Da Bergamo a Buenos Aires intrecciandosi in un Tango

A Buenos Aires il Tango è molto più di un simbolo: di giorno si respira nell’aria, al calar della sera si balla nelle milonghe, la notte si vive per le strade. Questo legame viscerale tocca il suo apice nel mese di agosto, quando prende il via il Campionato Mondiale di Tango, organizzato dal governo cittadino per celebrare una cultura che è un insieme inscindibile di arti – musica, canto e danza – nate per abbracciarsi e creare un vortice di bellezza (un’unicità che va tutelata, tanto che nel 2009 il Tango è stato dichiarato patrimonio dell’umanità). Il Mundial richiama nella capitale argentina migliaia di danzatori provenienti da tutto il mondo. Tra loro anche la stezzanese Stefania Sonzogni e il trevigliese Andrea Possenti, che hanno portato nella patria dei tangueros un pizzico di Bergamo. La loro partecipazione non è certo una novità, visto che fanno presenza fissa a questo appuntamento da dodici anni a questa parte, anche se in fondo a certe emozioni non ci si abitua mai: «Ogni volta ci vuole sempre un gran coraggio per salire sul palco ed esibirsi di fronte a tutto quel pubblico, ai danzatori e alla giuria», commenta Andrea. Una volta iniziate le danze, però, il timore svanisce per lasciar posto alla gioia e agli applausi, in una calorosa ondata di passione tipicamente latinoamericana: «In Argentina ci sentiamo a casa – rivela Stefania –. Anno dopo anno è bello essere riconosciuti e apprezzati. Qui tutti si impegnano per farti sentire uno di loro».
Sfida mondiale. Il Mondiale prevede due tipologie di ballo: il tradizionale e immarcescibile Tango de pista e il Tango escenario, che concede maggiore libertà alle doti acrobatiche e alla fantasia dei ballerini. La coppia bergamasca si è classificata nelle prime duecento posizioni in entrambe le categorie. Un risultato di cui andare fieri: «Siamo molto contenti, anche perché tra i danzatori con cui ci siamo confrontati ci sono molti giovani che rincorrono il sogno di arrivare in alto – osserva Stefania –. Per quanto ci riguarda, non vediamo il Mondiale come una competizione, ma come un bellissimo momento di condivisione. Per noi la cosa più importante è poter esserci ogni anno per vivere appieno le emozioni autentiche del Tango argentino». Per la cronaca, nel Tango de pista è stata confermata la supremazia argentina, con la vittoria della coppia formata da Jose Luis Salvo e Carla Rossi, mentre nel Tango escenario ha trionfato a sorpresa la coppia russa formata da Sagdiana Khamzina e Dmitri Vasin, primi europei ad aggiudicarsi l’ambito titolo. Anche in questo caso, però, c’è lo zampino dei padroni di casa, visto che da anni i due vivono e studiano in Argentina. Perché se è vero che le manifestazioni che si svolgono qui sono le più importanti al mondo, è altrettanto evidente che per ottenere certi prestigiosi traguardi è fondamentale vivere il Tango nel luogo che l’ha visto nascere.
Un esercizio a cui non sfuggono neanche Stefania e Andrea, frequentatori abituali dei corsi dell’Accademia Nazionale di Buenos Aires: «Ci mettiamo sempre in gioco, la nostra forza è che non ci accontentiamo mai – sottolinea Stefania –. In questo percorso mio marito e i miei figli mi sostengono molto: sanno che ogni anno vado dall’altra parte del mondo con l’obiettivo di tornare più forte di prima». Anche perché il Tango è materia viva e, in quanto tale, in costante evoluzione: il ballo di oggi è molto diverso da quello nato nelle milonghe alla metà dell’Ottocento. Oltretutto, ogni anno è necessario eccellere per riuscire a confermarsi di fronte agli scrupolosi occhi dei giudici argentini, sommi depositari dei principi e dei segreti di quest’arte: «Ricevere un apprezzamento da parte loro per noi è molto importante, perché si tratta di un riconoscimento dell’attività che svolgiamo in Italia». Un attestato di qualità sottoscritto anche dagli allievi dei corsi di Tango Pasión. Quest’anno, infatti, due di loro hanno seguito i maestri nella trasferta argentina, ammirando da un osservatorio privilegiato il vero spirito del Tango: «Ci hanno detto che a Buenos Aires si respira l’arte e la cultura che abbiamo sempre trasmesso loro. Questo ci rende molto orgogliosi». Una questione, quella dell’autenticità di questo ballo, sostenuta anche da Andrea: «Noi proponiamo il vero Tango argentino. In questa danza è fondamentale l’abbraccio, la connessione di due corpi che si trovano e si muovono in armonia con la musica». Una sintonia che si può esprimere al meglio solo attraverso un allenamento costante: «Balliamo tutti i giorni dalle tre alle quattro ore. Questa connessione è estremamente importante perché, quando si raggiunge, si prova una sensazione meravigliosa che viene trasmessa anche al pubblico. Non ci sono parole per descriverlo, bisogna viverlo».
[Andrea e Stefania con alcuni alunni del corso di Stezzano]
La Tango terapia. Parlando con Stefania e Andrea, si comprende come il Tango non sia solo un movimento del corpo, ma un sentimento che nasce e si diffonde interiormente, che permette ai danzatori di vivere in sintonia con se stessi e con il mondo intorno a loro. Per questo, da ormai diversi anni, l’associazione ha avviato dei progetti di Tango terapia, come quello sviluppato con l’Associazione Parkinsoniani di Bergamo: «Il movimento al suono dolce del Tango produce loro numerosi benefici», spiega Andrea. Che in quest’ambito ricorda anche l’attività con le detenute della casa circondariale di Bergamo: «Anche in quel caso abbiamo ottenuto degli ottimi risultati». Senza dimenticare che, con l’arrivo dell’autunno, ripartono i corsi di ballo a Treviglio (casa principale dell’associazione), Milano e Stezzano, dove i corsi tornano dopo un anno d’assenza (informazioni su date e orari sono disponibili sul sito www.tangopasion.it). «I nostri allievi ci amano perché ogni anno proponiamo sempre delle novità e ci seguono con entusiasmo in tutti i nostri progetti - spiega Stefania -. Quest’anno mi auguro che ci siano tanti ragazzi giovani: imparare a capire il nostro corpo è un elemento fondamentale della crescita, perché spesso non ci accorgiamo di quanto siamo ricchi interiormente».
Articolo pubblicato sul BergamoPost cartaceo del 14 settembre 2018