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Piccola analisi del discorso di Conte Le parole più (o meno) ricorrenti

Piccola analisi del discorso di Conte Le parole più (o meno) ricorrenti
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Stanno cambiando tante cose nella politica italiana in queste settimane. Cambiano le forze di governo, cambia il modo di far politica e cambia anche il linguaggio. Ieri il neo presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha tenuto il discorso programmatico al Senato. Un testo di 28 pagine, con poco meno di 6mila parole. Un’ora e qualcosa di allocuzione, in cui ha fatto una rapida cavalcata su quello che è il progetto di lavoro del suo Governo. Per capire le novità si possono esaminare i contenuti, cosa che è stata ampiamente fatta dagli osservatori e dagli esponenti politici. Ma si può anche misurare la novità andando a vedere quali sono le parole più (o meno) ricorrenti nel testo letto da Giuseppe Conte. Le parole indicano le priorità, a volte, forse ancor meglio delle enunciazioni programmatiche. Sono spie, a volte involontarie, delle scelte che si faranno.

 

 

Cambiamento, Paese, Governo, cittadini. E quale poteva essere la parola più ricorrente del discorso se non la parola “cambiamento”? Ricorre (insieme al suo verbo, cambiare) ben 22 volte a suggerire che prima dei programmi la ragion d’essere di questo governo: marcare la discontinuità netta con il passato. Più ricorrenti di “cambiamento” ci sono solo altre due parole. Una è abbastanza standard, “paese” (25 volte) e un’altra che è meno standard di quel che si potrebbe pensare, “governo” (33 volte). Insistere in modo così martellante su questo termine vuol dire sottolineare proprio il principale contenuto del “cambiamento”: che ora chi vuole cambiare ha in mano le leve del governo.

C’è una terza parola che segna il nuovo stile del far politica: “cittadini”. Ricorre 33 volte come a evidenziare che l’impegno e la promessa di chi governa è quella di rendere conto innanzitutto ai cittadini. Chi paga questo rapporto preferenziale è il soggetto a cui è sempre stato affidato il compito della politica: non una sola volta nel suo discorso ricorre la parola “partito”. È una categoria travolta da questo processo di cambiamento. È il vecchio da cui prendere le distanze e da cui sganciarsi. Quanto ai due soggetti, Movimento 5 Stelle e Lega, che hanno sancito il patto di governo, nel discorso non vengono più definiti partiti ma “forze politiche”...

 

 

Contratto batte programma. Sui contenuti dell’azione di governo è evidente che il contratto siglato da Di Maio e Salvini è la barra a cui fare sempre riferimento: Conte lo ha citato 12 volte nel suo discorso. Il contratto prende così il posto di una parola che ha sempre dominato il lessico della politica, “programma”. Il contratto è qualcosa di meno aleatorio e di più vincolate. È un vero impegno preso tra i due soggetti e da loro con i cittadini. Il contenuto del contratto è scandito da alcune priorità: “giustizia”, “lavoro” e “sviluppo” sono stati i riferimenti più ricorrenti nelle parole di Conte; “corruzione” è invece il male numero uno.

E la scuola, il Sud? Ma ci sono anche le assenze, a volte abbastanza clamorose e inattese. La scuola non è mai stata citata e chissà come l’avrà presa il neo ministro Marco Bussetti. Ma quel che è ancora più inattesa è la sparizione di ogni riferimento al Sud, che per un patto di spartizione verbale con la Lega di Salvini, torna una sola volta esattamente come il Nord...

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