Tumore al seno, una bella novità La chemio potrebbe essere evitata

Solo il 30 per cento di donne affette dal tumore al seno più diffuso potrebbero essere sottoposte a chemioterapia. È la buona e rivoluzionaria notizia, emersa dal più grande studio americano condotto sul tema, presentato al recente congresso dell’American Society of Clinical Oncology (Asco) di Chicago, Stati Uniti.
La scoperta. Tailor X: è il nome di un innovativo test che valuta 21 geni, quelli espressi e indicativi di tumore del seno, utile a definire la migliore cura dopo la chirurgia mammaria. È stato applicato, nel più vasto studio attualmente realizzato con la collaborazione di diversi istituti statunitensi, tra cui anche il Clinical Research dell’Albert Einstein Cancer Center and Montefiore Health System di New York, su oltre 10mila donne. Tutte affette dalla forma più comune del tumore al seno, quella con recettori ormonali positivi, Her2 negativo, e linfonodi ascellari negativi. Le conclusioni dello studio avrebbero scovato importanti novità, tali da rivoluzionare l’approccio terapeutico post chirurgico: sembrerebbe infatti che nel futuro la chemio potrebbe essere risparmiata a ben il 70 per cento delle donne malate, pari a circa 3mila pazienti l’anno fra quelle italiane, riservandola cioè soltanto al 30 per cento. Coloro che ne potranno trarre un efficace vantaggio, eventualmente anche in associazione a terapia ormonale, non subendo soltanto gli effetti collaterali e senza raggiungere evidenti migliorie sulla sopravvivenza libera da malattia.
Come funziona il test. Il punto chiave sono 21 geni specificatamente espressivi per il tumore del seno, misurati su una scala di punteggio tra 1 e 100, in grado di fornire due informazioni sostanziali. Il rischio di recidiva a 10 anni e la candidabilità a ricevere con beneficio la chemioterapia. Secondo elemento indispensabile: un campione di tessuto, ottenuto con una biopsia, sul quale vengono fatte le misurazioni differenziandole per grado di rischio. Basso con valori tra 0 e 10, indicando anche la fascia entro la quale sarebbe sufficiente solo la somministrazione di una ormonoterapia, e alto con valori tra 26 e 100 che indicano la necessità di combinare all’ormonoterapia anche una chemio, appunto.
La zona d’ombra. Molte incertezze, prima del test Tailor X, riguardavano le pazienti con un punteggio medio di rischio, tra 11 e 25. Lo studio è nato proprio allo scopo di fare chiarezza in questa fascia e sembrerebbe avere raggiunto lo scopo: monitorando questa selezione di pazienti per un periodo di 7 anni e mezzo, è emerso che la sola ormonoterapia non è meno efficace della chemio più ormonoterapia in termini di sopravvivenza e ricomparsa della malattia. «Questi dati – ha commentato Harold Burstein, esperto Asco – forniscono l’evidenza che è possibile usare informazioni genomiche per decidere al meglio la tipologia di trattamento in donne ai primi stadi del cancro. Ciò implica che migliaia di donne potranno evitare la chemio con tutti i suoi effetti collaterali, pur mantenendo eccellenti risultati a lungo termine».
Che cosa dice ancora lo studio. Dà alcune altre informazioni importanti: ovvero ogni donna over 75 con un tumore iniziale del seno dovrebbe potersi sottoporre al test Tailor X per valutare con l’oncologo la migliore opzione terapeutica, chemio sì o no, a seguito dell’intervento chirurgico e ancora che la chemio è inutile in donne con più di 50 anni e un punteggio da 0 a 25, così come in coloro che hanno meno di 50 anni e valori al test tra 0 e 15. In buona sostanza gli esperti americani asseriscono che l’attuazione di questo test potrebbe trasformare, o rendere più efficace, l’approccio terapeutico post-tumore al seno: evitando cioè a migliaia di donne trattamenti con pesanti effetti collaterali senza ricadute sull’aspettato beneficio, le quali potranno comunque usufruire di altre opportunità con risultati eccellenti sul lungo termine.