Don Davide Rota: «Gesù interessa solo a poveri e neri. Meglio così»

Don Davide Rota è il superiore del Patronato San Vincenzo, uno dei preti più apprezzati della chiesa bergamasca. Per la Pasqua gli abbiamo rivolto delle domande.
Don Davide, la morte e la risurrezione di Cristo non interessano più, non le sembra?
«Più che la morte e la risurrezione, a me sembra che sia proprio la persona di Gesù a non dire più nulla. È incredibile come la figura più importante della nostra storia sia quasi scomparsa dalla prospettiva culturale e sociale. Una volta almeno Gesù lo si combatteva».
La Pasqua è diventata una bella storia, come ce ne sono tante.
«Non è del tutto vero. Il cristianesimo è come i fiumi carsici che a un certo punto spariscono, ma continuano a scorrere per poi riaffiorare da un’altra parte. Io giro molto nelle parrocchie della Bergamasca e noto che c’è ancora una profonda fede popolare e ci sono tanti preti che tengono viva questa fede con la preghiera e con il buon esempio. C’è gente che crede a Gesù, ma questa gente oggi conta poco. Sui tavoli dove si giocano le sorti dell’umanità, Gesù è sempre meno presente. La chiesa oggi deve accettare di contare poco».
Ma Gesù dov’è finito?
«Rimane ai poveri. Per me, ad esempio, è consolante che la Pasqua la sentano i neri e la povera gente, quella che non pretende di incidere nella storia del mondo. Sono queste persone umili i custodi della morte e della resurrezione di Cristo. Dio ha deciso di affidare a loro il suo messaggio».
E perché mai?
«Probabilmente perché se lo affidasse ai potenti, lo rovinerebbero, mentre i poveri lo accolgono, lo custodiscono e lo conservano. Il mondo è pieno di altre immagini e Dio lascia spazio a quelle. E sopravvive negli unici che sanno garantirlo».
Come fa a dire questo?
«Quando la sera vedo la chiesa piena di immigrati che pregano, con tutti i loro difetti e i loro peccati, o quando osservo le donne anziane delle nostre valli che frequentano ancora la parrocchia o i genitori delusi dai figli – non ce n’è uno che segua le loro raccomandazioni –, e tuttavia continuano a rimanere afferrati alla fede, dico: ecco, il vangelo è in buone mani. La chiesa, oggi, sono loro».
Il poeta Eliot si chiedeva: è la chiesa che ha abbandonato l’umanità o è l’umanità ad avere abbandonato la chiesa?
«La chiesa non ha mai abbandonato la gente. Ha però rincorso il pensiero dominante: questa ossessione di dialogare su tutto e con tutti... Ma con chi vuoi dialogare oggi: non ti ascoltano, non ti percepiscono, non ti avvertono neppure. La chiesa non ha abbandonato l’umanità, ha abbandonato Gesù. E così anche tutta la carità esercitata negli ultimi decenni non ha portato in chiesa nessuno, nemmeno i poveri che sono aiutati. Il che vuol dire che stiamo sbagliando anche con i poveri».
Perché è ancora interessante la Pasqua cristiana?
«Perché rivela una cosa che il moralismo e il buonismo imperanti non riescono a capire, e cioè che se vuoi la verità e il bene dell’umanità, tu la paghi. Quando ero bambino mi dicevano che Gesù era morto sulla croce per i peccatori e che l’avevano fatto morire i cattivi. Non è così: tutti, buoni e cattivi, hanno risposto: “Noi la tua salvezza non la vogliamo”. Paradossalmente, il vangelo racconta il fallimento più completo di Dio nel suo tentativo di salvare il mondo. Tutto il mondo, eccetto Maria, gli ha detto di no, apostoli compresi. E l’hanno ucciso, non in una rivolta, ma dopo due regolari processi, religioso e civile. Se su quello religioso qualche dubbio possiamo averlo, su quello civile no: i romani erano scrupolosissimi. Una giustizia ben esercitata ha ammazzato la verità, la via e la vita».
Ma se Dio ha perso, chi ci può salvare?
«Dio stesso, che partendo da suo figlio, fedele anche sulla croce, ha ricominciato tutto da capo. Ha trasformato la sconfitta nella vittoria più grande. La creazione nuova riparte tutta da lì, dalla Risurrezione».
Cosa significa?
«Che la chiesa deve accettare anche di essere emarginata, non deve avere paura. Un segno di autenticità è la sua sconfitta nel mondo di oggi. È su questa sconfitta che Dio costruirà il futuro dell’uomo. La chiesa deve solo rimanere fedele al Signore».
E fare il bene del prossimo...
«Guardi, dopo quattordici anni di missione e otto di Patronato, io non so cosa voglia dire far del bene agli altri. L’altra mattina un marocchino al quale ho detto che non poteva entrare al Patronato a commerciare bici rubate, uscendo ha cercato di investirmi. Cosa vuol dire voler bene alla gente? Boh. Mi arrivano sempre segnali contraddittori. Ma se leggo il vangelo, devo fare questo. Anche se umanamente non capisco».
Una sconfitta dietro l’altra, insomma.
«Sì, ma in questa sconfitta...»