Caporetto si sarebbe potuta evitare (lo spiega un monologo a Gandino)
Domenica 4 novembre ricorre il centenario della fine della Grande Guerra, o meglio della vittoria italiana nella Prima Guerra Mondiale, anche se la fine di quell’immane conflitto fu per tutti la conferma di una terribile sconfitta: perirono in quegli anni qualcosa come dieci milioni di soldati e almeno sette milioni di civili, non solo per le operazioni militari ma anche per carestie ed epidemie. L’Italia visse nell’ottobre 1917 il momento più tragico e cupo, con la dodicesima battaglia dell’Isonzo, che vide soccombere il nostro esercito a Caporetto (oggi territorio sloveno). Un evento ancor oggi sinonimo di disfatta, che vide le truppe comandate dal generale Luigi Cadorna costrette alla ritirata verso il Piave e il Grappa, dove fu organizzata la nuova linea di difesa utile a riorganizzare le fila e lanciare (un anno dopo) a Vittorio Veneto il contrattacco decisivo che portò alla resa l’Impero austro-ungarico. Caporetto costò la vita a più di tredicimila soldati italiani e creò ben 265 mila prigionieri e un milione di profughi civili.
[Stele in ricordo dei caduti italiani a Carzano]
Pagine di storia che, probabilmente, sarebbero state scritte in maniera assolutamente diversa (con decine di migliaia di vite risparmiate) se avesse avuto esito diverso un episodio poco conosciuto accaduto a Carzano, in Valsugana, nel settembre del 1917. Una di quelle “sliding doors” della storia che pochi ricordano (e che molti decisero di non ricordare), ritornata d’attualità grazie al romanzo Il Battaglione Bosniaco di Daniele Zanon e Valerio Curcio, edito da Infinito Edizioni nel 2016. Un’opera che ha il merito di aver messo nero su bianco un episodio rispetto al quale aveva invocato la necessità di memoria anche Demetrio Volcic, storico corrispondente Rai da Mosca, attraverso un articolo apparso nel 2011 sul quotidiano La Stampa. Dal libro di Zanon e Curcio è nato il monologo teatrale Il Battaglione Bosniaco - Carzano 1917: il grande tradimento, in cui lo stesso Zanon (scrittore, sceneggiatore) accompagna l’attore bergamasco Omar Rottoli, noto ai più per aver rappresentato con grande successo (oltre ottanta repliche) il monologo di Marco Paolini relativo alla tragedia del Vajont. Lo spettacolo sarà in scena sabato 3 novembre alle 20.45 a Gandino, nell’Auditorium della Biblioteca Comunale.
Cesare Lalatta
La Cappella di Spera in un disegno d'epoca
Ljudevit Pivko
Luigi Cadorna
«Nel settembre 1917 - spiega Rottoli -, Carzano (un piccolo paese nel mezzo della Valsugana) fu testimone di uno di quegli avvenimenti importantissimi che poi la storia, per vari motivi, ha deciso di dimenticare. Il tenente dell’esercito imperiale Ljudevit Pivko (sloveno, comandante del V battaglione bosniaco schierato sul fronte a Carzano) decise di consegnare in mani italiane un piano che avrebbe cambiato le sorti della guerra e portato alla sconfitta l’esercito austro-ungarico. Le mani italiane erano quelle del maggiore Cesare Pettorelli Lalatta (Finzi il nome di copertura), il quale fece di tutto per convincere il comando supremo del generale Cadorna. Pivko riuscì ad avviare contatti segreti incontrando più volte Lalatta presso la Cappelletta di Spera, paese sotto il controllo italiano. L’idea era offrire agli italiani la possibilità di sfondare le linee austroungariche per giungere sino a Trento, acquisendo un vantaggio decisivo che avrebbe evitato la disfatta di Caporetto». Pivko e altri ufficiali del Battaglione Bosniaco erano animati da un preciso intento: la caduta austro-ungarica e la vittoria Italiana avrebbero probabilmente garantito la liberazione, a guerra finita, dei popoli slavi dal dominio imperiale. Accelerare la sconfitta dell’esercito dell’Imperatore poteva essere, in ottica slava, una buona idea. Il piano di diserzione fu approvato dal generale Cadorna, ma l’azione non si completò per gli errori dei comandanti italiani Donato Etna e Attilio Zincone, che mal orchestrarono l’attacco. Pivko e gli altri divennero (sulla carta) prigionieri di guerra, ma con uno status speciale che garantiva di fatto libertà e creava ufficiosamente una “Legione Straniera” nell’esercito italiano.
[Targa commemorativa in italiano e tedesco a Carzano]
«L’allestimento teatrale - spiega Rottoli - si basa su una grande mappa delle zone interessate che fa da fondale alla scena, per offrire al pubblico un minimo di familiarità con la geografia dei luoghi, il piano d’azione e gli spostamenti delle truppe. Quella raccontata nel “Battaglione Bosniaco” è una pagina di storia italiana alla vigilia di Caporetto ignota ai più, raccontata in una ricostruzione storica straordinaria». In occasione della serata a Gandino, il racconto di Omar Rottoli godrà dell’accompagnamento musicale dell’autore Daniele Zanon (fisarmonica e armoniche a bocca). La serata è a ingresso libero.