Dopo l’intervento di Minniti

È finita l’emergenza migranti E i centri d’accoglienza chiudono

È finita l’emergenza migranti E i centri d’accoglienza chiudono
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La notizia è che non ne arrivano più. A partire da luglio 2017, come dimostrano i dati consultabili sul sito del Ministero dell’Interno, gli sbarchi di migranti sulle nostre coste sono calati drasticamente. Esattamente da quando l’ex ministro Marco Minniti ha stretto l’accordo con le autorità libiche. Questo si traduce in una diminuzione della pressione sui centri di accoglienza: molte strutture sono state chiuse, altre chiuderanno a breve, altre ancora devono tagliare costi e personale. Bruno Goisis, presidente della Cooperativa Ruah, fa il punto sulla situazione migratoria e sui richiedenti asilo della nostra provincia.

 

[Bruno Goisis, presidente della Cooperativa Ruah]

 

È finita la stagione dei grandi sbarchi?
«Per noi del Nord, sì. Al Sud continuano ad arrivare, circa una trentina al giorno, ma restano nei centri di accoglienza del Meridione. Comunque, in generale gli sbarchi si sono ridotti enormemente».

E i centri di accoglienza che fine fanno?
«Chiudono. Oggi molte strutture importanti realizzate per accogliere i migranti si stanno lentamente svuotando. Noi l’ultima che abbiamo chiuso è quella dei Sacramentini a Ponteranica, ma ne prevediamo altre».

Quante persone gestite al momento?
«In tutta la Bergamasca, a inizio luglio, erano presenti 2.285 richiedenti asilo. La nostra cooperativa ne gestisce 1.122. Il primo arrivato è qui da quattro anni, gli ultimi quattro sono arrivati il 21 giugno. Da un mese non arriva più nessuno».

Qual è l’iter di permanenza?
«L’accoglienza dura due anni. Poi il richiedente deve presentarsi in Commissione, che decreterà o meno la possibilità di restare. Nell’ottantacinque per cento dei casi l’esito è negativo. Si può fare ricorso al Tribunale di Brescia, ma dopo un secondo “no” non possono fare altro. Prima del decreto Minniti potevano anche ricorrere in Appello, ora non più. Nel periodo dell’accoglienza, un migrante può comunque decidere volontariamente di lasciare la struttura se ha trovato un lavoro, anche solo un lavoretto estivo. Poi però non ha più diritto di rientrare, deve trovarsi un nuovo lavoro in Italia oppure tenta di entrare in un altro Stato europeo».

Perché così in pochi hanno una risposta positiva?
«Perché la gran parte sono migranti economici e nei loro Paesi non ci sono situazioni di conflitto aperto. Alcuni, tuttavia, riescono a ottenere un permesso umanitario. Ma in genere devono provare di essersi integrati, di aver trovato un lavoro con contratto. Sono in pochi a riuscirci. Certo, conoscere la lingua italiana è un vantaggio».

Voi avete aperto corsi di italiano dedicati. Li seguono?
«Non tutti. Soprattutto in estate è difficile coniugare i lavoretti estivi con la scuola, viene considerata come...

 

Per leggere l’articolo completo rimandiamo a pagina 8 di BergamoPost cartaceo, in edicola fino a giovedì 2 agosto. In versione digitale, qui.