergamo e all’estero, ha indicato la via Porta Dipinta, e in particolare la panchina sotto gli alberi che guarda il prato della Fara, punto di sensazioni particolari. E poi ha scelto lo slargo della basilica di Sant’Alessandro in Colonna, giù nel borgo, e la piazzetta del Pozzo Bianco.

L’architetto Invernizzi ha segnalato i giardini dei “chiostri” dell’ex ospedale psichiatrico, in via Borgo Palazzo, e quel bel tratto di strada che costeggia la roggia Serio, tra via San Lazzaro e via Manzù, luogo della città al piano con una storia industriale e popolare: qui si trovava l’azienda tessile Zopfi. E ancora Invernizzi richiama l’importanza di una realizzazione molto recente, il parco del Galgario, nella via omonima, che pure costeggia la Morla. Infine Renato Ferlinghetti, docente universitario, esperto di botanica e di geografia, sposta lo sguardo sulle periferie e fa notare come pure in questi luoghi si trovano punti di grande bellezza e ci porta a Colognola, davanti alla vecchia parrocchiale di San Sisto, e poi alla chiesa di San Pietro con il suo bel campanile romanico e il suo sagrato. E segnala tanti altri luoghi, Daste e Spalenga, per esempio. E il tratto di Morla che a Campagnola scorre accanto all’antico castello. Pochi sanno che questo maniero – delle parti risalgono ancora al Duecento – fu il modello al quale gli Sforza si ispirarono per ristrutturare la rocca di Malpaga, quella che diventerà dimora di Bartolomeo Colleoni. E l’elenco potrebbe essere ancora lungo. Che dire della piazzetta Santo Spirito? e della contrada di San Martino della Pigrizia? e della vecchia Longuelo, attorno all’antica parrocchiale?

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